Esiste un momento nella vita di ogni uomo in cui bisogna affrontare un’esperienza che molti definirebbero “terrificante”; una sorta di “rito di passaggio” che ogni uomo dopo la soglia dei cinquanta è tenuto a superare: un lettino di un ambulatorio, una posizione spesso molto scomoda, una persona che dice “stia rilassato, durerà solo pochi secondi” e una mano guantata che, neanche troppo delicatamente, penetra lì dove non batte il sole. Ebbene sì, stiamo parlando della tanto temuta esplorazione rettale. Così spesso decantata dagli urologi e pudicamente paventata dai pazienti, l’esplorazione digito-rettale è una parte fondamentale della visita urologica, senza la quale la visita stessa non potrebbe definirsi completa. Ma proprio in virtù di questa importanza, è assolutamente lecito chiedersi: a cosa serve l’esplorazione rettale e perché è così importante?
Quando l’urologo effettua un’esplorazione rettale valuta consistenza, dimensioni, regolarità e dolorabilità della prostata. Questa pratica è, in tutto e per tutto, un atto di medicina preventiva.

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Peter e l’esame alla prostata – I Griffin

Per fare chiarezza, esistono tre tipi di prevenzione:

Primaria: previene lo sviluppo di una patologia (es. le vaccinazioni)

Secondaria: si basa sulla diagnosi precoce (es. la mammografia per il cancro della mammella)

Terziaria: previene le complicanze di una malattia preesistente (es. complicanze del diabete)

La visita urologica (in tutte le sue parti) è un esempio di prevenzione secondaria: il nostro obiettivo è identificare i possibili segni di carcinoma prostatico (un nodulo prostatico, un PSA elevato etc.) al fine di poter avviare il più presto possibile l’iter diagnostico (risonanza magnetica prostatica e biopsia) per garantire al paziente un trattamento in una fase precoce della malattia.

 

La prostata… questa sconosciuta

Se si pensa all’anatomia umana, pur senza avere nozioni mediche specialistiche, si ha spesso un’idea generale della funzione dei vari organi: il cuore serve a pompare il sangue in tutto il corpo, grazie ai polmoni riusciamo a respirare, i reni filtrano il sangue, ma… a cosa serve la prostata?
Si tratta di un organo presente solo nel sesso maschile, si trova sotto la vescica e si sviluppa intorno all’uretra (il “tubo” che trasporta l’urina dalla vescica verso l’esterno). Ha una forma approssimativamente piramidale (da molti paragonata ad una castagna), con l’apice rivolto verso il basso. Da un punto di vista funzionale è una ghiandola, ovvero un organo deputato alla produzione e alla secrezione di alcune sostanze. Nello specifico essa produce il liquido prostatico, una parte fondamentale del liquido seminale. La sua struttura viene spesso suddivisa in zone:

  • Zona di transizione: si trova intorno all’uretra prostatica, costituisce circa il 5% del volume ghiandolare
  • Zona centrale: si trova posteriormente rispetto alla zona di transizione, costituisce il 25% del volume ghiandolare
  • Zona periferica: circonda la zona centrale, costituisce il 70% del volume ghiandolare ed è costituita da tessuto ghiandolare prostatico

La prostata è attraversata dai dotti eiaculatori, dei canali che nascono dall’unione dei dotti deferenti (che dal testicolo trasportano gli spermatozoi) e dei dotti delle vescichette seminali (due organi che si trovano posteriormente alla prostata).

Il tessuto ghiandolare prostatico è costituito da ghiandole tubulo-alveolari ramificate, immerse in uno stroma fibro-muscolare. Esse producono il liquido prostatico, una sostanza alcalina, ricca di proteine, necessaria per aumentare la sopravvivenza degli spermatozoi nell’ambiente acido vaginale e per fluidificare lo sperma. In totale costituisce circa il 25% del volume dell’eiaculato e viene secreto all’interno dei dotti eiaculatori dove, insieme agli spermatozoi prodotti dai testicoli e al liquido seminale prodotto dalle vescichette seminali, costituisce lo sperma.
Tutto intorno alla prostata, inoltre, si trova una fitta rete di fibre nervose deputate in gran parte al meccanismo dell’erezione: questo spiega perché l’asportazione radicale della prostata (prostatectomia radicale) può avere delle ripercussioni sull’erezione.

Ipertrofia prostatica benigna (IPB) e carcinoma della prostata: facciamo chiarezza

I tessuti prostatici contengono anche dei recettori ormonali (soprattutto per il testosterone) che fanno sì che le cellule della prostata subiscano delle modificazioni a seconda dei livelli di ormoni presenti. L’invecchiamento maschile è caratterizzato da importanti alterazioni ormonali, in particolare diminuzione del testosterone e aumento degli estrogeni. La prostata reagisce a queste modificazioni aumentando l’espressione dei recettori per il testosterone: essa diventa “più sensibile” al testosterone nonostante la sua quantità in circolo diminuisca.

Il testosterone ha un effetto trofico sulle cellule prostatiche (ne stimola crescita e proliferazione): quindi queste modifiche recettoriali hanno come conseguenza principale un aumento delle cellule che costituiscono i tessuti prostatici. In parole semplici, la prostata cresce con l’età (e questo è assolutamente normale!). Data la sua particolare posizione (ricordiamo che si trova intorno all’uretra), questo aumento dimensionale della prostata può provocare, in moltissimi uomini, dei sintomi urinari “ostruttivi”: il getto dell’urina diventa più debole, bisogna aspettare qualche secondo prima che inizi la minzione, si ha la sensazione di non svuotare bene la vescica etc.
A questi sintomi si possono aggiungere i sintomi irritativi: ci si deve alzare di notte per urinare, si ha un’importante urgenza minzionale e saltuariamente si perde pipí.
Questa crescita di dimensioni della prostata, con tutti i sintomi ad essa correlati, è l’iperplasia prostatica benigna, conosciuta anche come ipertrofia prostatica benigna o IPB.

È fondamentale non confondere l’IPB con il tumore prostatico, una patologia maligna che colpisce molti uomini, specie sopra i 65 anni d’età: esso rappresenta il tumore più diffuso nel sesso maschile (18,5% dei tumori diagnosticati nell’uomo) e i principali fattori di rischio sono l’età e la familiarità. Non esistono delle vere e proprie cause del tumore prostatico, seppur alcuni studi evidenzino delle correlazioni con alcune mutazioni genetiche (mutazioni di BRCA 1 e 2, Sindrome di Lynch etc). Contrariamente all’IPB, le cellule del carcinoma prostatico hanno una crescita incontrollata e afinalistica (come tutti i tumori) e tendono a infiltrare i tessuti circostanti o a diffondersi ad organi lontani (cioè a dare metastasi), soprattutto alle ossa. Contrariamente all’IPB, l’adenocarcinoma prostatico è completamente asintomatico (soprattutto nelle fasi iniziali), e spesso viene diagnosticato grazie ad un aumento dei livelli ematici di PSA, una particolare proteina prodotta dalla prostata.

È quindi molto importante non confondere le due patologie: l’IPB è una condizione benigna, che determina l’insorgenza di sintomi urinari e che generalmente non comporta un aumento dei valori di PSA; d’altro canto, l’adenocarcinoma prostatico è una malattia maligna, quasi sempre asintomatica, che si associa spesso ad un aumento del PSA e che spesso viene diagnosticata casualmente proprio grazie alle visite urologiche di controllo.

Occhio al PSA! L’importanza delle prevenzione

Nonostante la sua frequenza, i dati sulla sopravvivenza per il tumore della prostata sono molto incoraggianti: se adeguatamente diagnosticato e trattato il tumore della prostata ha una sopravvivenza a 10 anni superiore al 90%. Da questi dati risulta evidente quanto sia importante la diagnosi precoce: identificare la malattia nelle sue fasi iniziali ci dà la possibilità di trattarla nel migliore dei modi e in maniera radicale. Ma come possiamo identificare precocemente una malattia che non dà alcun sintomo? La risposta è abbastanza semplice: con la visita urologica e il dosaggio del PSA.

Il PSA (Antigene Prostatico Specifico) è una glicoproteina prodotta dalla ghiandola prostatica che rientra tra i componenti dello sperma, ma che è presente anche in circolo a livelli variabili. La quantità di PSA nel sangue, in condizioni fisiologiche, può variare a seconda di tanti fattori: età, abitudini sessuali, dimensioni della prostata, fattori genetici, infiammazioni o infezioni etc. Proprio perché il PSA è organo-specifico e non tumore-specifico, i suoi valori devono essere correttamente interpretati dallo specialista. La famosa soglia dei 4 ng/ml è da considerarsi almeno in parte indicativa. Sotto questa soglia è poco probabile la presenza di un tumore, ma non impossibile. D’altra parte, valori sopra questa soglia possono semplicemente essere espressione di patologia infiammatoria, un’infezione o un’IPB. Sarà compito dell’urologo interpretare il PSA in base ai valori di PSA precedenti, all’esplorazione rettale e al rischio di sviluppare un tumore prostatico. Ad esempio, in presenza di valori “normali” di PSA ma di noduli prostatici, “indurimenti” del tessuto o aree irregolari all’esplorazione rettale, verranno avviati ulteriori approfondimenti.

La risonanza magnetica

Negli ultimi anni, sempre più ha preso piede la risonanza magnetica nel percorso diagnostico del tumore alla prostata. Il radiologo analizzando le immagini della prostata nelle varie sequenze della risonanza è in grado di evidenziare aree e/o noduli più o meno sospetti per la presenza di un tumore prostatico, le aree PIRADS. Un classificazione che va da 1 a 5, dove 1 e 2 rappresentano i noduli benigni, 3 i noduli incerti, 4 e 5 i noduli che con buona e alta probabilità rispettivamente potrebbero essere maligni. Per questo, la risonanza magnetica ha assunto un duplice ruolo.

Da un lato, è un importante tool per identificare i casi sospetti di tumore prostatico. In particolare, in caso di valori di PSA sopra la soglia di 4 ng/ml ed esplorazione rettale negativa, una risonanza magnetica negativa per lesioni PIRADS 3 o superiori, può far soprassedere all’esecuzione di una biopsia prostatica.
Dall’altro lato, è possibile eseguire una biopsia prostatica di fusione (fusioni delle immagini ecografiche e della risonanza) andando a fare prelievi mirati sulle aree sospette descritte dalla risonanza stessa.

Adenocarcinoma prostatico: le terapie radicali e il percorso di sorveglianza attiva

Fortunatamente la maggior parte dei tumori prostatici viene diagnosticata in una fase precoce, quando ancora la malattia è localizzata solo alla prostata e pertanto possono essere offerti dei trattamenti con un intento radicale, ovvero mirato a eliminare completamente le cellule tumorali.
Questi sono rappresentati dall’intervento chirurgico di prostatectomia e dalla radioterapia.

L’intervento chirurgico di prostatectomia radicale consiste nell’asportazione di prostata e vescichette seminali, eventualmente associata anche all’asportazione dei linfonodi che drenano la prostata. Esistono varie tecniche chirurgiche, tra le quali merita una menzione particolare la chirurgia robotica: essa è molto meno invasiva della chirurgia a cielo aperto, permette una ripresa post-chirurgica molto più rapida e, in casi selezionati, permette anche di risparmiare i fasci nervosi deputati all’erezione (chirurgia nerve-sparing). Due possono essere le conseguenze (spesso solo transitorie) dopo l’intervento: l’incontinenza urinaria da sforzo e la disfunzione erettile. Al giorno d’oggi, però, esistono numerosi protocolli riabilitativi che permettono di recuperare una continenza e una funzionalità sessuale normali.
In alternativa, è possibile ricorrere alla radioterapia a fasci esterni: in questo caso non vi è l’asportazione radicale dell’organo, ma questo viene “bombardato” da fasci di radiazioni che uccidono le cellule. Anche questa terapia ha delle possibili conseguenze: disturbi intestinali come proctite e disturbi minzionali come cistite ed ematuria.

In pazienti altamente selezionati, è possibile anche intraprendere una terza strategia di gestione del carcinoma prostatico: la sorveglianza attiva. Il tumore della prostata è una patologia con una velocità di progressione generalmente molto lenta, soprattutto per i tumori “a basso rischio”. Questa caratteristica permette di avere, in alcuni pazienti, un approccio molto più conservativo. La sorveglianza attiva è un percorso di visite ambulatoriali, esami strumentali e biopsie prostatiche con lo scopo di monitorare strettamente l’evoluzione della patologia, al fine di poter intervenire con le terapie sopra menzionate al primo segno di progressione. È ormai largamente dimostrato che la sopravvivenza dei pazienti che si sottopongono a chirurgia dopo un periodo di sorveglianza é uguale a quelle dei pazienti che vengono operati subito. È ovvio che debba essere l’urologo a valutare ogni singolo caso e a determinare se un paziente possa entrare o meno in Sorveglianza.

La visita urologica annuale

Il carcinoma prostatico è solo una delle patologie che possono riguardare l’invecchiamento maschile: l’avanzare dell’età nel maschio può avere conseguenze anche sull’equilibrio minzionale e sulla vita sessuale, tutti elementi che non devono essere minimizzati con frasi del tipo “…ormai ho una certa età”. Fare una visita urologica all’anno non è, quindi, importante solo per la prevenzione della patologia tumorale, ma anche per migliorare la salute maschile in generale e, soprattutto, per avere una migliore qualità di vita.

È un dato ormai noto che gli uomini, contrariamente alle donne per quanto riguarda le visite ginecologiche, siano molto meno propensi a vedere l’urologo in maniera regolare, ma è importantissimo capire che, seppur non sia propriamente un’esperienza piacevole, la visita urologica è uno strumento potente ed efficace per migliorare la salute e la qualità della vita del maschio.

 

A cura di Carlotta Palumbo

 

Bibliografia

Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro (AIRC), Tumore della prostata, 22 novembre 2021;
Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro (AIRC), Stile di vita sano, un aiuto per chi è a rischio di cancro della prostata, 24 maggio 2021;
Fleshner N, Zlotta AR. Prostate cancer prevention: past, present, and future. Cancer. 2007 Nov 1;110(9):1889-99.
Romero-Otero J, García-Gómez B, Duarte-Ojeda JM, Rodríguez-Antolín A, Vilaseca A, Carlsson SV, Touijer KA. Active surveillance for prostate cancer. Int J Urol. 2016 Mar;23(3):211-8.

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