Al congresso “Aging in progress: dalla ricerca di base all’applicazione sul territorio”, organizzato lo scorso ottobre dall’Università del Piemonte orientale nell’ambito dell’Aging project, gli interventi di Rebecca Lundin, dell’Istituto di Biomedicina di Eurac Research di Bolzano e di Lorenzo Richiardi dell’Università di Torino hanno presentato come l’epidemiologia sia al passo con i tempi e con le richieste di una medicina sempre più predittiva e personalizzata.

Premessa, giusto per richiamare il contesto: l’epidemiologia è la branca della medicina che cerca di individuare i fattori responsabili della diffusione e della distribuzione di una determinata malattia in una popolazione. Per fare ciò, uno dei suoi strumenti principali sono gli studi di coorte, che seguono nel tempo un insieme di soggetti che condividono una o più caratteristiche specifiche. Uno dei più noti studi di coorte nella popolazione generale è il Framingham, iniziato nel 1948 (e tuttora in corso) nella cittadina del Massachussets che gli ha dato il nome. Lo studio ha permesso di stabilire la correlazione tra malattie cardiovascolari e fattori di rischio modificabili perché legati allo stile di vita, come il fumo, la pressione alta, l’obesità, alti livelli di colesterolo e un’attività fisica insufficiente.

Oggi l’epidemiologia si è fatta più granulare: non si accontenta più di identificare i fattori responsabili di una certa malattia in una popolazione abbastanza ampia, ma considera sottogruppi sempre più piccoli e omogenei, con un approccio che punta al singolo. Il tutto sempre in una logica di prevenzione primaria e di promozione della salute pubblica, che Rebecca Lundin definisce prevenzione di precisione: “La prevenzione di precisione rappresenta un nuovo paradigma nella salute pubblica, che si concentra sull’individuazione e l’implementazione di interventi preventivi personalizzati in base alle caratteristiche specifiche di individui o gruppi ristretti. Si distingue da un approccio generale alla salute pubblica, che tradizionalmente adotta strategie uniformi per l’intera popolazione”.

La prevenzione di precisione parte dal presupposto che non esiste un’unica soluzione valida per tutti ma si concentra sulla proposta di interventi commisurati a rischi ed esigenze specifici dei singoli, evitando di sottoporre a trattamenti inutili coloro che non ne trarrebbero beneficio. A questo scopo, per ottenere una valutazione completa del rischio individuale, integra le informazioni provenienti da diverse fonti, come i dati genetici, quelli sullo stile di vita, sull’ambiente e sul contesto sociale. Inoltre, interviene in maniera proattiva, puntando a giocare d’anticipo e a prevenire la comparsa dei problemi di salute.

Ovviamente la prevenzione di precisione si basa su stime del rischio e su proposte di interventi, la cui efficacia deve essere costantemente verificata ed eventualmente modificata qualora emergessero nuove informazioni.
Giocare d’anticipo è lo slogan che vale anche per l’approccio life course dell’epidemiologia contemporanea, illustrato da Lorenzo Richiardi nel suo intervento.

L’approccio epidemiologico life course si fonda su tre pilastri fondamentali:
● il concetto di Developmental Origins of Health and Diseases (DOHaD), che sottolinea l’importanza di studiare l’origine delle malattie fin dalle prime fasi della vita, compreso il periodo prenatale. Il focus è su come le esposizioni ambientali precoci, positive o negative, possano influenzare la salute a lungo termine.
● l’esposoma, ovvero l’insieme di tutte le esposizioni ambientali a cui un individuo è sottoposto nel corso della vita. Include fattori come lo stile di vita, il contesto sociale, l’ambiente urbano e le modifiche molecolari interne. Studiare l’esposoma permette di comprendere come i fattori ambientali interagiscono tra di loro e con la genetica per influenzare la salute.
le traiettorie di salute individuali nel corso del tempo. Questo significa studiare come la salute evolve e cambia in risposta a vari fattori, permettendo di identificare momenti chiave per interventi preventivi mirati.
Uno strumento fondamentale dell’epidemiologia life course sono le coorti di nascita, formate da gruppi di individui nati nello stesso periodo e che vengono seguiti nel tempo per studiare come i diversi fattori interagiscono tra loro e influenzano la loro salute e il loro sviluppo.

Le analisi delle coorti di nascita nell’epidemiologia life course possono essere volte a permette di:

  • Identificare i periodi critici: Analizzando l’impatto delle esposizioni in diverse fasi della vita, è possibile identificare finestre temporali specifiche in cui gli interventi preventivi potrebbero essere più efficaci.
  • Studiare l’accumulo di rischio: Il monitoraggio a lungo termine permette di valutare come l’esposizione a molteplici fattori di rischio nel corso della vita contribuisca allo sviluppo di malattie croniche.
  • Comprendere la catena del rischio: Le coorti di nascita permettono di analizzare le sequenze di eventi che portano alla malattia, identificando punti di intervento per interrompere la catena del rischio.
  • Valutare l’efficacia degli interventi: È possibile utilizzare le coorti di nascita per studiare l’impatto a lungo termine di interventi di prevenzione e promozione della salute implementati durante l’infanzia, l’adolescenza o l’età adulta.

Ad esempio, in Italia, la coorte Ninfea, reclutata dal 2005 al 2016, segue circa 7.000 donne e i loro 6.800 bambini, raccogliendo dati sulla salute, le esposizioni e i campioni biologici, con uno studio che si concentra sull’invecchiamento sano e sulle traiettorie di salute dalla vita fetale all’età adulta.

Sfide per gli studi di coorte e di popolazione

Gli studi di coorte e di popolazione, pur offrendo enormi potenzialità per la prevenzione e la salute di precisione, si trovano ad affrontare diverse sfide.

La prima è rappresentata dalla difficoltà a utilizzare i dati sanitari provenienti da fonti diverse in maniera integrata. In Italia c’è grande disponibilità di dati genetici, sociali e ambientali, ma manca la possibilità di farle comunicare tra loro i diversi registri che li raccolgono. Questo limite, evidenziato nello studio della coorte Ninfea, rende difficile collegare i dati dei partecipanti con le loro informazioni sanitarie correnti, limitando la capacità di condurre analisi complete e di progettare interventi mirati.

Inoltre c’è il problema di costruire un linguaggio comune, per esempio a partire dal concetto di multimorbidità, che non tutti definiscono allo stesso modo. In mancanza di una definizione universale di multimorbidità diventa difficile studiare l’invecchiamento e confrontarsi sulle interazioni tra le diverse condizioni di salute e di malattia.

Da ultimo bisogna considerare che il successo di questi studi dipende dall’alto tasso di partecipazione dei volontari a lungo termine. Per esempio, nella coorte Ninfea si sta lavorando al passaggio critico per continuare a seguire nel tempo i partecipanti che sono entrati nell’età adulta. Per Lorenzo Richiardi vanno pensate strategie innovative di ricompensa dei partecipanti nel tempo, a cominciare da una restituzione trasparente e comprensibile dei risultati della ricerca che, come sottolinea Rebecca Lundin, è il presupposto etico della sostenibilità.

Entrambi i ricercatori concordano nell’affermare che la vera sfida risiede nel valorizzare appieno gli investimenti dedicati a questi studi complessi e ambiziosi, non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di tempo e impegno dei ricercatori, dei clinici e, soprattutto, dei partecipanti.

Inoltre, è grazie a questi studi che si crea una comunità di ricercatori interdisciplinari, impegnati in progetti che offrono non solo un grande potenziale di conoscenza, ma anche importanti ricadute economiche e sociali.

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