“La solitudine è il nuovo fumo di sigaretta”: uno slogan forte, ma corroborato da buone prove scientifiche. Secondo una recente meta-analisi, infatti, solitudine e isolamento sociale, sono associati a un aumento del rischio di mortalità, rispettivamente del 26% e del 29%. Un rischio equiparabile a quello del fumo di 15 sigarette al giorno e del consumo di alcol, maggiore perfino del rischio associato all’obesità.

Oltre alla mortalità la solitudine aumenta il rischio di sviluppare problemi di salute, come patologie cardiovascolari, declino cognitivo e può compromettere il benessere mentale, peggiorando i sintomi depressivi, lo stress percepito, i sentimenti di ansia e rabbia e riducendo il senso di autostima e l’ottimismo.

Come se non bastasse, gli effetti della solitudine sembrano accumularsi nel tempo fino ad accelerare l’invecchiamento fisiologico.

Le persone in età avanzata sono particolarmente a rischio di solitudine, un problema che è stato portato sotto i riflettori durante la pandemia, ma che pre-esisteva e continua a esistere: i lutti e le perdite tra le persone care, la paura di cadere, le difficoltà motorie, la fine della vita lavorativa, i pregiudizi ageisti, la povertà e anche condizioni ambientali come l’inquinamento e il caldo eccessivo possono contribuire alla solitudine degli anziani.

 

Come si interviene per contrastare la solitudine

Come si contrasta la solitudine? Dal momento che la solitudine non coincide con l’effettivo isolamento sociale ma con una condizione percepita, la sensazione di essere isolati ed esclusi dalla vita sociale, tradizionalmente è considerata un problema individuale che richiede soluzioni individuali. Come sempre, però, tutto quello che riguarda gli individui avviene all’interno di un contesto sociale, culturale, economico e ambientale che può avere un’influenza sui vissuti individuali.

Infatti, esiste un altro approccio che merita di essere considerato: quello di agire sull’ambiente in cui viviamo, lavoriamo o trascorriamo il tempo libero per facilitare l’incontro e l’interazione tra le persone, anche di età diverse, e contrastare la solitudine.

Quali sono le caratteristiche dell’ambiente urbano che possono facilitare le relazioni?

Secondo una recente revisione della letteratura scientifica gli aspetti chiave da considerare nella progettazione sono le caratteristiche delle abitazioni, i mezzi di trasporto e la distribuzione e progettazione degli spazi aperti e naturali.

Vivere in appartamenti piccoli, ad esempio, può aumentare il senso di solitudine. La ragione è abbastanza ovvia: più l’appartamento è piccolo meno ospiti possiamo invitare, e così l’abitudine a trascorrere molto tempo da soli si sedimenta più facilmente. Anche la qualità delle nostre abitazioni e la possibilità di poterle personalizzare sembra avere un impatto: avere una casa non solo gradevole, ma che riflette la nostra personalità (quindi generalmente una casa di proprietà e non in affitto) ci rende più propensi alle relazioni con gli altri; la casa diventa parte della nostra identità sociale.

I mezzi di trasporto pubblici rappresentano un’ottima opportunità per raggiungere le persone che fanno parte della nostra rete relazionale, ma anche un’occasione per fare incontri inaspettati: a chi non è mai capitato di fare quattro chiacchiere sul tram o sul treno? Con quei passeggeri sconosciuti ma che hanno un volto familiare perché ci si è incrociati altre volte nella stessa situazione. Lo stesso vale per gli ambienti che consentono di muoversi facilmente a piedi o in bicicletta.

Infine, gli spazi pubblici, soprattutto quelli verdi, che ci permettono anche in città di vivere un po’ di natura, consentono interazioni sociali sia pianificate che inaspettate. Naturalmente se si tratta di ambienti sicuri, in cui siamo protetti dalla criminalità, dal traffico e dall’inquinamento, saremo più propensi ad esplorarli a piedi.

Concludono i ricercatori: “La progettazione degli spazi rende possibili pratiche che prevengono la solitudine, ma nessun singolo aspetto dell’ambiente progettato è in grado di prevenire completamente la solitudine”.

Infatti, la solitudine individuale dipende da ciò che la progettazione di uno spazio consente di fare a una persona ma anche dal modo in cui questa persona deciderà o potrà sfruttare tale progettazione: si tratta di una relazione complessa, contestuale e multidirezionale, che coinvolge anche il più ampio contesto socio-culturale ed economico oltre che le esperienze, i bisogni, i valori e le pratiche individuali.

Disuguaglianze economiche e solitudine

Lo stato socio-economico si è rivelato un fattore determinante della solitudine, a sostegno delle richieste esistenti di modelli più equi di welfare, alloggi e programmi comunitari. La disuguaglianza può portare all’isolamento fisico ed emotivo attraverso un’iniqua distribuzione dell’accesso a spazi ben progettati e curati.

Inoltre, una società con una minore disuguaglianza tra gli strati sociali, è  una società più connessa da esperienze e opportunità condivise.

L’invecchiamento, la disabilità e la salute fisica e mentale sono fattori che possono ridurre la capacità individuale di accedere ad ambienti progettati per facilitare le relazioni. Per questo le esigenze delle persone anziane devono essere considerate esplicitamente nella progettazione, favorendo l’inclusività ed eliminando le possibili barriere.

Non per niente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha creato perfino il  “Global Network for Age-friendly Cities and Communities” mettendo in contatto le città e le comunità di tutto il mondo per facilitare lo scambio di informazioni, conoscenze ed esperienze su come progettare ambienti e comunità per invecchiare bene e vivere meglio la vecchiaia.

Riferimenti

 

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