Le nuove frontiere della ricerca anti-aging attribuiscono un ruolo chiave alla senescenza cellulare, ovvero quando le cellule capiscono di stare invecchiando: cosa è, quali sono le cause e i trattamenti
“Non conta l’età che mostri all’esterno, conta l’età che senti dentro”. Quante volte l’abbiamo sentito ripetere? Nonostante questa frase possa sembrare un luogo comune, contiene un fondo di verità, e a dircelo è un concetto della biologia: la senescenza cellulare. Dentro il nostro corpo, infatti, le microscopiche unità fondamentali dei tessuti, le cellule, sono capaci di sentire il tempo che passa e anche di capire quanto invecchiano. Non solo: oltre una certa età, queste, come se andassero in pensione, smettono di fare quello che hanno sempre fatto: cesseranno la loro attività di replicazione – fenomeno che interessa tutti i tessuti, chi più (come le cellule della pelle), chi meno (come i neuroni, che si replicano molto raramente e solo in alcune zone del cervello) – ed entreranno in senescenza.
È possibile trovare un trattamento per la senescenza cellulare? O forse c’è un buon motivo per lasciare che le cellule vadano in pensione?
Proviamo a fare il punto sullo stato dell’arte della ricerca biomedica su questo fenomeno.
Anche le cellule invecchiano
A proposito di età, un sorprendente studio condotto nel 2005 da Jonas Frisen del Karolinska Institute di Stoccolma, che ha usato la tecnica di datazione del C14 -proprio così, la stessa che si usa in paleontologia e archeologia per stabilire quanto sia antico un reperto – ha dimostrato che, in media, le nostre cellule hanno tutte un’età inferiore ai 10 anni. Non ci sono più scuse per sentirci anziani: almeno ogni decade (e a volte molto più spesso, come nel caso dei globuli rossi) il nostro corpo ricambia tutti i suoi componenti, con cellule nuove di zecca.
Ma perché allora invecchiamo? Deve essersi fatto la stessa domanda Leonard Hayflick, biologo che negli anni Sessanta studiava i fibroblasti umani, un particolare tipo di cellula. A un tratto, per quanto lo scienziato si sforzasse, i fibroblasti cessavano di replicarsi, cambiavano forma e si comportavano in modo diverso da quello che i ricercatori erano abituati a vedere: sembrava quasi che fossero andati in pensione. Hayflick aveva individuato un fenomeno che adesso occupa un grande spazio nella ricerca sull’aging: la senescenza cellulare. Non solo: lo scienziato ha avuto l’intuizione (rivelatasi poi corretta) che questo meccanismo fosse correlato al più generale invecchiamento dell’organismo. La senescenza cellulare non va intesa necessariamente in senso negativo: probabilmente nasce come un vero e proprio salvavita della cellula che ci protegge dall’insorgenza dei tumori, oltre a giocare un ruolo fondamentale in processi come lo sviluppo embrionale e la guarigione delle ferite.
Senescenza cellulare: cosa è e quali sono le cause
Dalla scoperta di Hayflick la ricerca sull’invecchiamento non si è più fermata, e adesso sappiamo che la senescenza cellulare è un processo dinamico ed eterogeneo in cui le cellule smettono di replicarsi e vanno incontro a cambiamenti caratteristici. Una cellula senescente, infatti, cambia morfologia e inizia a produrre molecole specifiche: in assenza di patologie, questo attrae le cellule del sistema immunitario, che, agendo da spazzini, le rimuovono. C’è bisogno di eliminarle perché la senescenza è uno stato irreversibile: se la cellula decide di andare in pensione, non può più tornare indietro.
Ma quando, e soprattutto perché la cellula, dopo anni di onorato servizio, decide di entrare in senescenza? Le cause sono diverse, e derivano sia dalla normale “usura” nel corso della vita cellulare, che da fattori esterni:
• primo fra tutti, l’accorciamento dei telomeri, strutture che fanno parte dei cromosomi. Se immaginassimo i cromosomi come nastri di tessuto, i telomeri costituirebbero delle estremità tagliate con le forbici: ogni volta che la cellula si replica, queste si sfilacciano sempre di più, e il nastro si accorcia. Per il nostro cromosoma, questo significa un danno al Dna;
• altri tipi di danni al Dna, che possono scaturire dall’esposizione ai radicali liberi dell’ossigeno;
• stress cellulare derivante da modificazioni del metabolismo della cellula, da molecole che inducono una replicazione continua e da altri stress di vario tipo;
• attivazione di geni che favoriscono l’insorgenza di tumori: sappiamo bene che a volte le cellule perdono il controllo e iniziano a replicarsi incessantemente; in questo caso la cellula “se ne rende conto” e, entrando in senescenza, scongiura la possibilità di una replicazione incontrollata, e quindi di tumore.
Oltre a cause fisiologiche, si aggiungono anche cause esterne, che possono portare alla manifestazione di patologie. Per esempio:
• il fumo di sigaretta: è ormai noto che il fumo di sigaretta genera, nei tessuti del polmone, i radicali liberi, che possono causare danni al Dna;
• interventi medici: come nel caso di chemioterapia o radioterapia, nel quale l’effetto cercato è di mandare le cellule tumorali in senescenza.
Il lato oscuro della senescenza
Abbiamo visto che questo meccanismo aiuta a difenderci dalla comparsa di tumori, eppure, la scienza ha individuato un legame tra senescenza, invecchiamento e patologie legate all’età, come morbo di Alzheimer, osteoartrite, fibrosi polmonare, aterosclerosi. La ragione risiederebbe proprio nelle molecole che le cellule senescenti producono: tra queste vi sono sostanze che stimolano l’infiammazione, con una conseguente modifica del tessuto in cui si trovano. Tutto ciò porta a una disfunzione che, a lungo andare, sfocia in malattia; non è ancora chiaro se sono i meccanismi dell’aging a causare la senescenza o piuttosto il contrario, ma è certa la presenza di un gran numero di cellule senescenti nei pazienti affetti dalle patologie dell’invecchiamento.
Alla ricerca dell’elisir di lunga vita
La senescenza cellulare è un processo scoperto piuttosto recentemente, per cui non è facile trovare un trattamento specifico: in più gli scienziati non sanno con certezza se l’eliminazione delle cellule senescenti può causare problemi al paziente, come l’insorgenza di tumori. Comunque sia, al momento i ricercatori stanno battendo due strade per migliorare gli effetti dell’invecchiamento dovuti alla senescenza: sono in fase di sperimentazione sia farmaci che eliminano questo tipo di cellule (detti senolitici) sia sostanze capaci di bloccare le molecole dannose prodotte. Nel 2017, infatti, i ricercatori della Mayo Clinic in Minnesota, guidati da James Kirkland, hanno dimostrato che l’eliminazione delle cellule senescenti in topi anziani comportava l’inversione di alcuni effetti dell’invecchiamento. Non solo, sempre più studi indicano un ruolo protettivo da parte di sostanze naturali, capaci sia di combattere l’infiammazione presente in contesti di invecchiamento, come i polifenoli, che di eliminare le cellule senescenti, come la quercetina. Tutte queste ricerche sono nelle prime fasi, per cui per il momento, mentre aspettiamo l’elisir di lunga vita, ricordiamoci che uno stile di vita sano, ovvero, ad esempio, adeguata attività fisica e restrizione calorica, è in grado di ridurre gli effetti dell’invecchiamento, con buona pace delle cellule senescenti.
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Bibliografia
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