In una casupola con il pavimento di terra battuta, un anziano signore sta preparando il caffè. Non ce n’è abbastanza nel barattolo per farne due tazze, una per sé e una per la moglie, e il protagonista si ingegna prima a grattarlo dal fondo arrugginito e poi si adatta a non berlo per destinare l’unica tazza che ne verrà alla moglie, che giace a letto prostrata da una delle sue frequenti crisi d’asma.

Questa è la scena d’apertura di Nessuno scrive al colonnello di Gabriel García Márquez e nella sua brevità è già un ingresso perfetto e preciso come una fotografia nel mondo di questo racconto lungo – o romanzo breve – che ci parla della vita di attesa, fiducia, dignità e miseria di un colonnello in pensione.

Il romanzo non si sviluppa secondo una vera e propria trama, perché gli avvenimenti nel corso della narrazione sono pochi: negli incontri con i compaesani del colonnello, nei dialoghi con la moglie, e soprattutto tra le sue riflessioni scopriamo però il mondo e la storia del protagonista, che, anni addietro, ha servito il suo paese ponendo fine alla guerra civile.

Da allora, aspetta che gli venga riconosciuta la sua pensione, e ogni venerdì, all’arrivo della posta, resta in attesa della lancia del postino e lo segue, speranzoso e terrorizzato, ma attento a non far intravedere il suo stato d’animo, nel giro di consegne. Ogni venerdì questa attesa, quasi febbrile, finisce in una frase, pronunciata dall’addetto alle consegne o dal protagonista stesso: “Nessuno scrive al colonnello”. E tuttavia, ogni venerdì, da quindici anni, il colonnello spera, e attende, che arrivi la lettera. Mentre nel frattempo la vita scorre: suo figlio viene ucciso perché sospettato di diffondere notizie clandestine dalla dittatura militare, lui e sua moglie hanno sempre meno di cui vivere e nulla da mangiare, il colonnello si aggrappa alla speranza di far combattere un gallo, bene più prezioso che la coppia possiede, anche perché è appartenuto al figlio morto, o di venderlo per una cifra che permetta loro di campare fino all’arrivo, un giorno, della agognata pensione. Nel frattempo, il gallo deve essere nutrito, e mangiarlo diventa un’opzione, poi scartata, e allora si troverà chi potrà nutrire il gallo fino ai combattimenti, e per tutto il romanzo c’è questo tira e molla in cui non si sa chi mangerà, se il colonnello e sua moglie o il gallo, o entrambi, o nessuno, rendendo chiaro il destino che accomuna i galli da combattimento agli uomini, legame rafforzato nel racconto dal particolare che il figlio del colonnello sia morto nell’arena dei combattimenti.

L’ambientazione, come è noto per i romanzi di Gabriel García Márquez, non è storicamente precisa, ma rimanda a quell’immaginario che l’autore poi costruirà e definirà nei romanzi successivi, uno per tutti Cent’anni di solitudine, ma alcuni elementi che si svelano pian piano nel racconto ne definiscono i contorni: la dittatura, la censura, l’oppressione, il rischio di essere uccisi, il rimando a un passato più libero, in cui si andava al cinema, che non esiste più, la gioventù che viene piegata o uccisa se non si vuole adattare al regime. L’anno in cui sappiamo si svolgono i fatti è il 1956, il luogo è Macondo, cittadina immaginaria scollegata dal resto del mondo se non via fiume, in una Colombia che a García Márquez ha dato i natali, e che ancora i turisti visitano, in particolare a Aracataca, dove nacque l’autore, con il desiderio e il piacere di ritrovare i punti di riferimento, gli aneddoti e la storia che sono poi finiti nel romanzo Cent’anni di solitudine e che ne hanno fatto di Macondo negli anni il luogo letterario per eccellenza.

Gabriel García Márquez scrisse invece questo romanzo a Parigi, città in cui si trovava su incarico del giornale presso cui lavorava, El Espectador, quando improvvisamente la sua situazione cambiò: in Colombia il giornale venne chiuso dal dittatore Gustavo Rojas Pinilla e Gabriel García Márquez si trovò da solo e senza soldi all’estero. L’aneddotica vuole che si chiuse in camera e con i soldi avuti dal rimborso del biglietto aereo di ritorno si prese il tempo di scrivere Nessuno scrive al colonnello, che di giorno in giorno diventava non solo più la vicenda di suo nonno – anche lui colonnello, anche lui morto aspettando la pensione da veterano – ma anche la sua, la situazione contingente di chi si trova costretto dalle circostanze a chiedere aiuto economico via lettera agli amici e che ogni giorno, controllando la cassetta della posta, la trova vuota.

Perché leggerlo

Perché in poco meno di ottanta pagine Gabriel García Márquez ci fa un ritratto preciso e che rimane indelebile nella nostra memoria di un personaggio pieno di vita e di profondità psicologica. Lo vediamo in azione in poche situazioni ma ci sembra, alla fine del libro, di sapere tutto di lui, della sua dignità, del suo desiderio di non vederla in frantumi, del suo preoccuparsi che il paese non venga a sapere che stanno morendo di fame, ma anche del suo onore, dell’attaccamento al lavoro che ha svolto, del profondo affetto verso la moglie e anche verso la memoria del figlio. Il colonnello di Gabriel García Márquez è un uomo che, soprattutto nel finale – che non possiamo anticipare – si scopre sereno, determinato, sicuro.

Il colonnello è un personaggio che ha in sé un tratto di eroismo, ma riesce ad essere profondamente umano e simile a tutti noi, perché ci ricorda come nella vita si attende a lungo, si aspetta persino oltre il tempo che altri giudicano ragionevole, e spesso lo si fa attendendo cose che non arrivano mai, o in situazioni che possono non cambiare mai. In questo c’è sia una grande dignità che al tempo stesso una grande caparbietà, e ci sono, nell’accettare il fatto di attendere e nel continuare, di fatto a sperarci, le due facce contrapposte dell’orgoglio umano.

Vale la pena leggere questo romanzo di García Márquez anche perché egli stesso lo considerava, o almeno disse di considerarlo, il suo più riuscito. Questo ci permette di scoprire un autore che, lontano dal suo romanzo più famoso e celebrato, riesce lo stesso a emozionarci,anche per la sua scrittura: uno stile asciutto ma pieno di vita, di densità e di significato.

Come comincia

Il colonnello aprì il barattolo del caffè e si accorse che ne era rimasto appena un cucchiaino. Tolse il pentolino dal focolare, rovesciò metà dell’acqua sul pavimento di terra battuta, e con un coltello raschiò l’interno del barattolo sul pentolino finché si distaccarono gli ultimi rimasugli di polvere di caffè misti a ruggine di latta. Mentre aspettava che l’infusione bollisse, seduto vicino al focolare di mattoni in un atteggiamento di fiduciosa e innocente attesa, il colonnello provò la sensazione che nelle sue viscere nascessero funghi e muffosità velenose. Era ottobre. Una mattina difficile da cavar fuori, anche per un uomo come lui che era sopravvissuto a tante mattine come quella. Per cinquantasei anni — da quando era finita l’ultima guerra civile — il colonnello non aveva fatto altro che aspettare. Ottobre era una delle poche cose che arrivavano.

Scheda Libro

AUTORE: Gabriel García Márquez

TITOLO: Nessuno scrive al colonnello

TRADUZIONE: Enrico Cicogna

EDITORE: Mondadori

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