Il processo di invecchiamento è complesso e segue ritmi diversi per ciascuno di noi. In una recente revisione della letteratura, i ricercatori dell’Università di Bolzano indagano i fattori ambientali che influenzano l’invecchiamento, rivelando anche gli insospettabili, come il reddito.
10 anni. Questo è il “gap anagrafico” dell’invecchiamento, il numero di anni in più che vivono le persone con reddito medio-alto rispetto a chi si trova nella fascia di popolazione più povera. Che invecchiare sia un processo che segue ritmi diversi in ciascun individuo è noto: tante volte ci è capitato di conoscere arzilli novantenni con più energia di persone più giovani di qualche decennio. A concorrere alle diverse velocità del fenomeno dell’invecchiamento, però, un ruolo molto importante lo gioca l’ambiente, nel senso più ampio del termine. È quanto emerge da una rassegna interdisciplinare della letteratura scientifica dei ricercatori Barbara Plagg e Stefan Zerbe della Libera Università di Bolzano, pubblicata su Clinical Geriatrics.
Non si tratta solo dello scorrere del tempo: il processo di invecchiamento, fisiologico oppure accelerato da condizioni patologiche, è complesso ed eterogeneo, e coinvolge numerosi fattori, non del tutto chiari nemmeno per la comunità scientifica. Ancora oggi le principali cause di morte nei paesi industrializzati sono rappresentate da malattie croniche legate all’età: le malattie cardiovascolari, le malattie neurodegenerative e le malattie oncologiche. Non a caso si tratta di patologie multifattoriali: dovute cioè non a una sola causa, ma che rappresentano il risultato di un’azione contemporanea di diversi fattori, che possono essere sì biologici, ma anche (e soprattutto) ambientali, demografici, comportamentali e sociali. Attualmente, la sfida maggiore delle scienze biomediche, è indagare e comprendere tutti gli attori coinvolti nel processo dell’invecchiamento, sia fisiologico che patologico, e numerose evidenze suggeriscono che l’ambiente in cui gli individui sono immersi giochi un ruolo fondamentale. I ricercatori, infatti, stimano che, nell’insorgenza delle malattie legate all’invecchiamento, la genetica abbia un’influenza del 25%, mentre il resto è imputabile all’ambiente.
La revisione della letteratura scientifica vuole indagare proprio i fattori ambientali che possono concorrere nel processo di invecchiamento: a partire dal significato più stretto del concetto di ambiente, ovvero l’aria, il clima, l’acqua, il suolo, ma anche i fattori socio-economici, come il luogo in cui si vive, il verde urbano, l’istruzione, il lavoro e il reddito. Non è possibile, infatti, pensare che questi fattori non intervengano nell’insorgenza delle malattie croniche legate all’invecchiamento: conoscerli a fondo è di grande rilevanza per la salute pubblica, per sviluppare strategie preventive, sia a livello individuale che sociale, che abbiano come obiettivo un invecchiamento sano.
“In termini di prevenzione, tutti conoscono l’importanza di un’alimentazione sana e dell’esercizio fisico, ma a cosa servono queste informazioni se il mio livello di istruzione o di reddito mi costringe a ricorrere a carne macinata a buon mercato e a vivere in un quartiere densamente popolato con poco spazio verde per l’attività fisica?” affermano Plagg e Zerbe. L’obiettivo finale, pertanto, è di utilizzare le conoscenze disponibili per avanzare nello sviluppo di misure socio-politiche che vadano nella promozione di un invecchiamento sano indipendentemente dal reddito e dal livello di istruzione. “Invecchiare in modo sano non significa fermare l’invecchiamento o riuscire a mantenere i ritmi di una società sempre più competitiva ma, piuttosto, mantenere la salute mentale e fisica il più a lungo possibile e vivere autonomamente fino alla vecchiaia”, concludono i ricercatori.
Fonte:
Plagg, B. and Zerbe, S. 2020. How does the environment affect human ageing? An interdisciplinary review. JOURNAL OF GERONTOLOGY AND GERIATRICS. 69, 1 (Oct. 2020), 53-67. DOI:https://doi.org/10.36150/2499-6564-420.