Il concetto di successful aging (o invecchiamento attivo, di successo) è diventato parte integrante di un’idea più generale di qualità della vita anche durante la vecchiaia, e lo ritroviamo all’origine di numerosi modelli teorici. Ma quando, e come è nata una delle più diffuse teorie di psicologia dello sviluppo e dell’invecchiamento?
Scopriamolo qui di seguito, insieme alle caratteristiche distintive del modello e alle sue ricadute pratiche sul comportamento della persona. Approfondiamo la conoscenza dell’autore di questa teoria, per approdare poi alle novità interpretative che si stanno imponendo oggi, rispetto a letture passate, e che riconoscono nel successful aging un concetto multidimensionale.

 

Huvighurst, un pioniere: le condizioni di vita sociale e il livello di soddisfazione della persona influenzano la qualità della vecchiaia

Robert J. Huvighurst viene descritto dagli storici della sociologia e della psicologia come un uomo dalla mente ‘rinascimentale’, dotato di conoscenze e competenze diverse fra loro ben integrate. Nato nel 1900 – vivrà 91 anni! – figlio di una coppia di missionari americani in Cina, dapprima studia chimica dove ottiene un dottorato di ricerca, poi si specializza in fisica; si unisce in seguito al dipartimento dell’educazione dell’Università di Chicago, per proseguire la sua ricerca nel campo della psicologia e della gerontologia, la disciplina che studia i comportamenti delle persone anziane.
L’ispirazione gli arriva dalla sua personale osservazione del processo di invecchiamento prima del padre, e poi della madre rimasta vedova. Da una parte inizia a interrogarsi sull’assenza di un ruolo sociale delle persone anziane nel mondo contemporaneo, e la loro conseguente perdita di valore; dall’altra è tuttavia consapevole delle differenze fra gli individui: alcuni, dopo il ritiro dal lavoro, perdono ogni interesse nei rapporti sociali e nella vita in generale, altri invece vivono il periodo della pensione come la conquista di una nuova dimensione esistenziale, più libera e appagante.

Siamo intorno agli anni ’50 del secolo scorso e cominciano a uscire i primi risultati dell’analisi condotta da Huvighurst: a un maggior impegno sociale, con risultati importanti in termini di ruolo e ricchezza di relazioni umane, corrisponde un livello di soddisfazione maggiore per la persona che invecchia. Huvighurst individua quattro bisogni fondamentali dell’individuo, dalla cui soddisfazione dipende in modo determinante la qualità dell’invecchiamento:

1) sicurezza affettiva ed emotiva;
2) status e riconoscimento sociale;
3) valore e auto-stima;
4) adeguate condizioni di vita – alimentazione, vestiario, alloggio.

Per lo studioso, nell’America del 1952, a molti di questi bisogni, essenziali anche per la persona anziana, non viene data una risposta sufficiente.
Quasi 10 anni dopo lo studioso arriva al concetto di successful aging, con un articolo pubblicato nel primo numero della rivista The Gerontologist (Il Gerontologo, 1961). Qui troviamo quattro diverse definizioni di invecchiamento attivo, o di successo – alcune relative a variabili sociali, altre fondate sulla percezione individuale. Invecchiare bene per Huvighurst vuol dire:

1) uno stile di vita desiderabile in questa nuova fase della vita;
2) il mantenimento degli interessi e dei compiti della mezza età;
3) sentirsi soddisfatti del proprio status attuale e di ciò che si compie;
4) essere felici e soddisfatti della propria vita.

 

La responsabilità dei decisori politici e l’evoluzione del concetto

La modernità del risultato a cui approda Huvighurst sta anche nel riconoscere l’importanza dei policy makers, dei decisori politici, in merito ai temi della prevenzione e dello stile di vita delle persone anziane: dai piani pensionistici alle raccomandazioni per il mantenimento di uno stile di vita attivo e sano, fino alle azioni necessarie per garantire all’individuo che invecchia supporti appropriati e condizioni abitative e sociali adeguate – tutte decisioni di tipo politico e organizzativo, che chiamano in causa la responsabilità dello stato e dei sistemi sanitari, oltre che assicurativi, sia pubblici che privati.
Da un punto di vista del modello teorico, il successful aging di Huvighurst trova da subito numerosi ferventi sostenitori e alcuni decisi oppositori.

Da una parte appare coerente con lo spirito americano del “fare”, del mantenersi sempre attivi, del non arrendersi alle avversità della vita: ad alti livelli di attività corrisponderebbe un maggior livello di soddisfazione, e su questa linea di pensiero troviamo, tra altri, il lavoro di un gerontologo di fama, George Maddox (1965), e – due decenni dopo – quello degli psicologi John Rowe e Robert Kahn (1987). Dall’altra, alcuni studi avviati dallo stesso Huvighurst, che coinvolgono anche gruppi europei nelle città di Vienna, Milano, Varsavia, Bonn e Nijmegen, fanno emergere un altro modello teorico, quello del “disimpegno” (Disengagement Theory: Elaine Cumming e William E. Henry, 1961) ovvero l’accettazione in tarda età di un graduale, naturale rallentamento delle attività, e di un volontario abbandono degli impegni sociali più onerosi, per abbracciare uno stile di vita più tranquillo e rilassato – un risultato emerso in particolare nei gruppi di studio italiani e olandesi.

Altre letture odierne integrano il concetto di successful aging con nuove sensibilità, come la consapevolezza del fatto che una teoria dell’invecchiamento debba comunque considerare anche i fattori culturali e geografici dei diversi gruppi sociali – pensiamo alle minoranze etniche, o anche le condizioni fisiche dei singoli, che in molti casi non dipendono dalla volontà individuale, né dallo stile di vita adottato. L’accento, in questa più recente interpretazione, è posto più sull’autenticità dell’invecchiamento, che sul suo successo.

 

Conclusione

Tracce profonde, seppur rivisitate, della teoria del successful aging formulata da Huvighurst restano oggi nel concetto multidimensionale di invecchiamento positivo, in salute, anche grazie alle ricadute pratiche sullo stile di vita delle persone. Per esempio, resta tuttora valido l’incoraggiamento (con le relative istruzioni d’uso) rivolto alla persona che invecchia di: restare mentalmente e socialmente attiva, monitorare costantemente il proprio processo di invecchiamento, evitare le malattie, mangiare sano, e fare esercizio con continuità. L’obiettivo è mantenere il più possibile negli anni la funzionalità, l’autonomia e la qualità di vita della persona, non solo secondo parametri medico-fisici, ma anche da un punto di vista psicologico e sociale.

A cura di Patrizia Salvaterra

 

Bibliografia

Bengtson VL, Settersten RA Jr (ed), 2016. Handbook of Theories of Aging. New York, NY: Springer Publishing Company.

Bulow MH, Soderqvist T, 2014. Successful Ageing: A Historical overview and critical analysis of a successful concept. Journal of Aging Studies; 31: 139-49.

Cumming E, Henry WE, 1961. Growing old. New York: Basic.

De Beni R, 2009. Psicologia dell’invecchiamento. Bologna: Il Mulino.

Johnson ML (Ed), 2005. The Cambridge Handbook of Age and Ageing. Cambridge, UK: Cambridge University Press.

Morley D, Glicken DSW, 2009. Successful Aging, in Evidence-Based Counseling and Psychotherapy for an Aging Population.

Nickerson C, 2002. Disengagement Theory of Aging.

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