Riferimento bibliografico
Appel LJ, Michos ED, Mitchell CM, Blackford AL, Sternberg AL, Miller ER 3rd, Juraschek SP, Schrack JA, Szanton SL, Charleston J, Minotti M, Baksh SN, Christenson RH, Coresh J, Drye LT, Guralnik JM, Kalyani RR, Plante TB, Shade DM, Roth DL, Tonascia J. The Effects of Four Doses of Vitamin D Supplements on Falls in Older Adults : A Response-Adaptive, Randomized Clinical Trial. Ann Intern Med. 2021 Feb;174(2):145-156. doi: 10.7326/M20-3812. Epub 2020 Dec 8. PMID: 33284677.
In sintesi
Secondo precedenti studi la supplementazione con vitamina D potrebbe contribuire a ridurre il rischio di caduta: purtroppo i dati non sono coerenti perché sono stati utilizzati dosaggi diversi. Questo studio si propone di sperimentare differenti dosi di supplementazione di Vitamina D e studiarne gli effetti. Soggetti che ricevono una dose di vitamina D pari a 1000 UI/die non presentano un vantaggio relativamente al rischio di caduta rispetto a soggetti che ricevono dosi inferiori (200 UI/die). La somministrazione di dosi più elevate (2000 UI/die o 4000 UI/die) è risultata poco sicura (maggiore di eventi avversi), tanto che è stata interrotta in anticipo.
Contesto e punto di partenza
Quello delle cadute nel paziente anziano è un grave problema di salute pubblica per le notevoli implicazioni di natura socio-economico-assistenziale che comporta. Molti studi hanno suggerito che la supplementazione di vitamina D potrebbe ridurre il rischio di cadute negli anziani, migliorando la funzione muscolo-scheletrica. Tuttavia permangono risultati discordanti sulla reale efficacia della supplementazione vitaminica, in parte per i differenti dosaggi di vitamina D impiegati negli studi, in parte per le diverse modalità di somministrazione. Infatti, seppure nei primi studi, la supplementazione di vitamina D sembrasse ridurre il rischio di caduta di circa 20%, studi successivi non hanno documentato effetti sostanziali ed anzi uno studio ha rilevato che la vitamina D somministrata in una dose annuale in bolo (500.000 UI) potrebbe addirittura aumentare il rischio di caduta. Per cercare di dirimere la questione, nel 2013 lo statunitense National Institute on Aging (NIA) ha elaborato lo studio STURDY (Study To Understand fall Reduction and vitamin D in You) in modo da valutare la relazione dose-risposta dell’integrazione vitaminica con quattro differenti dosaggi di vitamina D.
Le caratteristiche dello studio
Si tratta di uno studio strutturato in due fasi, di tipo adattativo (“response-adaptive”): la prima fase con l’obiettivo di individuare il dosaggio di vitamina D ottimale nella prevenzione delle cadute tra i 3 proposti: 1000, 2000 e 4000 UI/die; la seconda per valutare i risultati tra la dose ottimale precedentemente selezionata e la dose di controllo (200 UI/die).
La dose di controllo è stata definita partendo dal presupposto che la sua assunzione, sommata alla normale assunzione alimentare di vitamina D, non avrebbe determinato una dose giornaliera complessiva superiore alle 800 UI/die; ovvero l’apporto giornaliero consigliato di vitamina D per la fascia di età considerata.
Lo studio ha visto la partecipazione di 688 persone, residenti nelle comunità di Hagerstown e Woodlawn, nel Maryland, di età pari o superiore a 70 anni, con elevato rischio di caduta e bassi livelli di vitamina D sierica. Tra le 688 persone arruolate nella sperimentazione, l’età media all’ingresso nello studio era di 77,2 anni; il 56,4% erano uomini; il 18,2% erano afroamericani; il livello totale medio di 25-(OH)D era 55,3 nmol/l. Sono stati applicati i seguenti criteri di esclusione dallo studio: presenza di deficit cognitivo, ipercalcemia, calcolosi reno-uretero-vescicale e supplementazione in atto con vitamina D in dosi maggiori di 1000 UI/die o con calcio a dosi superiori a 1200 mg/die.
Il rischio di caduta è stato definito dalla presenza di uno o più dei seguenti criteri: due o più cadute o almeno una caduta rovinosa nell’anno antecedente; paura di cadere a causa di problemi di equilibrio o di deambulazione; difficoltà a mantenere l’equilibrio; uso di dispositivi durante la deambulazione.
Per bassi livelli di vitamina D sierica si è preso in considerazione un valore compreso tra i 25 e i 72,5 nmol/l di 25-(OH)D misurata mediante cromatografia liquida calibrata ad alte prestazioni e spettrometria di massa tandem
Lo studio ha registrato (outcome primario) il momento della prima caduta o la morte del soggetto entro due anni dall’inizio della sperimentazione. Naturalmente, sono stati presi in considerazione ai fini della sicurezza dello studio, i tassi di eventi avversi gravi (quali cadute risultanti in frattura o lussazione o associate a un ricovero in ospedale) potenzialmente correlati alle varie supplementazioni di vitamina D. Il monitoraggio è stato effettuato mediante l’invio, da parte dei partecipanti stessi, di report mensili, visite mediche trimestrali programmate e contatti telefonici.
I risultati ottenuti
Delle 688 persone arruolate nella sperimentazione, 667 hanno completato lo studio; tra questi si sono registrate 423 cadute e 10 morti. Il tempo medio di osservazione è stato di 22 mesi. I restanti 21 partecipanti (ovvero il 3,1%) hanno lasciato lo studio in anticipo.
Durante la prima fase (ricerca di dose ottimale), i pazienti sono stati randomizzati nei 4 gruppi di possibili dosi giornaliere di vitamina D: 200 UI/die (gruppo di controllo), 1000 UI/die, 2000 UI/die o 4000 UI/die. In seguito al riscontro di un più elevato tasso di ospedalizzazione e morte nei soggetti che hanno ricevuto la dose di 2000 o 4000 UI/die, la dose di 1000 UI/die è stata dichiarata la dose migliore e, da quel momento è iniziata la fase due: i partecipanti in precedenza assegnati al gruppo di controllo sono passati nel gruppo di somministrazione di 1000 UI/die e nuovi partecipanti sono stati arruolati nel gruppo di controllo. Al termine del periodo di osservazione è risultato che chi aveva ricevuto supplementazione a più alte dosi di vitamina D (1000 UI/die) non ha mostrato un vantaggio statisticamente significativo rispetto al gruppo di controllo (200 UI/die).
I limiti dello studio
- Il gruppo di controllo ha ricevuto 200 UI di vitamina D al giorno, anziché un placebo. Pertanto non si può escludere che la supplementazione con 200 UI/die sia efficace nel prevenire il rischio di caduta.
- Sebbene avessero un basso livello di vitamina D sierica, sono state arruolate nello studio persone già in trattamento con una supplementazione di vitamina D inferiore o pari a 1000 UI/die.
- Nonostante l’utilizzo di report mensili, visite programmate e contatti telefonici ad hoc sia ritenuto un approccio standard per l’accertamento delle cadute, la loro segnalazione era fondamentalmente auto-riferita dagli stessi partecipanti allo studio.
- I partecipanti avevano tutti un’età pari o superiore a 70 anni e ad alto rischio di cadute. I risultati ottenuti dallo studio potrebbero quindi non essere generalizzabili.
Quali le novità
I risultati ottenuti da questo studio hanno diverse implicazioni. Innanzitutto, il riscontro di un numero maggiore di eventi avversi associato a un alto dosaggio di vitamina D (2000 o 4000 UI/die), non soltanto aiuta a spiegare l’eterogeneità dei risultati emersi dalle sperimentazioni precedenti, ma sconsiglia l’integrazione vitaminica per la prevenzione delle cadute in persone anziane senza osteoporosi o carenza di vitamina D.
Inoltre, l’evidenza che nelle persone anziane con elevato rischio di caduta e bassi livelli sierici di 25-(OH)D la supplementazione con 1000 UI/die di vitamina D non mostra un’efficacia superiore rispetto alla supplementazione con 200 UI/die, dovrebbe condurre a una revisione della dose massima di vitamina D ritenuta sicura, visto e considerato l’uso diffuso di supplementazione vitaminica al dosaggio di 1000 UI/die o superiore.
A cura di Francesco Murano