Riferimento bibliografico

Gibson, A. A., Gale, J., Stamatakis, E., Lindley, R. I., Fontana, L., Cistulli, P. A., & Nassar, N. (2023). Impact of lifestyle risk factors on admission to nursing home care: a cohort study of 127 108 people aged 60 years and over. Journal of epidemiology and community health, 77(11), 744–751.

In sintesi

Lo studio ha valutato l’associazione tra i fattori di rischio legati allo stile di vita e l’ingresso nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) su una coorte di 127.108 individui australiani, documentando che fumo, attività fisica, comportamento sedentario, durata del sonno e qualità della dieta influenzano, sia singolarmente che in maniera cumulata, la probabilità di essere ammessi in una struttura per anziani. In particolare, il fumo ha mostrato la più forte associazione con l’ammissione in RSA.
Inoltre, le persone più giovani (60-64 anni) che hanno comportamenti classificati ad alto rischio hanno anche maggior probabilità di istituzionalizzazione.

Il contesto e il punto di partenza

L’invecchiamento della popolazione è un rilevante problema economico e sociale che interessa quasi tutti i paesi del mondo. Con l’avanzare dell’età, come risultato dell’aumento dell’incidenza di patologie e della disabilità, il ricorso ai servizi sanitari diviene più frequente. In particolare, le RSA sono strutture residenziali che assicurano assistenza sociosanitaria alle persone non autosufficienti o con disabilità.
Studi precedenti hanno ormai documentato l’impatto che i fattori di rischio legati allo stile di vita hanno sulla progressione delle malattie croniche, quali diabete, malattie cardiovascolari, cancro e demenza, che sono spesso causa di ammissione in RSA. Nonostante questa comprensione, l’associazione diretta tra questi fattori di stile di vita e il rischio di ammissione in RSA rimane poco esplorato.

Le caratteristiche dello studio

Lo studio “The Sax Institute’s 45 and Up” ha utilizzato un disegno di coorte prospettico e ha coinvolto 267.153 uomini e donne australiani ultra-quarantacinquenni. Per questo progetto, sono stati analizzati solo i dati delle persone con più di 60 anni, età in cui il numero di ammissioni in RSA aumenta. Lo studio ha seguito i partecipanti per un tempo medio di 10,3 anni. I partecipanti hanno fornito il consenso affinché gli autori potessero reperire i dati sanitari che li riguardavano sul database sanitario nazionale. Sono stati consultati, inoltre, il database NSW Admitted Patient Data Collection per valutare i ricoveri ospedalieri e il Registry of Births, Deaths and Marriages per tener conto di un eventuale decesso del partecipante.
Al momento del reclutamento, le persone hanno compilato un questionario che indagava le loro abitudini di vita, in particolare riguardo a fumo, attività fisica, sedentarietà, durata del sonno e dieta. Le loro risposte sono state classificate in tre gruppi di rischio (basso, medio, alto) in base al livello di aderenza alle linee guida nazionali di salute, assegnando rispettivamente un punteggio pari a 2, 1 e 0.

Per ottenere un punteggio cumulato sullo stile di vita, le risposte a ciascun fattore di rischio sono stati sommati, ottenendo uno score compreso tra 0 e 10 (dove un punteggio più alto indicava uno stile di vita più sano). Il punteggio complessivo dello stile di vita è stato poi suddiviso in tre gruppi: basso rischio (punteggio 9-10), medio rischio (punteggio 6-8) e alto rischio (punteggio 0-5).

E’ stato utilizzato un modello a rischi proporzionali di Cox per determinare l’hazard ratio, correggendo per le seguenti covariate in modo sequenziale: valore non aggiustato, aggiustato per genere ed età, aggiustato per genere, età e disabilità fisica e aggiustato per genere, età, disabilità fisica e tutti i fattori clinici e demografici (livello socio-economico, istruzione, stato civile, BMI, patologie croniche, ecc.).

I risultati ottenuti

Su 127.108 partecipanti, il 25% delle persone è stato considerato a basso rischio (più sani), il 62% a medio rischio, mentre il 14% ad alto rischio (meno sani). Rispetto ai soggetti più sani, gli individui nel gruppo ad alto rischio erano prevalentemente uomini obesi, con età ≥ 85 anni, di basso status social, affetti da malattie croniche e/o disabilità.
Complessivamente il 18% (n=23.094) dei partecipanti è stato istituzionalizzato in RSA. Dopo aver aggiustato per i fattori confondenti, tutti i fattori di rischio legati allo stile vita, ad eccezione della dieta sono risultati associati all’ingresso in RSA. Infatti, rispetto a coloro che avevano abitudini più sane, i soggetti meno sani avevano un tasso di rischio di essere ammessi in RSA statisticamente associato all’abitudine del fumo HR 1,55 (IC 95% 1,45 to 1,66), ad una bassa qualità del sonno HR 1,29 (IC 95% 1,22 to 1,38), ad una ridotta attività fisica HR 1.19 (95% CI 1,16 1,23) o alla sedentarietà HR 1,12 (95% CI 1,07 to 1,17).
Anche il punteggio cumulato sullo stile di vita è risultato associato all’ingresso in RSA; infatti, avere complessivamente uno stile di vita meno sano faceva aumentare del 43% il tasso di rischio di ingresso in RSA (HD 1,43, IC 95% 1,36 to 1,50).

Analisi stratificate per età hanno rivelato che l’impatto dei fattori di stile di vita sull’ammissione in RSA era più marcato negli individui di età compresa tra 60-64 anni e diminuiva con l’età.

Limiti dello studio

Nell’interpretazione dei risultati dello studio occorre tenere in considerazione alcuni limiti. Primo, le abitudini di vita dei partecipanti sono state rilevate come misure self-report, ciò significa che potrebbero essere distorte. Secondo, non sono state accertate le ragioni che hanno comportato gli ingressi in RSA o le comorbilità al momento dell’ammissione, variabili che avrebbero permesso di ottenere preziose informazioni. Infine, non è stato tenuto conto della solitudine e dell’isolamento sociale degli individui, importanti predittori di salute fisica e mentale.

Quale la novità

Per la prima volta è stato documentata un’associazione diretta tra i fattori di rischio legati allo stile di vita e la probabilità di ingresso in RSA.

Quali le prospettive

I risultati dello studio documentano che è possibile ritardare o prevenire l’ingresso in RSA tra gli anziani che hanno abitudini di vita scorrette, promuovendo uno stile di vita sano. Per contenere la spesa legata all’assistenza degli anziani istituzionalizzati, i governi dovrebbero essere incentivati ad investire nell’assistenza sanitaria preventiva e negli interventi di promozione della salute.

 

A cura di Ines Basso


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