Riferimento bibliografico
Bekelman DB, Feser W, Morgan B, Welsh CH, Parsons EC, Paden G et al. Nurse and Social Worker Palliative Telecare Team and Quality of Life in Patients With COPD, Heart Failure, or Interstitial Lung Disease: The ADAPT Randomized Clinical Trial. JAMA. 2024 Jan 16;331(3):212-223. doi: 10.1001/jama.2023.24035. PMID: 38227034; PMCID: PMC10792473.
In sintesi
I pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), insufficienza cardiaca (HF) e interstiziopatia polmonare (ILD) sperimentano una ridotta qualità di vita a causa di sintomi come ansia e depressione, soprattutto nelle fasi terminali della malattia. I programmi rivolti a questi pazienti spesso non prevedono approcci palliativi. Questo studio ha esaminato i risultati di un intervento di teleassistenza multidisciplinare palliativa, che prevedeva una serie di chiamate da parte di un infermiere e un assistente sociale specificamente formati. Dopo 6 mesi, è stato osservato un miglioramento clinicamente significativo della qualità di vita e dello stato di salute nei pazienti che hanno ricevuto l’intervento.
Il contesto e il punto di partenza
I pazienti affetti da patologie croniche possono manifestare anche per lunghi periodi sintomi come dispnea, affaticamento, dolore e disturbi del sonno, che compromettono la qualità di vita residua. Diverse società scientifiche raccomandano l’integrazione delle cure palliative nei percorsi terapeutici offerti a questi pazienti, percorsi che attualmente si concentrano sulla gestione dei sintomi correlati alle specifiche patologie. Dato il numero esiguo di operatori, l’offerta delle cure palliative a pazienti affetti da BPCO, HF e ILD richiede lo studio di nuovi modelli di assistenza. L’impiego di infermieri e assistenti sociali potrebbe non solo aumentare la portata del servizio, ma anche migliorare la gestione e l’integrazione socio-sanitaria-assistenziale.
Caratteristiche dello studio
Questo studio randomizzato controllato ha l’obiettivo di valutare l’efficacia di un intervento di teleassistenza palliativa condotto da infermieri e assistenti sociali (ADAPT) rispetto all’assistenza abituale gestita dal medico curante e dai medici specialisti. Lo studio è stato condotto negli USA. Sono stati reclutati in totale 306 pazienti (154 nel gruppo di intervento e 152 nel gruppo di controllo) con diagnosi di BPCO, HF o ILD, ad alto rischio di ospedalizzazione o morte entro l’anno successivo all’arruolamento. Nel gruppo di intervento i pazienti ricevevano due chiamate mensili, la prima da un infermiere e la seconda da un assistente sociale, per 6 mesi. L’infermiere effettuava una valutazione, offrendo un intervento educativo e supporto nella gestione dei sintomi rilevati. L’assistente sociale erogava un counselling strutturato per migliorare l’adattamento alla malattia. Un team multidisciplinare discuteva i casi settimanalmente. L’outcome primario era la qualità della vita, misurata con il questionario FACT-G, al basale e a 6 mesi. Questionari indicati per la rilevazione della qualità di vita patologia-specifica, di sintomi depressivi e ansia sono stati utilizzati per rilevare gli outcome secondari.
I risultati ottenuti
Alla prima rilevazione, i pazienti riportavano una scarsa qualità di vita e uno scarso stato di salute. Tra i 154 pazienti randomizzati nel gruppo sperimentale, 112 hanno effettivamente ricevuto l’ADAPT. A 6 mesi si è registrato un miglioramento statisticamente significativo (p=0.001) del punteggio del FACT-G nei pazienti sottoposti all’intervento. L’ADAPT si è dimostrato efficace anche nel migliorare lo stato di salute per i pazienti con BPCO e HF, i sintomi depressivi e l’ansia.
Limiti dello studio
Nonostante lo studio avesse l’intenzione di reclutare i pazienti più gravi, la bassa mortalità rilevata potrebbe indicare che i pazienti ad uno stadio di malattia avanzata non abbiano partecipato. Lo studio ha incluso un numero ridotto di partecipanti con ILD, e questo fa sì che le conclusioni sull’effetto dell’intervento su questa popolazione debbano essere interpretate con cautela.
Quali le novità
Rispetto ad altri interventi, l’ADAPT si distingue per essere un approccio unitario, che ha portato a significativi miglioramenti in pazienti con diverse patologie, non solo in termini di qualità complessiva della vita, ma anche nella riduzione della depressione e dei sintomi d’ansia. Inoltre questo approccio a distanza alle cure palliative può ampliare la portata del servizio anche in aree tradizionalmente prive di risorse.
Quali le prospettive
Studi futuri dovrebbero concentrarsi sull’implementazione di questo modello di assistenza in contesti più ampi e diversificati, valutandone non solo l’efficacia clinica, ma anche la sostenibilità economica e l’accettazione da parte dei pazienti e degli operatori sanitari. Nel contesto italiano potrebbe rappresentare uno strumento utile per le reti locali di cure palliative, per migliorare la presa in carico e la gestione dei pazienti sul territorio.
A cura di Matteo Maria De vecchi