Riferimento bibliografico

Ternacle J, Krapf L, Mohty D, Magne J, Nguyen A, Galat A, Gallet R, Teiger E, Côté N, Clavel MA, Tournoux F, Pibarot P, Damy T. Aortic Stenosis and Cardiac Amyloidosis: JACC Review Topic of the Week. J Am Coll Cardiol. 2019 Nov 26;74(21):2638-2651. doi: 10.1016/j.jacc.2019.09.056

In sintesi

Negli ultimi anni è stato evidenziato come la stenosi aortica spesso si accompagni alla presenza di amiloidosi cardiaca, malattia che coinvolge il muscolo del cuore determinando la comparsa di insufficienza cardiaca. Nel caso di sospetta amiloidosi cardiaca, è fondamentale l’esecuzione di esami strumentali appropriati, con lo scopo di eseguire la diagnosi e guidare la migliore strategia terapeutica.

Contesto e punti di partenza

I progressi scientifici in ambito medico degli ultimi anni hanno permesso di identificare con maggior efficacia patologie che fino a poco tempo fa erano considerate rare, come l’amiloidosi cardiaca. Questa è una malattia infiltrativa del cuore, legata soprattutto all’invecchiamento (in particolare nel caso della cosiddetta amiloidosi da transtiretina), in cui si verifica un accumulo di materiale dannoso, le fibrille di amiloide, all’interno del muscolo cardiaco. La presenza di fibrille di amiloide altera la funzione diastolica del cuore al punto da determinare la comparsa di insufficienza cardiaca. Grazie al miglioramento delle tecniche di imaging, negli ultimi anni è stato possibile identificare la presenza di amilodosi cardiaca con più precisione, permettendone quindi una gestione ottimale in tempi più rapidi.
Studi recenti, poi, hanno evidenziato che l’amiloidosi cardiaca è particolarmente frequente nei pazienti con stenosi aortica (fino al 15% dei casi). Una domanda sorge dunque spontanea: vi è un rapporto di causa-effetto tra l’amiloidosi cardiaca e la stenosi aortica? Gli autori della revisione della letteratura presa in esame hanno cercato di trovare una risposta.

Le caratteristiche dello studio

È stata effettuata una riesamina della più recente letteratura scientifica sull’argomento amiloidosi cardiaca e stenosi aortica, con lo scopo non solo di indagare la possibile relazione causale tra questi due disturbi, ma anche di analizzare le indagini diagnostiche più accurate e le migliori strategie terapeutiche a disposizione.

Risultati

Per quanto riguarda la fisiopatologia, l’accumulo di tessuto amiloide coinvolge non solo il muscolo cardiaco, ma può avvenire anche a livello delle valvole che mettono in comunicazione il cuore con vene e arterie. In particolare, accumulandosi sulla valvola aortica, le fibrille di amiloide potrebbero contribuire alla progressione del restringimento del suo lume che ne determina la stenosi, ipotesi che troverebbe conferma in numerosi studi autoptici e istologici. Inoltre, sia l’amiloidosi cardiaca sia la stenosi aortica determinano la comparsa di un significativo ispessimento delle pareti cardiache, che può portare a insufficienza cardiaca di tipo diastolico. In molti casi, quindi, la presenza di amiloidosi cardiaca potrebbe essere mascherata dalla contemporanea stenosi valvolare e allo stesso tempo potrebbe accentuarne i danni.

Gli autori si concentrano anche su un aspetto fondamentale per l’inquadramento di queste due patologie con lo scopo di guidarne la cura: lo screening e la diagnosi. Attualmente non vi sono evidenze a supporto di uno screening generale di tutta la popolazione con stenosi aortica nella ricerca della presenza di amiloidosi cardiaca. Bisogna però considerare che, nei pazienti con stenosi aortica, l’amilodosi cardiaca è più frequente nel sesso maschile rispetto a quello femminile e che vi sono una serie di caratteristiche cliniche che possono far sorgere il sospetto della coesistenza di queste due patologie. Tra queste, per esempio, la presenza del tunnel carpale bilaterale negli uomini; la necessità di impianto di pacemaker in età non avanzata; la presenza di sintomi e segni di scompenso cardiaco sproporzionati rispetto all’entità della stenosi aortica.

A questo punto vanno eseguiti accertamenti diagnostici, che, in caso di amiloidosi cardiaca, mostreranno caratteristiche specifiche, come bassi voltaggi all’elettrocardiogramma (nonostante la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra dovuta alla stenosi aortica) o disturbi di conduzione. Possono essere riscontrate anche alterazioni negli esami del sangue, come valori molto elevati di un marcatore specifico per lo scompenso, il NT-proBNP.

Per quanto riguarda la diagnosi, riveste un ruolo fondamentale l’ecocardiogramma transtoracico, che permette di individuare la presenza sia della stenosi aortica sia dei segni tipici dell’amiloidosi cardiaca (come la disfunzione diastolica, uno spiccato ispessimento delle pareti cardiache e anomalie del calcolo dello strain ventricolare, l’indice della contrattilità del miocardio). Come indagine di approfondimento, è possibile eseguire la risonanza magnetica cardiaca, che è in grado di identificare con alta sensibilità e specificità la presenza di amiloide a livello del muscolo cardiaco. Infine, come indagine diagnostica conclusiva, può essere eseguita la scintigrafia miocardica con particolari traccianti in grado di confermare la presenza di amiloidosi cardiaca.

Una volta confermata la diagnosi di entrambe le condizioni (amiloidosi cardiaca e stenosi aortica severa), è possibile curare la malattia valvolare con due diversi tipi di intervento: intervento cardiochirurgico o intervento percutaneo (TAVI – transcatheter aortic valve implantation). La scelta sarà guidata dalle problematiche cliniche e dalle caratteristiche del paziente. Considerata l’età avanzata e la maggior fragilità dei pazienti con amiloidosi cardiaca, spesso la scelta più favorevole è l’esecuzione dell’intervento percutaneo non chirurgico.

Limiti dello studio

Nonostante vi sia una ormai chiara associazione tra amiloidosi cardiaca e stenosi aortica, non vi sono ancora dati a sufficienza sull’opportunità di effettuare uno screening esteso nella popolazione con stenosi aortica per ricercare la concomitante presenza di amiloidosi cardiaca. Gli autori suggeriscono quindi di concentrarsi sui sintomi e caratteristiche cliniche sopra riportate, che servono a guidare il medico nell’esecuzione delle indagini più corrette per un’attenta diagnosi.

Prospettive future

Gli autori lanciano poi uno sguardo al futuro, introducendo gli studi clinici in corso, che saranno in grado di chiarire non solo i meccanismi fisiopatologici alla base dell’associazione di questi due disturbi, ma soprattutto di analizzare le migliori strategie di intervento per poter curare al meglio questa categoria di pazienti.

 

a cura di Giuseppe Patti ed Enrico Spinoni

 

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