Riferimento bibliografico

Christine M. Curley, Blair T. Johnson, Sexuality and ageing: Is it time for a new sexual revolution?, in Social Science & Medicine 301, 2022, 114865.

In sintesi

Questa breve review tratta in maniera provocatoria un tema di grande rilevanza sociale: le ricadute dello stigma dell’ageismo sulla sessualità delle persone anziane. La prospettiva di un invecchiamento che si vorrebbe “di successo” comporta nell’anziano, e nel modo in cui si guarda l’anziano nelle società occidentali, un carico di aspettative di alta performance. Si richiede, per dirla con altre parole, di non essere mai ‘vecchi’, neanche a letto.

Il contesto e il punto di partenza 

La ricerca internazionale sull’invecchiamento sano è favorita e incoraggiata dalla curva anagrafica dell’Occidente sviluppato. Tuttavia, l’inedito (da un punto di vista evolutivo) e generalizzato allungamento dell’aspettativa di vita ha fortemente condizionato il modello, o per meglio dire, il prototipo della “perfetta” persona anziana: dinamica, integrata, pro sociale, fisicamente in salute e sessualmente attraente.

Il modello dell’invecchiamento di successo connesso alla sfera sessuale finisce per proiettare sull’anziano un’aspettativa di comportamento ad alto funzionamento performativo. Secondo gli autori della review, si combinano, nelle nostre società, pregiudizi “macisti” – che impongono prestanza fisica negli uomini e sex appeal nelle donne, indipendentemente dall’età – con il retaggio delle libertà sessuali conquistate nei movimenti di contestazione degli Anni Sessanta e Settanta, periodi in cui sono cresciuti e maturati gli anziani di oggi. Lo scandalo sociale della vecchiaia, o per meglio dire, lo stigma che consegue dal pregiudizio sociale dell’invecchiamento di successo, non riguarda tanto l’accettazione di una sessualità ancora desiderante nelle persone anziane, quanto il non adeguamento di tale sessualità ai canoni macisti, che finiscono per inibire, in privato, la libertà stessa di dare espressione ai propri desideri.

Lo studio

Il punto di partenza dello studio è un assunto della psicologia sociale: il modo in cui gli individui vivono la propria attività sessuale è il risultato di una costruzione sociale. Un costruzione sociale che viene introiettata durante lo sviluppo e che condiziona nel bene e nel male donne e uomini, creando pattern comportamentali e aspettative, distinti per genere, e che possiamo riassumere – nella loro dimensione più rozzamente distorta eppure tanto diffusa nella nostra cultura – con le etichetteuomo forte, mascolino, dominatore” e “donna remissiva, disponibile, sessualmente attraente”.

Sebbene la rivoluzione sessuale risalente a più di cinquanta anni fa abbia contribuito non poco al superamento di questi pregiudizi, essi restano molto forti e pervasivi. Da qui la difficoltà per una persona anziana nel far corrispondere tale modello alla propria immagine allo specchio. Lo stigma, in pratica, richiede all’anziano di non sembrare ‘vecchio’, ma sempre giovanile. Il non sentirsi adeguati a tali precetti può generare sentimenti di bassa autostima, di non (auto)accettazione e rinforzare quelle tendenze all’isolamento molto diffuse nelle terza età, che, a loro volta, aumentano esponenzialmente il rischio di malattie fisiche e psichiche. In termini psicologici, il peso dello stigma ageista non è irrilevante, come è stato evidenziato da altre ricerche (Sinkovic e Towler 2019).

Il prototipo dell’anziano “sempre giovane” mal si addice a chi, anche in età avanzata, non vuole rinunciare alla soddisfazione del proprio desiderio sessuale.

Il Global Study of Sexual Attitudes and Behaviors (GSSAB) ha evidenziato da tempo le associazioni positive tra benessere sessuale e salute psico-fisica (Laumann et al. 2006). Quindi, proprio in virtù del perseguimento di un invecchiamento sano e costruttivo, la ricerca della soddisfazione sessuale non può cessare sotto i colpi inibitori dello stigma ageista.

Conclusioni

Il merito della review è di far riflettere su alcuni “effetti collaterali”, di tipo psicosociale, che i buoni principi e propositi delle politiche salutari intorno all’invecchiamento sano, volenti o nolenti, hanno finito per produrre. Per voltare pagina e perseguire veramente un invecchiamento salutare, gli autori si domandano se siamo pronti, tutti noi, ad accettare una nuova cultura della sessualità ritagliata sui bisogni e le possibilità della Terza Età.

Per attivare questo cambiamento è necessario promuovere un cambio di paradigma, una nuova rivoluzione sessuale che stravolga il senso del concetto di ‘invecchiamento sano’, pronto ad essere riconvertito da “invecchiamento di successo” (nozione che rimanda a una dimensione performativa e che va implicitamente a contrapporsi a quella di invecchiamento fallibile) a “esperienza di invecchiamento”. In questa nuova visione fenomenologica della terza età, il passaggio del tempo non sta a indicare un appassimento della vita da medicalizzare, ma un’esperienza di vita e di cambiamento da accogliere. Cambiamento è la parola-chiave indicata dagli autori dell’articolo, e che si addice bene alla sfera sessuale. Il cambiamento dell’esperienza sessuale consisterebbe nella ridefinizione di prossimità col partner, di intimità, autenticità, all’insegna di approcci comportamentali trasformativi e aperti a una sessualità diversa e variegata.

A cura di Emiliano Loria


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