Riferimento bibliografico
Patel, B. K., Wolfe, K. S., Patel, S. B., Dugan, K. C., Esbrook, C. L., Pawlik, A. J., Stulberg, M., Kemple, C., Teele, M., Zeleny, E., Hedeker, D., Pohlman, A. S., Arora, V. M., Hall, J. B., & Kress, J. P. (2023). Effect of early mobilisation on long-term cognitive impairment in critical illness in the USA: a randomised controlled trial. The Lancet. Respiratory medicine, S2213-2600(22)00489-1.
In Sintesi
Obiettivo di questo studio, era quello di valutare se, la mobilizzazione precoce, in pazienti funzionalmente indipendenti e ventilati meccanicamente in un reparto in terapia intensiva, potesse ridurre i tassi di deterioramento cognitivo, rispetto all’assistenza abituale. In dimissione e a un anno dal ricovero in terapia intensiva, il gruppo di intervento mostrava una riduzione significativa del deterioramento cognitivo. Per tale ragione, gli autori sottolineano l’importanza nell’avvio della mobilizzazione precoce, iniziando il trattamento entro le prime 96 ore per i pazienti con ventilazione meccanica.
Il contesto e il punto di partenza
È noto come il deterioramento cognitivo a lungo termine colpisce circa la metà dei pazienti critici con insufficienza respiratoria o shock. Tuttavia, non è ancora stato chiaramente identificato un trattamento che riduca il deterioramento cognitivo nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, sottoposti a ventilazione meccanica. Trattamenti farmacologici curativi o preventivi non si sono mostrati efficaci. D’altra parte, trattamenti non farmacologici, come la mobilizzazione precoce, si sono mostrati efficaci per la riduzione del delirium. A riguardo, è stata condotta una revisione Cochrane che valutava l’efficacia della mobilizzazione precoce con lo scopo di migliorare funzioni fisiche e funzionali, senza trovare una chiara risposta a causa di una elevata eterogeneità dei trattamenti e di numerosità campionaria insufficiente.
Le caratteristiche dello studio
È stato condotto, presso la terapia intensiva dell’ospedale accademico dell’Università di Chicago, uno studio randomizzato controllato, monocentrico.
Tutti i pazienti > 18 anni, che presentavano la necessità di ventilazione meccanica per almeno 96h e che presentavano un Barthel Score > di 70, necessario per identificare pazienti funzionalmente indipendenti, sono stati inclusi. Esclusi, invece, tutti i pazienti che presentavano eventi clinici quali: alterazione delle funzioni neurologiche dovuti a stroke, emorragia cerebrale, epilessia; arresto cardiaco; pressione intracranica elevata; gravidanza; condizioni terminali (aspettativa di vita <6 mesi); lesione cerebrale traumatica; fratture multi-articolari o fratture pelviche.
L’outcome primario è stato la valutazione del deterioramento cognitivo a un anno, definito come un punteggio del Montreal Cognitive Assessment inferiore a 26. Si tratta di uno strumento di screening che valuta più domini cognitivi, ha un’alta sensibilità per rilevare il deterioramento cognitivo ed è considerato un possibile strumento di screening nella popolazione post-ricovero in terapia intensiva.
Tra gli outcome secondari sono stati valutati: il deterioramento cognitivo alla dimissione dall’ospedale; la debolezza acquisita in terapia intensiva, sia alla dimissione dall’ospedale che a un anno di distanza; la qualità della vita alla dimissione dall’ospedale, e a un anno; giorni liberi da ricovero a un anno.
I risultati ottenuti
Tra il 2011 e il 2019, 1.222 pazienti sono stati valutati per l’eleggibilità, di cui 200 (16.4%) sono stati inclusi e assegnati casualmente alla cura abituale (n=100) o alla mobilizzazione precoce (n=100). Un paziente per ciascun gruppo si è ritirato dallo studio. Il tasso di deterioramento cognitivo a 1 anno nel gruppo di intervento è stato del 24% (24 su 99 pazienti) rispetto al 43% (43 su 99) dei soggetti sottoposti alle cure abituali (p=0-0043).
Il deterioramento cognitivo è risultato inferiore alla dimissione ospedaliera nel gruppo di intervento (53 [54%] 99 pazienti vs 68 [69%] 99 pazienti; p=0-029). A un anno, i pazienti sottoposti a mobilizzazione precoce hanno avuto meno debolezza neuromuscolare acquisita in terapia intensiva (nessuno [0%] dei 99 pazienti vs 14 [14%] dei 99 pazienti; p=0-0001).
Non c’è stata alcuna differenza significativa per gli altri outcome presi in studio.
Tuttavia, sette eventi avversi (alterazioni emodinamiche [n=3], rimozione del catetere arterioso [n=1], dislocazione del tubo rettale [n=1] e distress respiratorio [n=2]) sono stati riportati in sei (6%) pazienti del gruppo di intervento e in nessuno dei pazienti del gruppo di cura abituale (p=0-029).
Limiti dello studio
Questo studio presenta diversi limiti. Innanzitutto, il disegno monocentrico e le piccole dimensioni del campione limitano la generalizzabilità dei risultati. Inoltre, gli autori riferiscono che nel reparto di terapia intensiva dove è stato condotto lo studio, i tassi di coma e delirio sono nettamente inferiori rispetto ad altre realtà ospedaliere. Ciò giustifica la necessità di condurre ulteriori studi multicentrici, in terapia intensiva dove coma e delirio sono più comuni.
Inoltre, i trattamenti successivi alla randomizzazione, come il proseguimento dei servizi di riabilitazione, la terapia cognitiva o la somministrazione di farmaci psicoattivi, non sono stati misurati e potrebbero alterare i risultati di questo studio.
Quale la novità e le prospettive
Il deterioramento cognitivo a lungo termine colpisce circa la metà di tutti i pazienti sopravvissuti dopo la ventilazione meccanica, eppure le strategie adottate finora; per prevenire o attenuare questa complicanza, sono state poco efficaci.
I risultati di questo studio suggeriscono che l’implementazione della mobilizzazione precoce all’interno di un ICU care bundle è necessaria perché ha benefici sostanziali sulla disabilità a lungo termine. Ad oggi, meno del 10% dei pazienti ventilati meccanicamente svolge attività fisica, come suggerito dagli autori.
Attualmente, questo è il primo intervento che ha dimostrato di ridurre il deterioramento cognitivo a lungo termine e la debolezza neuromuscolare, migliorando la qualità di vita nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica.
A cura di Privitera Daniele RN, PhD student