Riferimento bibliografico
Angelino D, Pietrangeli F, Serafini M. Early Dinner Time and Caloric Restriction Lapse Contribute to the Longevity of Nonagenarians and Centenarians of the Italian Abruzzo Region: A Cross-Sectional Study. Frontiers in Nutrition. 2022;9:863106. Published 2022 Mar 22.
In sintesi
Pur essendo l’aspettativa della vita umana in aumento a livello globale, esistono nel mondo aree geografiche caratterizzate da una longevità peculiare. Questo fenomeno ha suscitato l’interesse di numerosi studiosi, che negli ultimi anni si sono concentrati sul ruolo delle abitudini alimentari come potenziali determinanti della longevità. Questo studio, in particolare, evidenzia una spiccata aderenza degli over 90 abruzzesi ad una tradizionale pratica di restrizione calorica a cadenza circadiana, vale a dire una pausa della durata di circa 17 ore tra la cena e il pranzo successivo, interrotta solamente da una colazione salata, ovvero lo “sdijuno”.
Il contesto e il punto di partenza
Negli ultimi decenni l’aspettativa di vita ha continuato ad aumentare, tanto che le previsioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stimano che entro il 2100 il numero dei centenari raggiungerà i 19 milioni.
Numerosi studi si sono occupati di descrivere e indagare i fenomeni alla base della peculiare longevità che caratterizza alcune aree geografiche, tra cui la regione sarda dell’Ogliastra, l’isola greca di Icaria e alcune zone del Giappone.
In particolare, negli ultimi anni ha suscitato l’interesse degli studiosi l’impatto delle abitudini alimentari su questo fenomeno. Diversi studi epidemiologici hanno evidenziato come l’abitudine di cenare a tarda sera sia associata ad una maggiore incidenza di patologie cardiovascolari. La spiegazione è che nelle ore serali si osserva una maggiore insulino-resistenza, con aumento degli acidi grassi liberi nel plasma e riduzione della concentrazione di insulina, con conseguente aumento della glicemia post-prandiale e dello stress metabolico.
In questo contesto si inserisce lo studio qui riportato, che analizza le abitudini alimentari in Abruzzo, regione che secondo i dati ISTAT figura tra le dieci aree italiane a maggior concentrazione di novantenni (2.43% dei novantenni italiani) e centenari (2.82% dei centenari italiani); in particolare si è posto il focus sulla pratica dello “sdijuno”, ovvero il cenare presto, mantenendo un intervallo quotidiano di restrizione calorica che dura fino al pranzo del giorno successivo, interrotto solamente da una leggera colazione della mattina .
Le caratteristiche dello studio
Questo lavoro si basa su uno studio cross-sezionale condotto nella provincia dell’’Aquila tra settembre 2019 e giugno 2020.
Lo studio ha incluso 48 soggetti con età maggiore o uguale a 90 anni al momento dell’intervista (46 con età compresa tra 90 e 99 anni e 22 centenari), nati e vissuti in Abruzzo per gran parte della loro vita, in adeguate condizioni di salute generali e intellettualmente attivi.
I partecipanti sono stati reclutati mediante annunci pubblici, social networks e conoscenze personali e successivamente valutati da un nutrizionista che, in presenza di un familiare, ha raccolto informazioni generali circa lo stato di salute (sesso, età, peso corporeo, altezza, presenza di patologie croniche in particolare metaboliche e cardiovascolari) e l’oggetto dello studio: orari dei pasti principali durante l’età giovanile ed anziana, classi di alimenti consumati (mediante il FFQ, food frequency questionnaire), provenienza delle provviste alimentari e attività fisica svolta in termini di minuti/settimana nel corso della vita. Lo scopo dello studio è stato indagare l’orario dei pasti principali, l’aderenza alla pratica dello “sdijuno”, le classi di alimenti consumati e il grado di attività fisica svolta nel corso della vita da soggetti novantenni e centenari abruzzesi.
I risultati ottenuti
I partecipanti allo studio sono risultati tutti normopeso e, ad eccezione dell’ipertensione (prevalenza del 72%), è stata riscontrata una bassa frequenza di altre patologie metaboliche, come ipertrigliceridemia (4%), diabete mellito (14%) e ipercolesterolemia (19%).
Circa il 90% dei partecipanti allo studio ha affermato di essere aderente alla pratica dello “sdijuno”, con una cena che avveniva in media alle ore 19:13, una colazione ipocalorica (200–300 kcal) attorno alle 6:18 e un pranzo alle 12:38 circa. Pertanto, la quasi totalità degli over 90 e centenari che hanno partecipato allo studio hanno praticato nel corso della loro vita una restrizione calorica circadiana che prevedeva una pausa di circa 17-18 ore dalla cena al pranzo successivo.
Dallo studio non sono emerse differenze significative tra le abitudini alimentari del gruppo degli over 90 e dei centenari, che peraltro risultano molto vicine ai pilastri della dieta mediterranea: consumo quasi quotidiano di vegetali, cereali e legumi, consumo moderato (4-5 volte/settimana) di prodotti animali, latte e latticini e consumo sporadico, riservato ad occasioni particolari, di dolciumi. L’unico dato che si discosta dagli schemi della dieta mediterranea è un maggiore utilizzo nella popolazione in studio di grassi animali (68% dei centenari) rispetto all’olio di oliva; dati analoghi sono emersi da un recente studio condotto in Sardegna, che rientra anch’essa tra le blue zones, ovvero aree ad elevata longevità. È stata inoltre indagata la provenienza degli alimenti utilizzati per preparare i pasti ed è emerso che quasi il 95% della popolazione in studio preparava i pasti con materie prime autoprodotte, il 30 dei novantenni e il 35% dei centenari usava alimenti scambiati con i vicini e infine il 20% dei novantenni e il 46% dei centenari comprava gli alimenti da venditori locali.
Si è infine indagato su un altro pilastro necessario alla costruzione di una vita sana: l’attività fisica. La quasi totalità dei partecipanti si è mostrata attiva nel corso della sua vita, con un 74% dei novantenni e 45% dei centenari che era ancora attivo al momento dell’indagine; solo il 3% dei novantenni e nessuno dei centenari ha riferito una scarsa attività fisica nel corso della vita.
Limiti dello studio
Il principale limite dello studio è rappresentato dalla bassa numerosità del campione , che include inoltre soggetti residenti in una sola provincia abruzzese, L’Aquila; pertanto, i risultati ottenuti potrebbero non essere applicabili al resto della regione o ad altri contesti geografici.
Inoltre, lo studio si è basato su un’indagine retrospettiva in novantenni e centenari riguardante i precedenti 60 anni di vita, che in questi soggetti non includono interamente l’età giovanile; inoltre, la precisione dei dati raccolti potrebbe risultare inficiata dall’accuratezza imperfetta dei ricordi circa le abitudini alimentari in età giovanile in questi soggetti grandi anziani.
Infine, il food frequency questionnaire non consente un’analisi quantitativa dell’alimentazione, ma solamente quanto riguarda i gruppi di alimenti consumati e la loro frequenza.
Quale la novità
Che le abitudini alimentari avessero un impatto sullo stato di salute degli individui e sul processo fisiologico dell’invecchiamento era un dato già noto da precedenti studi. Questo lavoro introduce un potenziale ruolo dell’orario dei pasti principali e di una restrizione calorica basata sul ritmo circadiano nel determinare la longevità della popolazione in studio, in associazione alla pratica di attività fisica e ad uno schema nutrizionale sovrapponibile a quello della dieta mediterranea.
Quali le prospettive
Da questo lavoro emerge l’importanza della pratica della restrizione calorica basata sul ritmo circadiano all’interno di una piccola popolazione di over 90 e centenari abruzzesi nel determinarne la longevità; tuttavia, saranno necessari ulteriori studi a maggiore numerosità campionaria e il confronto con gruppi demografici che non praticano lo “sdijuno” o regimi alimentari analoghi per determinare l’effettivo peso di questo dato sul processo di invecchiamento.
Nonostante questi limiti, si tratta di un riscontro importante, dal momento che in letteratura diversi studi hanno già dimostrato come intervalli a ridotto introito calorico abbiano un ruolo positivo nella modulazione della sensibilità all’insulina e dell’attività delle Beta-cellule pancreatiche mediante la modulazione del microbioma intestinale. Pertanto, la circadianità di questo ciclo metabolico, ripetuta per decine di anni, potrebbe avere effettivamente un impatto sia sul controllo glicemico sia sul metabolismo lipidico, e conseguentemente sul rischio cardiovascolare, giocando un ruolo nel processo di invecchiamento e nel favorire la longevità dell’individuo.
A cura di Sara Casella