Riferimento bibliografico
Taylor LM, Parsons J, Moyes SA, Binns E, Cavadino A, Taylor D, Lord S, Del Din S, Klenk J, Rochester L, Kerse N. Effects of an Exercise Program to Reduce Falls in Older People Living in Long-Term Care: A Randomized Controlled Trial. J Am Med Dir Assoc. 2024 Feb;25(2):201-208.e6. doi: 10.1016/j.jamda.2023.10.022. Epub 2023 Nov 29. PMID: 38042173.
In sintesi
Le cadute rappresentano un problema di rilevante impatto sulla salute degli anziani, in particolare di quelli istituzionalizzati. Questo ha reso necessaria l’implementazione di strategie preventive e ha motivato la conduzione dello studio di cui ci occupiamo, finalizzato a valutare l’efficacia di programmi di esercizi di resistenza e di equilibrio nella riduzione dell’incidenza annua di cadute, nonché delle fratture e delle ospedalizzazioni ad esse correlate.
I risultati dello studio non hanno dimostrato un’efficacia statisticamente significativa dell’intervento, sebbene l’interpretazione dei dati sia limitata dall’interruzione precoce della raccolta e dalla presenza di pazienti affetti da demenza, i quali hanno mostrato una minore aderenza ai programmi di esercizio.
Il contesto e il punto di partenza
Negli anziani residenti in RSA, il rischio di ospedalizzazione a seguito di una caduta è tre volte maggiore rispetto ai coetanei che vivono a domicilio, e circa il 60% degli ospiti subisce almeno una caduta all’anno. È noto che esercizi di equilibrio e training funzionale riducono il rischio di cadute nei pazienti non istituzionalizzati; tuttavia, sono disponibili meno dati sugli anziani che vivono in RSA, i quali presentano un rischio più elevato di cadute e, allo stesso tempo, maggiori difficoltà di adesione a programmi di esercizio fisico, a causa di condizioni come decadimento cognitivo, fragilità e dipendenza da terzi.
Le caratteristiche dello studio
Il trial randomizzato controllato in doppio cieco è stato condotto in 25 residenze sanitarie neozelandesi. Sono stati arruolati residenti con età superiore ai 65 anni, con capacità di deambulazione autonoma o assistita, randomizzati nei gruppi di intervento e controllo, con stratificazione in base alla struttura di residenza e al livello di assistenza. Il gruppo di intervento ha seguito un protocollo di allenamento progressivo, comprendente esercizi di potenziamento muscolare a corpo libero, con incremento graduale delle ripetizioni e variazione della velocità e dell’ampiezza dei movimenti, oltre a esercizi di equilibrio caratterizzati da una progressiva riduzione del supporto esterno e dall’introduzione di compiti motori combinati. Al contrario, il gruppo di controllo ha svolto attività sedentarie, prive di resistenza o progressioni.
Lo studio è durato 12 mesi e ha ricercato come outcome primario il numero di cadute nel periodo in esame e come outcomes secondari il rischio di cadute e le ospedalizzazioni e fratture correlate a cadute.
I risultati ottenuti
Lo studio non ha rilevato differenze statisticamente significative nel tasso di cadute o nel rischio di caduta a 12 mesi tra il gruppo di intervento e quello di controllo, tra i partecipanti con migliori capacità fisiche e cognitive all’interno di RSA a medio-alta intensità di cura. Tuttavia, gli autori hanno ritenuto questi risultati di limitata rilevanza, poiché oltre un terzo dei partecipanti (37% nel gruppo di intervento e 35% nel gruppo di controllo) ha interrotto il programma di esercizi a causa della pandemia da SARS-CoV-2, per ridotta mobilità dovuta alle restrizioni o per decesso. L’assenza di un effetto significativo è coerente con i risultati dello studio sul programma Sunbeam, che ha dimostrato come per ottenere una riduzione del tasso di cadute nel contesto delle RSA sia necessaria una frequenza minima di 30 ore di allenamento distribuite in 25 settimane .
Limiti dello studio
La principale limitazione dello studio è costituita dall’interruzione prematura della partecipazione in una quota significativa del campione, con conseguente riduzione della potenza statistica nell’individuare differenze nei tassi di caduta tra i gruppi. Inoltre, la bassa frequenza delle sessioni di allenamento potrebbe essere parzialmente attribuibile alla presenza di demenza e a condizioni di fragilità, maggiormente prevalenti in una sottopopolazione dei partecipanti.
Quale la novità
Il principale punto di forza dello studio risiede nell’ampiezza dei criteri di inclusione, nella valutazione sistematica della capacità deambulatoria nei pazienti istituzionalizzati e nell’adeguata stratificazione del rischio di caduta in base al livello di mobilizzazione del soggetto.
Quali le prospettive
Innanzitutto, sarebbe opportuno replicare il trial in un contesto non influenzato dalla pandemia, al fine di valutare con maggiore accuratezza l’effettiva efficacia delle strategie di intervento analizzate.
Un ulteriore aspetto da considerare riguarda l’idoneità degli anziani affetti da demenza o da condizioni di fragilità a trarre beneficio da programmi di allenamento di questo tipo. Infatti, da un lato, questi soggetti presentano una minore propensione a seguire in modo efficace i protocolli di esercizio, compromettendone l’efficacia sin dall’inizio. Dall’altro, evidenze precedenti suggeriscono che, anche in presenza di un’aderenza comparabile tra individui con e senza decadimento cognitivo, l’efficacia dell’intervento risulta inferiore nei pazienti con demenza.
A cura di Sara Casella