Riferimento bibliografico
Boak J, Rasekaba T, Baxter P, Blackberry I. How is complexity measured and detected among community dwelling older people aged 65 years and over? A scoping review. J Adv Nurs. 2024 Jan;80(1):84-95. doi: 10.1111/jan.15824.
In sintesi
Questa revisione della letteratura esamina come può essere rilevata e misurata la complessità assistenziale negli anziani che vivono a domicilio e hanno un’età pari o superiore a 65 anni. Nonostante il crescente bisogno di cure personalizzate e centrate sulla persona nelle popolazioni che invecchiano, manca ancora un metodo standardizzato per valutare la complessità dei bisogni socio-sanitari degli anziani. Analizzando quattro studi idonei, la revisione identifica e valuta quattro strumenti di valutazione. Tra questi, due – il Patient Complexity Instrument e il Flourish Index – si distinguono per l’approccio olistico e la potenziale efficacia nel misurare la complessità in modo strutturato e riproducibile. La revisione sottolinea l’importanza di integrare fattori psicosociali, ambientali e clinici nei processi valutativi per sostenere il processo decisionale, in particolare per gli infermieri che operano in contesti comunitari privi di équipe multidisciplinari strutturate.
Il contesto e il punto di partenza
Con l’invecchiamento della popolazione mondiale, cresce la quota di anziani che necessita di supporto per continuare a vivere in modo indipendente. Tuttavia, l’invecchiamento non è un processo omogeneo: persone della stessa età possono presentare grandi differenze in termini di stato di salute, funzione cognitiva, mobilità e resilienza psicosociale. Queste differenze comportano bisogni eterogenei, spesso aggravati da multimorbilità, polifarmacoterapia, vulnerabilità ambientali e livelli diversi di supporto sociale.
I servizi infermieristici che operano a livello domiciliare e comunitario rivestono un ruolo fondamentale nell’identificazione e nella gestione di questi bisogni. Tuttavia, non esiste una definizione condivisa di “complessità” né strumenti validati universalmente per rilevarla. Le valutazioni si basano spesso sul giudizio clinico degli infermieri, con conseguenti variabilità e soggettività nei piani di assistenza. La revisione in oggetto intende colmare questa lacuna, mappando gli strumenti esistenti per rilevare la complessità assistenziale e le loro caratteristiche.
Le caratteristiche dello studio
La scoping review, condotta secondo le linee guida PRISMA-ScR, ha incluso studi pubblicati fino a settembre 2022. Dopo uno screening iniziale su oltre 9.000 articoli, solo quattro studi hanno soddisfatto i criteri di eleggibilità. Gli studi analizzati riguardavano anziani con età superiore o uguale a 65 anni residenti a domicilio e includevano strumenti destinati alla rilevazione o alla valutazione della complessità assistenziale. Gli strumenti identificati sono: 1) Care Dependency Scale (CDS) – Kottner et al., 2010; 2) Patient Complexity Instrument (PCI) – Thomas, 2017; 3) Flourish Index (FI) – Faul et al., 2019; 4) Classificazione ICF geriatrica – Spoorenberg et al., 2015.
Ogni strumento è stato analizzato in termini di affidabilità, usabilità, dimensioni valutate e capacità di orientare la pianificazione dell’assistenza.
I risultati ottenuti
La revisione ha evidenziato che, sebbene tutti e quattro gli strumenti affrontino diversi aspetti dei bisogni degli anziani, solo due – il PCI e il FI – adottano un approccio realmente olistico, che integra dimensioni biologiche, psicologiche, sociali e ambientali.
Il PCI, sviluppato nel Regno Unito per l’assistenza infermieristica di comunità, si distingue per l’applicabilità pratica e il solido impianto teorico. Definisce la complessità come “l’interazione di fattori nella vita di una persona – biologici, psicologici, sociali, ambientali e relativi ai sistemi di supporto – che richiede di abbandonare l’aspettativa di esiti prevedibili.” Il PCI valuta sei ambiti: coinvolgimento, bisogni clinici, contatto sociale, famiglia e caregiver, risorse e sicurezza. Ogni ambito è valutato su scala Likert a cinque punti. Gli infermieri che hanno utilizzato lo strumento lo hanno trovato intuitivo, apprezzando la guida strutturata che offre, particolarmente utile nei contesti che offrono accesso limitato a équipe multidisciplinari.
Anche il FI copre ampiamente i determinanti della complessità: fattori biologici, psicologici, comportamenti di salute, accesso ai servizi, ambiente e benessere sociale. Lo strumento distingue tra anziani “in salute” e anziani “in difficoltà” sulla base di un punteggio complessivo. Pur essendo completo, il FI presuppone la disponibilità di un’équipe multidisciplinare – un aspetto che ne limita l’applicazione nei servizi domiciliari con risorse limitate.
Diversamente, la CDS e la Classificazione ICF geriatrica presentano un approccio più ristretto. La CDS misura il grado di indipendenza in 15 aree del bisogno umano, focalizzandosi più sull’intensità dell’assistenza necessaria che sulla sua complessità. La classificazione ICF valuta problemi di salute funzionali, ma non contempla persone con demenza – un limite notevole, vista la prevalenza della patologia negli anziani. Entrambi gli strumenti non considerano in modo sufficiente le dimensioni psicosociali o il contesto ambientale.
Un punto comune tra gli strumenti è il ruolo chiave degli infermieri nelle valutazioni. In tre dei quattro studi gli infermieri erano coinvolti attivamente nella somministrazione degli strumenti, il che conferma la necessità di disporre di strumenti pratici, sostenibili e validati anche per chi lavora senza équipe multidisciplinari strutturate. Nessuno degli studi analizzati ha esaminato l’effetto concreto dell’uso degli strumenti in termini di esiti clinici, accesso ai servizi o soddisfazione dei pazienti. Solo Kottner ha discusso l’affidabilità del punteggio totale, mentre Thomas ha sottolineato la necessità di ulteriori studi per testare la sensibilità del PCI.
Limiti dello studio
La revisione ha incluso solo quattro studi, riflettendo la scarsità di ricerche consolidate sul tema. È stata inoltre limitata alla lingua inglese e a specifici database, potenzialmente escludendo letteratura rilevante. Alcuni concetti chiave, come la multimorbilità e la fragilità – pur intrinsecamente legati alla complessità – non sono stati sempre considerati esplicitamente. Inoltre, nessuno degli studi ha valutato come i punteggi di complessità influenzassero le decisioni cliniche o la pianificazione dell’assistenza. Questo rappresenta un’importante lacuna, considerando che l’efficacia di uno strumento risiede anche nella sua capacità di guidare concretamente la pratica clinica.
Quali le novità?
Questa revisione è tra le prime ad analizzare strumenti specifici per rilevare la complessità assistenziale tra gli anziani che vivono a domicilio. Porta alla luce l’assenza di una definizione condivisa del concetto di complessità e mostra come ciò generi prassi assistenziali disomogenee.
Inoltre, evidenzia il potenziale di strumenti come il PCI nel supportare gli infermieri in valutazioni più strutturate e complete. I risultati incoraggiano a superare il modello puramente bio-medico, promuovendo un approccio centrato sulla persona, che includa benessere psicologico, reti sociali, sicurezza ambientale e obiettivi personali.
Quali le prospettive?
Considerata la crescente attenzione nel favorire la possibilità per le persone anziane di vivere in modo autonomo a domicilio, emerge con urgenza la necessità di sviluppare strumenti in grado di rilevare la complessità assistenziale in modo standardizzato, ma al tempo stesso personalizzato. Studi futuri dovrebbero valutare come tali strumenti influenzino la pianificazione e l’erogazione dell’assistenza, inclusi l’accesso tempestivo ai servizi e la riduzione di ricoveri ospedalieri non programmati. Inoltre, gli studi dovrebbero esaminare l’efficacia di tali strumenti in contesti assistenziali differenti, compresi i contesti rurali o con risorse limitate, nonché indagarne l’adattabilità per persone con deficit cognitivi.
A cura di Erika Bassi