Riferimento bibliografico

Emily F. Hittner, Jacquelyn E. Stephens, Nicholas A. Turiano, Denis Gerstorf, Margie E. Lachman, Claudia M. Haase. Positive Affect Is Associated With Less Memory Decline: Evidence From a 9-Year Longitudinal Study. Psychological Science, 2020; 095679762095388 DOI: 10.1177/0956797620953883

In sintesi

Questo ampio studio longitudinale ha mostrato che le persone con livelli più elevati di stati affettivi positivi hanno avuto un declino della memoria meno brusco nel corso di quasi un decennio. Questo risultato si aggiunge a un crescente numero di ricerche sugli effetti benefici degli stati affettivi positivi nell’invecchiamento: anche se lo studio non dimostra una relazione causale, si tratta di un risultato che apre nuove strade di ricerca in molteplici ambiti.

Il contesto e il punto di partenza

Il declino della memoria è un fenomeno molto comune che procede di pari passo con l’invecchiamento: sappiamo che esistono numero si fattori modificabili che permettono di prevenirlo e rallentarlo. Poco sappiamo dell’impatto degli stati affettivi positive sulla memoria, nonstante siano noti i benefici per la salute fisica e l’invecchiamento sano. Che cosa si intende per “stati affettivi positivi”?
Questo costrutto fa riferimento all’esperienza soggettiva di emozioni piacevoli – come entusiasmo, gioia, orgoglio, coinvolgimento – vissuti per intervalli di tempo più o meno lunghi, chiaramente distinti dagli stati affettivi negativi e da altri aspetti generali di benessere come, per esempio, la soddisfazione per la propria vita.
L’ipotesi dello studio è che le emozioni positive siano correlate a un minore declino della memoria. Questa ipotesi potrebbe essere giustificata da quello che sappiamo dalla ricerca sugli affetti positivi, su almeno tre fronti:

  • Da un punto di vista fisico sono associati a una migliore funzionalità cardiovascolare e immunitaria;
  • Da un punto di vista comportamentale sono associati a comportamenti e stili di vita più sani;
  • Da un punto di vista sociale, sono associati a migliori capacità relazionali.

Le caratteristiche dello studio

Si tratta di uno studio longitudinale su vasta scala che ha coinvolto un campione di circa 1000 persone di mezza età e anziane negli Stati Uniti.
Lo studio si è svolto nell’arco di 19 anni, attraverso 3 momenti di valutazione. In ogni valutazione, i partecipanti hanno riportato una serie di emozioni positive vissute negli ultimi 30 giorni. Nelle due valutazioni finali, i partecipanti hanno anche completato i test di performance della memoria.
Per la valutazione delle emozioni positive è stata utilizzata una combianzione della Affect Balance Scale (ABS; Bradburn, 1969) e della General Well-Being Schedule (GWB; Fazio, 1977) a cui si è aggiunta nella seconda rilevazione una versione abbrevista della Positive Affect subscale of the Positive and Negative Affect Schedule (PANAS; Watson et al., 1988); La valutazione della memoria, è stata svolta utilizzando una parte del Brief Test of Adult Cognition by Telephone (BTACT; Lachman et al., 2014).
I ricercatori hanno esaminato l’associazione tra gli stati affettivi positivi e il declino della memoria, tenendo conto anche di variabili come l’età, il sesso, l’educazione, la depressione e l’estroversione

I risultati ottenuti

Lo studio ha documentato il progressive decline della memoria con l’invecchiamento del campione e ha mostrato che gli individui con livelli più elevati di affetti positivi hanno avuto un calo della memoria meno brusco nel corso di quasi un decennio. Questi risultati estendono la nostra conoscenza dei benefici già noti delle emozioni positive.

Limiti dello studio

Lo studio presenta alcuni limiti che potrebbero essere corretti con dati più granulari, raccolti con più frequenza, che valutino diverse dimensione del funzionamento mnemonico. Non è possibile sapere se i risultati sono generalizzabili ad altri contesti, ad un campione più eterogeneo e ad altri Paesi. Potrebbe inoltre essere utile esaminare le emozioni positive utilizzando approcci di laboratorio e di campionamento empirici.

Quale la novità e le prospettive

I principali punti di forza di questo studio sono l’utilizzo di scale che rappresentano il gold standard per la valutazione degli stati affettivi positivi e l’ampiezza del campione analizzato.
Dal momento che lo studio mostra solo un’associazione e non una causalità, la ricerca potrebbe essere orientata a chiarire i meccanismi e i percorsi che collegano gli affetti positivi e la memoria (salute fisica, i cambiamenti neurofisiologici, comportamenti di salute adattativi e relazioni sociali).
Un’ulteriore direzione di ricerca potrebbe essere quella di valutare con studi randomizzati l’effetto di interventi (di prevenzione o di screening) che riguardano gli stati affettivi positivi sul declino della memoria.

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