Riferimento bibliografico

Qiu X, Shi L, Kubzansky LD, et al. Association of Long-term Exposure to Air Pollution With Late-Life Depression in Older Adults in the US. JAMA Netw Open. 2023;6(2):e2253668.

In sintesi

Pubblicato a febbraio 2023, l’articolo analizza l’associazione tra l’esposizione ad agenti atmosferici inquinanti e l’incidenza di depressione a esordio tardivo in una popolazione adulta statunitense (> 64 anni) in un intervallo di tempo di oltre 10 anni. In particolare, lo studio dimostra come l’esposizione a lungo termine ad agenti inquinanti dell’aria si associ in maniera statisticamente significativa ad un maggiore rischio di depressione nell’anziano.

Il contesto e il punto di partenza

Nell’ultimo decennio stanno emergendo sempre maggiori evidenze su come l’inquinamento ambientale sia coinvolto nello sviluppo di malattie neurodegenerative. È stato dimostrato sia in modelli murini che umani che gli agenti inquinanti dell’aria sarebbero in grado di determinare attraverso lo stress ossidativo una risposta infiammatoria anche a livello del sistema nervoso centrale (neuroinfiammazione) con un danno alle strutture cerebrali stesse. Tuttavia, poco è noto sugli outcomes che l’inquinamento ambientale potrebbe avere sulle malattie mentali a esordio tardivo, più precisamente sulla depressione insorta in età avanzata.

Le caratteristiche dello studio 

Lo studio in questione è uno studio di coorte che ha indagato l’esposizione a lungo termine a polveri sottili (PM2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) su una popolazione con età media di 73.7 anni. Lo studio è stato condotto dal 2005 al 2016 e ha incluso 8.907.422 individui (56.8% di sesso femminile, 90.2% di etnia caucasica). Sono stati considerati 5 anni di wash out, cioè assenza, di diagnosi di depressione, in modo da non influenzare i risultati dello studio con quei casi in cui la depressione era già presente in precedenza. Le comorbidità della popolazione analizzata sono diverse, le più significative includono lo scompenso cardiaco (CHF) nel 25.2% dei casi e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) nel 23.6% dei casi. I partecipanti sono stati esposti a livelli medi annui di PM2.5 di 9.6 (2.7) microgrammi per metro cubo (µg/m3), O3 di 39.1 (4.0) parti per miliardo (ppb) e NO2 di 15.4 (10.4-23.1) ppb.

I risultati ottenuti

Tutti gli agenti inquinanti presi in esame sono stati associati a un aumentato rischio di sviluppo di depressione dopo i 64 anni di età, con una prevalenza maggiore nel sesso maschile. In particolare, ogni incremento di 5 unità è stato correlato a un incremento statisticamente significativo dello 0.91%, 0.61% e 2.13% del rischio, rispettivamente per PM 2.5, NO2 ed O3. Tenendo conto di vari fattori (co-esposizioni ambientali, densità abitativa e quartiere) il maggior rischio è stato collegato all’incremento dei livelli di O3, rispetto a PM 2.5 e NO2. Complessivamente le diagnosi di depressione sono state 1.526.690 (17.1%).

Limiti dello studio

  • Gli autori non escludono eventuali errori nella classificazione dei risultati. Utilizzando il database Medicare, la diagnosi di depressione è stata infatti estrapolata esclusivamente sulla base del codice ICD.

  • Fattori confondenti (es. fattori di rischio individuali per lo sviluppo di depressione) possono essere sfuggiti all’analisi per scarsa capacità di controllo.

  • Sono possibili errori nella misurazione delle esposizioni in quanto non sono stati presi in considerazione eventuali spostamenti temporanei di luogo. Inoltre, nella misurazione si è tenuto conto della zona abitativa e non del singolo indirizzo di domicilio.

Quale la novità e quali le prospettive

Se i risultati ottenuti da questo studio fossero validati, le implicazioni che ne potrebbero derivare coinvolgerebbero sia la regolamentazione della tutela ambientale sia la gestione della salute pubblica. Da un lato, essendo l’ozono considerato un inquinante ambientale destinato ad incrementare nei prossimi anni come conseguenza dei cambiamenti climatici in atto, si renderebbe necessaria una riorganizzazione delle attuali normative ambientali. Dall’altro, individuare fattori di rischio modificabili (come l’inquinamento dell’aria e degli ambienti) per lo sviluppo di depressione in età avanzata, permetterebbe di ridurre l’incidenza della malattia. Al fine di eliminare questi fattori di rischio, misure future potrebbero, per esempio, riguardare il risanamento della qualità dell’aria, il controllo delle emissioni o l’ampliamento delle aree verdi.

A cura di Alida Greco


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