Riferimento
Barbi E, Lagona F, Marsili M, Vaupel JW, Wachter KW. The plateau of human mortality: Demography of longevity pioneers. Science. 2018;360(6396):1459–1461. doi:10.1126/science.aat3119
In sintesi
A partire dai dati raccolti da ISTAT su circa 4000 persone italiane tra i 105 e i 110 anni, un gruppo di ricerca facente capo all’Università La Sapienza di Roma, ha mostrato che la curva di mortalità in questa fascia di età smette di crescere. “I dati studiati, accuratamente documentati – spiega Elisabetta Barbi della Sapienza – portano a concludere che la curva di mortalità cresce esponenzialmente fino all’età di 80 anni circa, ma poi decelera fino a raggiungere un plateau, ovvero un andamento costante, dopo i 105 anni”.
Il contesto e il punto di partenza
Secondo quella che è conosciuta come la legge di Gompertz (che il matematico Benjamin Gompertz propose nel 1825) le probabilità di morire raddoppiano ogni otto anni. Questa sembra essere la regola per le persone dai 30 agli 80 anni, ma non c’è accordo tra i ricercatori su ciò che accade ai tassi di mortalità in età molto avanzata.
Se la curva continua ad aumentare esponenzialmente si raggiunge un limite massimo oltre il quale la vita non può estendersi, ma c’è è stato anche ipotizzato che la curva deceleri e rallenti nelle fasi di età più avanzate.
La difficoltà di reperire dati di mortalità anno per anno e non aggregati per fascia di età insieme al fenomeno dell’ “age exageration” sono i principali limiti contro cui si scontrano i ricercatori nel verificare questi modelli demografici.
Le caratteristiche dello studio
Lo studio si basa sui dati ISTAT che includono 3836 casi (463 maschi) di persone con 105 o più anni di età, tra il 2009 e il 2015. Per diversi motivi questi dati permettono, secondo i ricercatori, una stima dei tassi di mortalità con una precisione e accuratezza prima non disponibile.
- ISTAT ha raccolto certificati di morte, nascita e sopravvivenza nel tentativo di ridurre al minimo le possibilità di “esagerazione dell’età”;
- I ricercatori hanno tracciato le traiettorie di sopravvivenza individuali da un anno all’altro, anziché raggruppare le persone in fasce di età come hanno fatto studi precedenti che combinano set di dati.
- Concentrandosi solo sull’Italia, che ha uno dei più alti tassi di centenari pro capite al mondo, si evita il problema della variabilità nella raccolta dei dati tra diverse fonti: le procedure di validazione sono state sviluppate per questo specifico segmento di popolazione e rispondono ai criteri del protocollo International Database of Longevity (IDL).
I risultati ottenuti
In base al modello demografico descritto, la curva di mortalità decelera dopo gli 80 anni e diventa costante dopo i 105 anni (vd. grafico)
Un altro dato interessante emerso dalla ricerca è che per le generazioni di nascita più giovani i livelli di mortalità sono leggermente più bassi. Unito alla crescita dei supercentenari negli ultimi anni, questo dato indicherebbe che la longevità sta continuando ad aumentare nel tempo e che un limite, se presente, non è stato raggiunto.
Limiti dello studio
I dati analizzati riguardano lo specifico contesto italiano e non è chiaro se possono essere generalizzati, visto anche che precedenti ricerche che aggregano dati da diversi paesi non hanno condotto agli stessi risultati.
Il tema dei limiti della longevità è ampiamente dibattuto da anni: altre critiche e dubbi su possibili limiti di questa ricerca sono presentate nelle lettere alla rivista
Quale la novità
La principale novità dello studio è che mette in discussione la nozione di un limite oltre il quale non è possibile estendere la vita umana, ipotizzato da studi precedenti, riaprendo il dibattito sulla longevità.
Quali le prospettive
Un plateau nella mortalità in età estremamente avanzata è stato osservato in altre specie (moscerini della frutta, alcuni vermi, ecc): la conferma di questo andamento anche nell’uomo è in linea con le teorie dell’invecchiamento evolutive.
Le teorie evolutive della senescenza – la teoria dell’accumulo delle mutazioni e gli effetti dipendenti dall’età del carico genetico – offrono elementi promettenti per una spiegazione congiunta sia delle fasi di aumento esponenziale sia di questo plateau. Semplificando: i soggetti più fragili tendono a morire prima, mentre quelli più forti o “geneticamente più fortunati” possono vivere fino ad età estreme.
A cura di Francesca Memini