Riferimento bibliografico
McCarthy D, Wang PL. Mortality postponement and compression at older ages in human cohorts. PLoS One. 2023 Mar 29;18(3):e0281752. doi: 10.1371/journal.pone.0281752. PMID: 36989241; PMCID: PMC10057846.
In sintesi
Quant’è la durata massima della vita dell’uomo? È una domanda affascinante, che ci accompagna da secoli, ancora senza una risposta. Una questione chiave ma irrisolta nello studio della mortalità umana in età avanzata è se la mortalità si stia comprimendo (ovvero più persone arrivano a un’età molto avanzata, senza superarla), il che implica che potremmo essere in avvicinamento a un limite massimo della durata della vita; o se la mortalità si stia spostando in avanti, il che implicherebbe che non ci stiamo avvicinando al limite. Secondo questo studio le persone nate tra il 1900 e il 1950 circa stanno sperimentando un rinvio della mortalità senza precedenti, ma sono ancora troppo giovani per battere i record di longevità. Quando queste coorti raggiungeranno età avanzate nei prossimi decenni, i record di longevità potrebbero aumentare in modo significativo.
Il contesto e il punto di partenza
Una questione chiave, tuttora irrisolta, negli studi sulla longevità, riguarda la durata massima della vita dell’uomo. Da fonti storiche, gli Ebrei dell’Età del Bronzo consideravano 80 anni come la durata massima di una vita umana; gli antichi romani fissarono la loro stima ufficiale, il cosiddetto “saeculum naturale”, a 100 o 110 anni. L’età massima è andata leggermente incrementandosi nei secoli, tuttavia dalla morte di Jeanne Calment nel 1997, all’età di 122 anni, il record di longevità è stato detenuto da persone con età compresa tra i 110 e i 120 anni; ciò ha portato scienziati come Jan Vijg dell’Albert Einstein College of Medicine di New York a sostenere che esista una durata massima della vita prevista per l’uomo e che non sia posticipabile.
Non è di quest’idea il team di McCarthy, il cui studio suggerisce che presto l’età massima dell’uomo potrebbe tornare a salire, quando le persone nate nella prima metà del XX secolo si dimostreranno molto longeve.
Le caratteristiche dello studio
Lo studio di McCarthy ha analizzato l’età di morte di persone appartenenti a Paesi sviluppati d’Europa, ma anche USA, Canada, Australia e Giappone, a partire dallo Human Mortality Database, una banca dati globale di raccolta di statistiche su nascita e morte. Una caratteristica fondamentale dello studio è l’aver raggruppato coorti di persone a partire dalla stessa età di nascita e non a partire dall’età di morte come effettuato in precedenti studi, che avevano oscurato così le tendenze epidemiologiche, dato che includevano persone con età differente.
Lo studio analizza i dati storici e attuali sulla mortalità della popolazione tra i 50 e i 100 anni per coorte di nascita in 19 Paesi attualmente industrializzati, utilizzando una tecnica bayesiana per approssimare l’età di morte, considerando il fatto che molti appartenenti a queste coorti sono ancora vivi. Lo studio punta a mostrare che mentre il modello storico dominante è stato quello della compressione della mortalità, ci sono stati occasionali episodi di spostamento in avanti. L’andamento del rinvio e della compressione tra le diverse coorti di nascita spiega perché i record di longevità sono aumentati lentamente negli ultimi anni.
I risultati ottenuti
Dallo studio emerge che le persone nate tra il 1900 e il 1950 circa stanno sperimentando un rinvio della mortalità senza precedenti, ma sono ancora troppo giovani per battere i record di longevità. Quando queste coorti raggiungeranno età avanzate nei prossimi decenni, i record di longevità potrebbero quindi aumentare in modo significativo. I risultati confermano i lavori precedenti che suggeriscono che, se esiste un limite massimo alla durata della vita umana, non ci stiamo ancora avvicinando ad esso.
Ciò suggerirebbe che il record mondiale di anzianità potrebbe venire infranto nei prossimi decenni, a mano a mano che i membri sopravvissuti di queste coorti raggiungeranno la vecchiaia avanzata. Ad esempio, gli individui nati nel 1910 circa non hanno ancora avuto la possibilità di raggiungere i 120 anni, poiché raggiungerebbero tale età solo nel 2030.
Limiti dello studio
I limiti dello studio riguardano eventi che hanno influenzato la mortalità nelle coorti studiate, come la pandemia di Influenza “Spagnola” del 1918, le due guerre mondiali e la recente pandemia da COVID 19. Altri esempi meno rilevanti potrebbero essere fluttuazioni climatiche, guerre o carestie, ma sono diminuiti di entità dopo la seconda guerra mondiale grazie alla maggiore prosperità, ai progressi tecnologici negli standard di vita e nell’assistenza sanitaria e ad una maggiore stabilità politica ed economica nei paesi esaminati.
Una seconda fonte di errore riguarda il fatto che i modelli utilizzati potrebbero non catturare completamente le dinamiche sottostanti alla mortalità. Nelle età più avanzate, in cui sono vivi pochi membri delle coorti, esiste una maggiore variazione casuale difficile da prevedere con modelli.
Infine, un’ultima fonte di errore riguarda i dati stessi, specialmente se si fa riferimento a censimenti e dati anagrafici dell’inizio del secolo scorso e ancor prima.
Quali le novità
Una caratteristica fondamentale ed elemento di novità dello studio è l’aver esaminato l’età di morte in coorti di persone raggruppate per anno di nascita, e non a partire dall’età di morte, come effettuato in precedenti studi; non raggruppare per età di nascita può portare ad errori di valutazione in quanto unisce persone con età differente.
Quali le prospettive
Lo studio del team di ricercatori di McCarthy si basa su un modello che possa prevedere il futuro, con tutte le incertezze conseguenti. Lo studio enfatizza il fatto che le nuove coorti di persone nate a metà del secolo scorso hanno beneficiato di grandi progressi tecnologici, che hanno portato ad un miglioramento delle condizioni di vita. Se si continuano a perseguire politiche a supporto dell’ambiente, della salute e del welfare, queste coorti avranno la possibilità di superare i record di longevità finora conosciuti. La pandemia da COVID 19 potrebbe aver influenzato negativamente o posticipato questo trend, indicando quanto sia difficile da prevedere come possa cambiare la durata della vita dell’uomo. Se, tuttavia, dovesse aumentare la durata massima della vita, le implicazioni per la società umana e per le economie nazionali sarebbero assai profonde.
A cura di Mattia Perazzi