Riferimento Bibliografico

Lillo-Crespo M, Forner-Ruiz M, Riquelme-Galindo J, Ruiz-Fernández D, García-Sanjuan S. Chess Practice as a Protective Factor in Dementia. Int J Environ Res Public Health. 2019 Jun 14;16(12):2116. doi:10.3390/ijerph16122116.

In sintesi

La demenza è una delle principali cause di disabilità e dipendenza nella popolazione anziana a livello globale e ha un impatto fisico, psicologico, sociale ed economico sulle persone colpite, gli operatori sanitari, le famiglie e la società intera.
Tuttavia, si sa ancora poco sui possibili fattori protettivi nei riguardi della demenza e i loro potenziali benefici contro il declino cognitivo della popolazione colpita da tale patologia.
Le attività stimolanti e ludiche sembrano essere fattori protettivi contro i processi neurodegenerativi, sebbene vi sia una scarsità di articoli scientifici che lo dimostrino.

Contesto e punto di partenza

“Possono gli scacchi aiutare a migliorare le capacità cognitive delle persone anziane con diagnosi di demenza/AD (Alzheimer Disease) o almeno ritardarne l’inizio?”: questo il quesito utilizzato come punto di partenza dallo studio presentato.
La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza, un termine che descrive la perdita generale di memoria, capacità di pensiero e capacità di agire nel quotidiano. Il soggetto anziano ha una più alta probabilità di sperimentare disturbi nelle capacità cognitive, quali le malattie neurodegenerative.
La prevenzione gioca un ruolo cruciale, così come la diagnosi precoce, al fine di migliorare la prognosi e gli esiti delle terapie introdotte.
Il gioco degli scacchi pare rappresentare una potenziale strategia che va a prevenire o proteggere il soggetto dalla insorgenza e avanzamento di patologia degenerativa, andando ad agire su specifiche aree cerebrali, anche se ad oggi poco si sa circa i suoi benefici concreti.

Caratteristiche dello studio

La revisione presentata mira a esplorare se la pratica degli scacchi può migliorare le capacità cognitive dei pazienti con demenza e/o agire come fattore protettivo.
Lo studio è stato condotto utilizzando una rassegna della letteratura scientifica nei principali database di lingua inglese e spagnola, tra cui Cuiden, Cinahl, Lilacs, Medline (tramite PubMed) e Scopus. Sono stati inoltre esaminati anche i blog sugli scacchi e la Enterrian Chess Federation (FEDA), per consultare le opinioni di esperti sull’argomento, includendo al termine del processo 21 articoli complessivi.

I risultati evidenziano che gli anziani dovrebbero essere incoraggiati a svolgere attività ludico-ricreative, quali leggere, giocare a giochi da tavolo come gli scacchi e ballare, perché questo tipo di interessi, se svolti soprattutto nelle prime fasi di malattia, migliorano la qualità di vita e potenziano le funzioni cognitive.
Giocare a scacchi ha dimostrato di aumentare l’attività mentale riducendo, pertanto, il rischio di sviluppare Alzheimer.

I risultati

Lo studio di revisione parte da un’analisi di 413 articoli per arrivare a 21 studi inclusi.

Gli scacchi per prevenire la Demenza

Per quanto riguarda l’aspetto preventivo, molteplici autori propongono il coinvolgimento attivo dell’anziano in attività ricreative quali gli stessi scacchi, ma anche il leggere, l’incontrare amici, come strettamente correlate alla riduzione del rischio di AD (sino al 33% di rischio in meno) e un ritardo nella comparsa di malattia di circa 1.3 anni.
Hanno dimostrato la propria efficacia anche i giochi da tavolo in generale, con un contenimento globale del rischio del 15%.

Scacchi e contenimento di malattia già diagnosticata

Anche in questo caso certamente le attività ludico ricreative possono avere un effetto protettivo sul paziente affetto da demenza. Gli scacchi hanno caratteristiche che li rendono particolarmente idonei a questo scopo.
In Cina sono molto diffusi i GO games, una tipologia di scacchi che vanta 5000 anni di storia (vedi Fig.1) per i quali l’autore mette in luce le funzioni benefiche, in termini di apprendimento, ragionamento astratto, autocontrollo, problem solving.

Figura 1

Il fatto, inoltre, di essere stati dei buoni giocatori di scacchi in giovane età pare abbia un effetto protettivo in età avanzata, contenendo l’accumulo di proteina amiloide nel cervello.
Possiamo nuovamente asserire che una dieta bilanciata, una moderata attività fisica ed un coinvolgimento cognitivo possono essere degli elementi chiave nel migliorare la qualità di vita della persona.
Gli scacchi possono essere proposti alla persona affetta da demenza nelle prime fasi di malattia, come terapia adiuvante, ma non vi è ancora sufficiente letteratura a sostegno di una chiara concatenazione con il rallentamento di malattia.

Nella nostra società, gli scacchi non possono essere considerati un gioco comunemente svolto dagli anziani, ma condurre sforzi in tal senso può rivelarsi utile, se non a livello di popolazione, almeno nei centri di assistenza agli anziani lungodegenti o nei luoghi di ritrovo del tempo libero.

Invecchiando, diventa sempre più importante garantire al proprio cervello un buon allenamento, al fine di mantenerlo sano. Un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha rilevato che le persone che hanno più di 75 anni di età e che sono attivamente coinvolte in giochi basati sullo stimolo cognitivo, come gli scacchi, hanno meno possibilità di sviluppare la demenza rispetto ai loro coetanei che non svolgono tali attività.
Va anche sottolineato che un’attività genuinamente attraente e gioiosa porta un ulteriore effetto positivo nella protezione contro sintomi quali alterazioni del tono dell’umore, che tipicamente si manifestano con la depressione.

Punti di forza dello studio

La pratica degli scacchi sembra un trattamento efficace nella prevenzione e protezione antecedente l’insorgenza della malattia, poco è invece conosciuto rispetto ai benefici dopo che la malattia è stata identificata e diagnosticata. La ricerca dimostra che la pratica degli scacchi interessa aree specifiche del cervello e questa stimolazione supporta la persona a risolvere i problemi scacchistici che il giocatore affronta durante il gioco.

Limiti dello studio

Nessuno studio riflette i vantaggi degli scacchi sulle diverse tipologie di demenza nello specifico (AD, demenza a corpi di Lewy, demenza frontotemporale, demenza vascolare e demenza mista). Inoltre sarebbe interessante avere studi che analizzino la differenza tra il giocatore incallito e il giocatore che si affaccia all’attività scacchistica in età avanzata per la prima volta.

In conclusione

Chi gioca a scacchi corre meno rischi di sviluppare una demenza, grazie al potere dell’allenamento cognitivo insito nel gioco. La pratica costante aumenta la concentrazione, la responsabilità, l’autocontrollo, la memoria e la coordinazione, tanto da essere considerata una vera e propria palestra per la mente e da essere stata inserita nella didattica come materia scolastica. Lo si fa in paesi come la Francia, la Germania e il Regno Unito, la Spagna e la Russia dove è anche applicata alla riabilitazione neuro-cognitiva.
La letteratura suggerisce che l’esercizio mentale non solo può essere positivo, ma anche utilizzabile in tutta la popolazione per prevenire i danni cognitivi fisiologicamente determinati dall’età anziana.

A cura di Monica Breda e Chiara Gallione


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