Riferimento bibliografico

Reallon E, Gervais F, Moutet C, et al. Impact of cumulative exposure to anticholinergic and sedative drugs on cognition in older adults: a memory clinic cohort study [published correction appears in Alzheimers Res Ther. 2024 Aug 29;16(1):195. doi: 10.1186/s13195-024-01560-2]. Alzheimers Res Ther. 2024;16(1):163. Published 2024 Jul 23. doi:10.1186/s13195-024-01530-8.

 

In sintesi

In letteratura è nota l’associazione tra l’assunzione di farmaci anticolinergici e sedativi e l’insorgenza di forme acute di deterioramento cognitivo. Nuove evidenze mostrano come l’assunzione in cronico di questi farmaci abbia un ruolo anche nel peggioramento delle capacità cognitive sul lungo periodo. Per questo, è di grande importanza attuare strategie che agiscano su questo fattore di rischio modificabile di decadimento cognitivo.

 

Il contesto e il punto di partenza

Con l’invecchiamento della popolazione globale, cresce l’interesse verso il decadimento cognitivo e le strategie volte a prevenirlo. Diventa sempre più urgente sviluppare interventi mirati a contrastarne l’insorgenza, rallentarne la progressione e ridurne l’impatto complessivo. La letteratura attuale evidenzia un legame tra l’uso di farmaci anticolinergici e sedativi e l’insorgenza di forme acute di deterioramento cognitivo, nonché di effetti collaterali, come delirium e cadute. L’impiego di questi farmaci rappresenta dunque un fattore di rischio potenzialmente modificabile, la cui gestione potrebbe contribuire a rallentare il declino cognitivo e a mitigare le sue ripercussioni cliniche e sociali.

 

Le caratteristiche dello studio

Lo studio multicentrico prospettico di coorte MEMORA è stato condotto presso le Memory Clinics di Lione con l’obiettivo di identificare i fattori associati al peggioramento dell’autonomia, delle capacità cognitive e dei sintomi comportamentali e psicologici legati alla demenza. L’obiettivo principale dello studio è stato valutare l’associazione tra l’esposizione cumulativa nel tempo a farmaci anticolinergici e sedativi e le funzioni cognitive nei pazienti con deficit cognitivi, seguiti presso la Memory Clinic e registrati nel Primary Health Insurance Fund.

L’esposizione cumulativa ai farmaci anticolinergici e sedativi è stata quantificata attraverso il Drug Burden Index (DBI), un indice calcolato in base alla posologia giornaliera assunta dal paziente e alla dose minima efficace stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Parallelamente, il livello di decadimento cognitivo è stato valutato mediante il Mini-Mental State Examination (MMSE), somministrato ai pazienti al momento dell’arruolamento (tempo 0) e dopo sei mesi di follow-up.

 

I risultati ottenuti

Questo studio longitudinale evidenzia che un’esposizione cumulativa medio-elevata a farmaci anticolinergici e sedativi nella popolazione anziana è associata a un’ulteriore riduzione dello score MMSE rispettivamente di 0,48 e 0,44 punti all’anno rispetto ai controlli. Questo risultato è in linea con precedenti studi, sia longitudinali che cross-sezionali.

Inoltre, dallo studio è emersa un’associazione tra il punteggio MMSE e diversi altri fattori, tra cui la propensione all’assunzione di farmaci anticolinergici e sedativi, la presenza di disturbi depressivi, il livello di istruzione e il grado di autonomia funzionale.

 

Limiti dello studio

Il principale limite di questo studio è che utilizza esclusivamente dati provenienti dal database del Primary Health Insurance Fund, aggiornati con cadenza biennale, e che quindi non riflettono con precisione la reale dose quotidiana dei farmaci, necessaria per il calcolo del Drug Burden Index (DBI).

Un’ulteriore limitazione è rappresentata dal fatto che il database include solo i farmaci di queste categorie ottenuti tramite prescrizione medica, escludendo quelli da banco, acquistati autonomamente dal paziente. Tuttavia, gli autori ritengono che l’impatto di questa esclusione sui risultati dello studio sia limitato, poiché i farmaci da banco hanno generalmente una minore potenza e vengono assunti per periodi più brevi.

Un’altra criticità riguarda le caratteristiche intrinseche del DBI, che non considera la diversa potenza dei farmaci anticolinergici. Inoltre, i risultati potrebbero variare a seconda del Paese, poiché la dose minima efficace utilizzata nel calcolo è basata sugli archivi nazionali.

Infine, gli autori segnalano che la proporzione di pazienti con esposizione moderata è risultata quasi doppia rispetto a studi precedenti. Questa discrepanza potrebbe derivare da una categorizzazione errata dei pazienti, dovuta all’estrapolazione del DBI cumulativo da quello quotidiano. Per una migliore caratterizzazione dei pazienti in base ai diversi livelli di esposizione cumulativa ai farmaci, saranno necessari ulteriori studi, in particolare analisi per cluster.

 

Quale la novità

Questo studio introduce un’importante novità nel campo del decadimento cognitivo, essendo il primo a stimare l’esposizione cumulativa a farmaci anticolinergici e sedativi, analizzando i dati a partire da anni prima che il declino cognitivo fosse rilevabile attraverso test neuropsicologici. I risultati ottenuti dimostrano in modo solido l’impatto negativo di questi farmaci sulle capacità cognitive.

Lo studio suggerisce che l’effetto dei farmaci sulle funzioni cognitive non dipenda esclusivamente dall’esposizione giornaliera, ma anche dall’esposizione cumulativa, evidenziando così l’importanza di una valutazione a lungo termine del rischio associato al loro utilizzo.

 

Quali le prospettive

Dopo aver approfondito gli effetti dell’assunzione cronica di questi farmaci e caratterizzato con maggiore precisione le coorti di pazienti in base al livello di esposizione, sarà fondamentale analizzarne le implicazioni pratiche.

Ad oggi, solo un numero limitato di studi ha dimostrato l’efficacia della deprescrizione di questi farmaci, e ancor meno studi hanno evidenziato benefici clinici concreti. Secondo alcune metanalisi, questi risultati potrebbero essere attribuiti alla brevità del follow-up e alla mancanza di supporto adeguato offerto ai pazienti durante il processo di sospensione del farmaco.

Rimangono quindi aperte diverse questioni, tra cui la necessità di una pianificazione più strutturata della deprescrizione, possibilmente attraverso l’intervento di team multidisciplinari. Resta assodato, considerando che l’esposizione a questi farmaci rappresenta un fattore di rischio modificabile per il decadimento cognitivo, che è essenziale sviluppare strategie preventive mirate a ridurre nuove prescrizioni non strettamente necessarie.

 

A cura di Sara Casella


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