Riferimento bibliografico
O’Mahony S, Kittelson S, Barker PC, Delgado Guay MO, Yao Y, Handzo GF, Chochinov HM, Fitchett G, Emanuel LL, Wilkie DJ. “Association of Race with End-of-Life Treatment Preferences in Older Adults with Cancer Receiving Outpatient Palliative Care”. J Palliat Med. 2021 Aug;24(8):1174-1182.
In sintesi
Questo studio osservazionale esamina se esiste una relazione tra l’etnia, il genere, la religione, lo status economico, il livello di educazione e le preferenze di trattamento alla fine della vita in adulti anziani affetti da cancro che ricevono cure palliative ambulatoriali.
I risultati hanno mostrato che l’etnia può svolgere un ruolo importante nelle preferenze di trattamento nel fine vita, in particolare per quanto riguarda la ventilazione meccanicamente assistita e la rianimazione cardio-polmonare, e che è fondamentale fornire informazioni adeguate al contesto socioculturale degli assistiti sulle opzioni di cura e coinvolgere i pazienti nella scelta delle decisioni mediche.
Il contesto e il punto di partenza
Le discussioni sul fine vita e la documentazione delle preferenze di trattamento sono argomenti importanti per i pazienti oncologici anziani che sono ad alto rischio di mortalità. Molti pazienti hanno morti dolorose e vengono spesso sottoposti a trattamenti indesiderati. In questo contesto le disposizioni anticipate di trattamento promuovono una discussione tempestiva sulle preferenze del paziente circa il morire, riducono l’ansia per le decisioni future e il carico emotivo sui caregiver nei casi in cui il paziente perda la capacità decisionale. Come riportato da molteplici studi, tuttavia, sono pochi i cittadini che depositano le proprie disposizioni anticipate di trattamento ed esistono ostacoli burocratici, culturali, socio-economici e religiosi. Alcuni studi hanno osservato che i pazienti di origine latina e i pazienti neri sono coloro che depositano meno le proprie disposizioni di trattamento e tendono a optare per cure aggressive anche nel fine vita. Il fenomeno può essere dovuto a diverse cause: la disparità nell’accesso alle cure, il razzismo negli ambiti di cura, la sfiducia che i pazienti hanno nel sistema sanitario. L’obiettivo dello studio è quello di esaminare le preferenze di trattamento e il grado di consapevolezza di malattia terminale di pazienti anziani con cancro che ricevono cure palliative ambulatoriali. L’ipotesi è che coloro che richiederanno cure aggressive siano minoranze etniche, pazienti con basso reddito, basso livello di istruzione e con una forte religiosità.
Caratteristiche dello studio
Lo studio è osservazionale retrospettivo.
I partecipanti allo studio sono stati 308 adulti con un’età superiore ai 55 anni e con una diagnosi di cancro che sono stati valutati da servizi di cure palliative ambulatoriali.
Le preferenze di trattamento di ogni partecipante sono state valutate tramite 3 item della Hypothetical Advance Care Planning Scenario (H-CAP-S) secondo la quale ad ogni assistito vengono presentati 3 scenari differenti di autodeterminazione delle cure in vista di una prognosi terminale nel breve periodo. In base alle risposte date, sono stati esaminati distintamente tre grandi gruppi predittivi di preferenze terapeutiche: fattori demografici (età, sesso, etnia, stato socio-economico, livello di educazione), fattori religiosi\spirituali (suddivisi in cristiani, altre religioni e nessuna religione) e consapevolezza della prognosi (come gli assistiti descrivono il proprio stato di salute: “relativamente in salute”, “affetto da una patologia grave ma non terminale”, “affetto da patologia terminale”).
I risultati ottenuti
Sono stati esaminati sei fattori considerati importanti nel processo decisionale di fine vita, tra cui razza, religione, sesso, istruzione, reddito e consapevolezza di malattia terminale e la loro associazione con tre indici di preferenza di trattamento:
1 → preferenze terapeutiche complessive
2 → Rianimazione cardio-polmonare (RCP)
3 → ventilazione meccanica.
L’etnia è significativamente associata a tutti e tre gli indici per la cura aggressiva nell’analisi bivariata e con due su tre nei modelli di regressione multipla, con il risultato di minoranze che preferiscono cure aggressive e pazienti bianchi che preferiscono cure meno aggressive. La religiosità e l’istruzione, contrariamente alle ipotesi iniziali, non sono risultate associate dopo l’aggiustamento per alcuni confondenti.
Limiti dello studio
Uno dei criteri di esclusione è la capacità dell’assistito di parlare inglese, questa caratteristica esclude una buona parte di popolazione con culture differenti da quella anglosassone.
Le classi in cui le credenze religiose sono state suddivise sono “Cristianesimo”, “nessuna religione”, “altre religioni” assimilando così religioni monoteiste e politeiste.
Quale la novità
L’aspetto innovativo di questo studio è l’identificazione nell’etnia stessa di un fattore predittivo di preferenza di trattamento indipendentemente da reddito, religiosità, istruzione ecc.. L’uso dell’analisi multivariata contribuisce alle differenze dei risultati di questo studio rispetto ai precedenti, considerato anche il campione con ampia rappresentanza delle minoranze. Ricerche precedenti hanno correlato il livello elevato di istruzione di un individuo alla tendenza a non desiderare cure aggressive, in questo studio i livelli di istruzione e di reddito non sono stati correlati alle scelte di trattamento nel fine vita. Infine, l’essere consapevoli della malattia terminale pare rendere i pazienti meno propensi a optare per cure aggressive.
Quali le prospettive
Lo studio evidenzia le disparità e il razzismo che ancora sono presenti all’interno del sistema sanitario e mette in luce la necessità che le istituzioni e gli operatori della salute riconoscano e si adoperino affinché vengano appianate le disparità di cura e di accesso alle cure. Appare necessario fornire, fin dal contesto didattico, conoscenze che incorporino competenze sui pregiudizi impliciti, che aumentino la consapevolezza del razzismo e che forniscano strategie basate sull’evidenza scientifica per fronteggiarlo.
A cura di Sara Costa e Giulia Pivato