Riferimento bibliografico
Karam, G., Agarwal, A., Sadeghirad, B., Jalink, M., Hitchcock, C. L., Ge, L., … Johnston, B. C. (2023). Comparison of seven popular structured dietary programmes and risk of mortality and major cardiovascular events in patients at increased cardiovascular risk: systematic review and network meta-analysis. BMJ 2023;380:e072003. doi:10.1136/bmj-2022-072003
In sintesi
Scopo di questa revisione sistematica è determinare l’efficacia di sette programmi dietetici strutturati, messi a confronto con gli interventi minimi volti alla prevenzione della mortalità e dei principali eventi cardiologici (ad esempio, ictus e infarto miocardico) nei pazienti a elevato rischio di malattie cardiovascolari. Gli autori hanno deciso di utilizzare come gruppo di confronto i pazienti che ricevevano “ interventi minimi” intendendo con questo termine riferirsi a forme di consulenza dietetica erogate una tantum, alle cure abituali, e a brevi consigli ricevuti da parte del medico di base. Il termine “minimi” vuole indicare insomma la natura limitata degli interventi effettuati nel gruppo di controllo.
I risultati di questo studio mostrano che i programmi dietetici strutturati basati sulla dieta mediterranea (maggior consumo di pesce, frutta, verdura e grassi monoinsaturi come l’olio di oliva) sono stati maggiormente efficaci rispetto agli interventi minimi nella riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause, di mortalità cardiovascolare, di ’ictus e di infarto miocardico non fatale. Anche i programmi dietetici a basso contenuto di grassi sono risultati superiori agli interventi minimi per la prevenzione della mortalità per tutte le cause e dell’infarto miocardico non fatale. Gli altri cinque programmi dietetici inclusi, invece, hanno generalmente mostrato pochi o nessun beneficio rispetto all’intervento minimo.
Nonostante i limiti dello studio considerati (vedi oltre),l’adozione di una dieta mediterranea e di una dieta a basso contenuto di grassi sembrerebbero quindi efficaci nella riduzione della mortalità e dell’infarto miocardico non fatale nei pazienti con elevato rischio cardiovascolare. Inoltre, l’adozione di una dieta mediterranea risulta efficace anche nella riduzione del rischio di ictus.
Il contesto e il punto di partenza
Stime globali indicano che le abitudini alimentari sono responsabili del 22% dei decessi nella popolazione adulta e del 15% degli anni vissuti con disabilità. Questo dato suggerisce che una dieta inadeguata rappresenta una delle principali cause di mortalità e morbilità a livello mondiale.
Sebbene in letteratura diverse linee guida abbiano indicato che numerosi programmi dietetici possono ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, ad oggi mancano studi di alta qualità che confrontino l’impatto di questi regimi alimentari su diversi outcomes quali: tutte le cause di mortalità, la mortalità cardiovascolare ed eventi cardiovascolari come ictus e infarto miocardico non fatale.
Alla luce di queste premesse, gli autori hanno condotto una revisione sistematica degli studi clinici randomizzati utili per valutare l’efficacia di sette programmi dietetici nella prevenzione della mortalità e dei principali eventi cardiologici nei pazienti a elevato rischio di malattie cardiovascolari.
Le caratteristiche dello studio
È stata condotta una revisione sistematica con metanalisi a rete. Sono stati consultati cinque database scientifici: AMED, Cochrane Central Register of Controlled Trials, Embase, Medline e CINAHL per rintracciare articoli pubblicati in lingua inglese da settembre 2021. È stato inoltre consultato ClinicalTrials.gov per gli studi non pubblicati e/o in corso.
Sono stati inclusi nella ricerca studi clinici randomizzati controllati condotti su soggetti adulti con elevato rischio di malattie cardiovascolari, che confrontavano gli effetti di almeno un programma dietetico strutturato (i sette programmi inclusi sono elencati oltre) con quelli di un intervento minimo (definito come dieta abituale o nessun consiglio, rinvio al proprio medico di base, cure abituali, programmi non dietetici o consiglio dietetico minimo erogato una tantum) o con altri programmi dietetici. I criteri di inclusione sono stati: studi che coinvolgessero adulti con almeno due o più fattori di rischio cardiovascolare accertati (come ad esempio, ipertensione arteriosa, dislipidemia, obesità e diabete mellito) o malattie cardiovascolari diagnosticate (storia di malattia coronarica, infarto miocardico acuto, ictus o malattia arteriosa periferica). I programmi dietetici strutturati potevano includere interventi aggiuntivi come l’esercizio fisico o il supporto psicosociale, mentre gli interventi per la cessazione del fumo e i trattamenti farmacologici sono stati considerati come co-interventi. Tra i criteri di inclusione, la presenza di un intervento della durata di almeno nove mesi e che lo studio riportasse l’incidenza di mortalità per tutte le cause, di morte cardiovascolare o di eventi cardiovascolari.
Il rischio di bias degli studi inclusi è stato valutato in maniera indipendente da un team di ricercatori attraverso lo strumento proposto dalla Cochrane, mentre per la valutazione della qualità degli studi è stato utilizzato il metodo GRADE.
I risultati ottenuti
Sono state identificate 8.271 pubblicazioni e tra queste sono stati selezionati 75 studi di cui 40 studi clinici randomizzati controllati.
I 40 studi clinici randomizzati controllati includevano un totale di 35.548 soggetti adulti.
Dagli studi inclusi sono stati identificati sette programmi dietetici: 1) dieta a basso contenuto di grassi (apporto totale di grassi ridotto al 20-30% dell’apporto calorico totale; apporto di grassi saturi ridotto a >10%) 2) dieta mediterranea (aumento dell’apporto di pesce, verdura, frutta e grassi monoinsaturi come l’olio di oliva), 3) dieta a bassissimo contenuto di grassi (apporto totale di grassi ridotto al 10-20% dell’apporto calorico totale), 4) dieta con grassi modificati (apporto totale di grassi invariato, ma aumento dei polinsaturi rispetto ai saturi), 5) dieta con ridotta combinazione di grassi e sodio (come la dieta a basso contenuto di grassi, ma con riduzione del sodio a <2,4 g/giorno), 6) regime alimentare di Ornish (apporto totale di grassi ridotto a meno del 10% dell’apporto calorico; principalmente a base vegetale) e 7) regime alimentare di Pritikin (apporto totale di carboidrati pari al 70-75% dell’apporto calorico; apporto totale di proteine pari al 15-20% dell’apporto calorico; apporto totale di grassi pari al 5-10% dell’apporto calorico; assunzione di fibre pari a 40-45 g per 1000 chilocalorie). I programmi dietetici prevedevano almeno un rinforzo ogni tre mesi durante il primo anno di intervento e la durata mediana del follow-up è stata di tre anni, con un range tra 0,75 e 17 anni.
Dai risultati è emerso che all’ultimo follow-up (con una mediana di tre anni) i programmi dietetici basati sulla dieta mediterranea sono risultati più efficaci rispetto agli interventi minimi nella riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause (OR=0,72 [0,56-0,92]). Sono inoltre risultati superiori agli interventi minimi nella riduzione del rischio di mortalità cardiovascolare (OR=0,55 [0,39-0,78], ictus (0,65 [0,46-0,93] e infarto non fatale (OR=0,48 [0,36- 0,65]. Per quanto riguarda la mortalità cardiovascolare, nei pazienti a rischio intermedio di eventi cardiovascolari è stata dimostrata una riduzione di 13 decessi ogni 1.000, mentre nei pazienti a rischio elevato si è dimostrata una riduzione di 39 decessi ogni 1.000. I programmi dietetici a basso contenuto di grassi sono risultati più efficaci degli interventi minimi nella prevenzione della mortalità per tutte le cause (OR=0,84 [0,74-0,95] e dell’infarto non fatale (OR=0,77 [0,61-0,96]. Non sono emerse differenze statisticamente significative tra questi due programmi, se confrontati. Gli effetti assoluti di entrambi i programmi sono risultati maggiori sui pazienti a rischio più alto.
I programmi dietetici a basso contenuto di grassi, a grassi molto bassi, a grassi modificati, combinati a basso contenuto di grassi e sodio, e i regimi Ornish e Pritikin hanno mostrato benefici scarsi o nulli.
Limiti dello studio
Questo studio presenta alcuni limiti: sono stati inclusi studi che valutavano i programmi dietetici affiancati da co-interventi come il trattamento farmacologico e la cessazione del fumo, sollevando la possibilità che gli effetti fossero, almeno in parte, dovuti ai co-interventi stessi. Gli autori hanno utilizzato specifiche tecniche statistiche, come l’analisi di sensitività, per valutare l’effetto di tali interventi sugli outcomes dello studio ottenendo, per i programmi dietetici a basso contenuto di grassi, una perdita di significatività statistica rispetto alla mortalità.
Un altro limite riguarda la mancata valutazione dell’aderenza dei soggetti ai programmi dietetici a causa della mancanza di dati riportati nei 40 studi clinici randomizzati inclusi nello studio. Inoltre, quando l’aderenza veniva riportata, la validità delle misurazioni è stata messa in discussione, in particolare se non esistevano o non venivano utilizzati biomarcatori affidabili per valutare l’aderenza stessa.
Il gruppo di controllo, che è stato classificato come “intervento minimo”, era eterogeneo, variando da un’assenza totale di consigli dietetici, a consigli dietetici con scarso rinforzo, fino a programmi di cura abituale che includevano una consulenza dietetica una tantum.
Quale la novità e le prospettive
Si tratta della prima revisione sistematica (con metanalisi a “rete”) che si è posta l’obiettivo di determinare l’efficacia di programmi dietetici strutturati messi a confronto con interventi minimi volti alla prevenzione della mortalità e dei principali eventi cardiovascolari (ad esempio, ictus e infarto miocardico) nei pazienti a elevato rischio di malattie cardiovascolari.
Sulla base del metodo GRADE, prove di certezza moderata hanno dimostrato che la dieta mediterranea e quella povera di grassi contribuiscono a ridurre la mortalità per tutte le cause e l’infarto miocardico non fatale nei pazienti ad elevato rischio cardiovascolare. L’adozione di una dieta mediterranea risulta probabilmente efficace anche nella riduzione del rischio di ictus.
Questi risultati si rivelano coerenti con quanto dichiarato dal gruppo di esperti americano in prevenzione delle malattie e medicina basata sulle prove (USPSTF), che raccomanda di offrire alle persone con fattori di rischio cardiovascolare interventi per promuovere diete sane e attività fisica.
A cura di Isabella Santomauro e Melania Stedile