Riferimento bibliografico

GRADE Study Research Group; Nathan DM, Lachin JM, Balasubramanyam A, Burch HB, Buse JB, Butera NM, Cohen RM, Crandall JP, Kahn SE, Krause-Steinrauf H, Larkin ME, Rasouli N, Tiktin M, Wexler DJ, Younes N. Glycemia Reduction in Type 2 Diabetes – Glycemic Outcomes. N Engl J Med. 2022 Sep 22;387(12):1063-1074. doi: 10.1056/NEJMoa2200433. PMID: 36129996; PMCID: PMC9829320.

In sintesi

Attualmente, per le persone affette da diabete di tipo 2 (DM2), l’efficacia comparativa dei farmaci ipoglicemizzanti da utilizzare in associazione alla metformina per mantenere i livelli target di emoglobina glicata (HbA1c) è incerta.

In questo studio che ha coinvolto partecipanti diabetici da meno di 10 anni, in terapia con metformina e con livelli di HbA1c dal 6,8 all’8,5% è stata messa a confronto l’efficacia di quattro farmaci ipoglicemizzanti di uso comune. Tutti e quattro i farmaci, quando aggiunti alla metformina, hanno ridotto i valori di HbA1c. Tra questi, insulina glargine e liraglutide si sono dimostrati significativamente, anche se modestamente, superiori nel raggiungere e mantenere i livelli target di HbA1c.

Contesto e punto di partenza

Tutte le raccomandazioni note fino ad oggi in letteratura in merito alla gestione della glicemia nelle persone con DM2 consigliano, come primo farmaco da utilizzare, la metformina; un secondo farmaco viene aggiunto alla metformina, quando necessario, per raggiungere o mantenere un livello di HbA1c inferiore al 7,0%.

Sfortunatamente, ci sono pochi studi comparativi a lungo termine che possano guidare il medico nella scelta di tale secondo farmaco ipoglicemizzante.

A tal fine è nato lo studio GRADE “Glycemia Reduction Approaches in Type 2 Diabetes: A Comparative Effectiveness”, studio che si è posto l’obiettivo di esaminare l’efficacia relativa degli agenti appartenenti a quattro delle classi più comunemente utilizzate di farmaci ipoglicemizzanti, quando aggiunti alla metformina, nel raggiungere e mantenere certi target di livelli di HbA1c nelle persone affette da DM2 di recente insorgenza.

Caratteristiche dello studio

In questo studio clinico multicentrico, a gruppi paralleli e di efficacia comparativa, sono stati arruolati 5047 partecipanti, con diagnosi di DM2 da meno di 10 anni, con valori di HbA1c compresi tra il 6,8% e il 8,5% e in trattamento con sola metformina. In modo casuale, i partecipanti hanno ricevuto in associazione alla metformina: insulina glargine, glimepiride (una sulfanilurea), liraglutide (un analogo GLP-1) o sitagliptin (un DPP4-inibitore).

I pazienti arruolati sono stati poi valutati trimestralmente e seguiti per 5 anni. L’outcome primario dello studio era l’inefficacia metabolica del trattamento che era stato assegnato casualmente, definita come conferma, alla visita trimestrale successiva, di un livello di HbA1c superiore al 7,0%; l’outcome secondario era la conferma di un livello di HbA1c superiore al 7,5%, dopo l’outcome primario.

Dopo il verificarsi dell’outcome secondario, il protocollo prevedeva l’inizio di insulina glargine nei tre gruppi di trattamento non insulinico, e l’intensificazione della terapia insulinica nel gruppo di trattamento originale con glargine. L’outcome terziario era la conferma di un valore di HbA1c superiore al 7,5% dopo l’esito secondario, indipendentemente dal fatto che l’insulina glargine fosse stata iniziata nei tre gruppi di trattamento senza insulina o che la terapia insulinica fosse stata intensificata nel gruppo di trattamento originale con glargine.

Altri importanti risultati dello studio includono: eventi avversi gravi, eventi avversi mirati (grave ipoglicemia, pancreatite e tumori pancreatici) ed effetti su complicanze microvascolari e cardiovascolari.

I risultati ottenuti

Durante il follow-up medio di 5 anni, il livello target di HbA1c inferiore al 7,0% non è stato raggiunto o mantenuto nel 71% dei partecipanti allo studio che hanno ricevuto circa 2000 mg di metformina al giorno, più uno dei quattro farmaci ipoglicemizzanti utilizzati.

Ciononostante, i livelli medi di HbA1c sono diminuiti di circa 0,3 punti percentuali rispetto al basale in tutti i gruppi di trattamento.

Il confronto dei quattro farmaci ipoglicemizzanti, poi, ha rivelato differenze importanti in termini di efficacia ed effetti avversi: insulina glargine e liraglutide si sono dimostrati significativamente, anche se modestamente, più efficaci nel mantenere nel tempo i livelli target di HbA1c (in particolare Hb1Ac inferiore al 7% per circa sei mesi in più rispetto a sitagliptin, che al contrario è stato in questo senso il trattamento meno efficace); anche in merito all’outcome secondario, insulina glargine è risultata più efficace nel mantenere il livello di HbA1c inferiore al 7,5% (solo il 39% dei partecipanti di questo braccio ha presentato valori di HbA1c superiori al 7,5%).

Tutti i partecipanti hanno risposto al trattamento proposto, indipendentemente dal farmaco ipoglicemizzante utilizzato, dalle differenze etniche e dalle caratteristiche demografiche dei sottogruppi in cui è stata divisa la popolazione.

L’unica differenza riportata nell’outcome metabolico primario, secondo i fattori basali, è stata osservata nell’analisi dei tre intervalli di livelli di HbA1c: i partecipanti con valori di HbA1c più elevati al basale hanno avuto esiti metabolici progressivamente peggiori con sitagliptin rispetto agli altri trattamenti.

In quanto poi ad altri effetti avversi dei quattro farmaci ipoglicemizzanti, sono state riscontrare notevoli differenze: sebbene l’incidenza complessiva di ipoglicemia grave fosse bassa, la glimepiride, seguita dall’insulina glargine, era associata ad un’incidenza più alta; liraglutide e sitagliptin hanno determinato una perdita di peso media di 3,5 kg e 2,0 kg, rispettivamente, a 4 anni; come previsto, 22 partecipanti al gruppo liraglutide hanno riportato la più alta frequenza di effetti collaterali gastrointestinali.

Limiti

Un limite di questo studio è l’esclusione, tra i farmaci ipoglicemizzanti, dei tiazolidinedioni e degli inibitori SGLT2, rispettivamente a causa di problemi di sicurezza al momento della pianificazione dello studio e della tempistica dell’approvazione da parte della FDA.

Inoltre, sebbene la selezione di singoli agenti, all’interno delle quattro classi di farmaci, abbia facilitato lo svolgimento della sperimentazione, questa selezione ha altresì limitato l’estrapolazione dei risultati ottenuti dallo studio ad altri farmaci all’interno delle stesse classi.

Altro limite è  il fatto che lo studio fosse “non cieco” per motivi pratici; tuttavia, la misura sistematica e oggettiva degli outcomes metabolici in tutti i partecipanti ha ridotto qualsiasi potenziale bias di accertamento.

Infine, gli aggiustamenti terapeutici sono stati effettuati frequentemente in conformità con il protocollo di studio, una pratica che potrebbe non riflettere la lentezza degli aggiustamenti terapeutici in ambito clinico.

Novità

I punti di forza di questo studio includono il suo design come uno studio di efficacia comparativa, nonché le sue grandi dimensioni, la popolazione diversificata e la lunga durata. L’unico altro studio di efficacia comparativa di scala simile che ha coinvolto partecipanti con DM2 è stato ADOPT (A Diabetes Outcome Progression Trial), che ha confrontato tre monoterapie in pazienti con DM2 di recente insorgenza.

Conclusioni

I risultati complessivi di questo studio evidenziano la difficoltà nel raggiungere e mantenere i livelli raccomandati di HbA1c nei pazienti con DM2, anche in uno studio clinico in cui tutte le cure sono fornite gratuitamente.

Tali dati suggeriscono, pertanto, la necessità di interventi più efficaci per il controllo a lungo termine della glicemia nelle persone con DM2.

Non solo, gli studi di efficacia comparativa sono ad oggi raramente eseguiti. Lo studio GRADE, attraverso un confronto oggettivo dei vantaggi e degli svantaggi di quattro farmaci ipoglicemizzanti di uso comune, aggiunti alla metformina, si sforza di fornire una guida nella scelta del trattamento nel paziente diabetico.

Questi risultati possono pertanto stimolare l’avvio di ulteriori studi comparativi che includano altre molecole, all’interno delle stesse classi di farmaci, e nuove molecole appartenenti ad altre classi di farmaci ipoglicemizzanti, in modo da arricchire il processo decisionale condiviso tra medico e paziente nella selezione del farmaco da aggiungere alla metformina.

A cura di Eleonora Croce


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