Riferimento blibliografico

Moran C, Lacy ME, Whitmer RA, et al. Glycemic Control Over Multiple Decades and Dementia Risk in People With Type 2 Diabetes. JAMA Neurol. 2023;80(6):597-604.

In sintesi

I livelli glicemici associati ad un minor rischio di demenza nelle persone affette da diabete mellito di tipo 2 (DM2) non sono a tutt’oggi noti. Tuttavia, la conoscenza di questo dato sarebbe fondamentale per impostare target glicemici “ideali” per i pazienti. L’obiettivo dello studio descritto è quello di valutare la possibile associazione tra l’esposizione cumulativa a vari intervalli di concentrazioni di emoglobina glicata (HbA1c) e il rischio di demenza.

Il contesto e il punto di partenza

Sebbene il DM2 sia globalmente associato ad un aumento del rischio di demenza, non è chiaro se il controllo glicemico possa modificare questo rischio nella popolazione. Studi osservazionali hanno dimostrato che l’iperglicemia e la durata del diabete sono associati ad un aumento del rischio di demenza. Tuttavia, studi con obiettivi glicemici restrittivi suggeriscono che il tentativo di ottenere un controllo glicemico rigoroso può essere più dannoso che utile (per esempio per gli effetti collaterali da ipoglicemia che si possono osservare nei pazienti diabetici).
Attualmente non esiste un target terapeutico raccomandato universalmente condiviso, e si incoraggia ad agire in base alle circostanze individuali di ogni singola persona.

Il contesto e il punto di partenza

Sebbene il DM2 sia globalmente associato ad un aumento del rischio di demenza, non è chiaro se il controllo glicemico possa modificare questo rischio nella popolazione. Studi osservazionali hanno dimostrato riportato che l’iperglicemia e la durata del diabete sono associati ad un aumento del rischio di demenza. Tuttavia, studi con obiettivi glicemici restrittivi suggeriscono che il tentativo di ottenere un controllo glicemico rigoroso può essere più dannoso che utile (per esempio per gli effetti collaterali da ipoglicemia che si possono osservare nei pazienti diabetici).
Attualmente non esiste un target terapeutico raccomandato universalmente condiviso, e si incoraggia ad agire in base alle circostanze individuali di ogni singola persona.

Le caratteristiche dello studio

Si tratta di uno studio di coorte che includeva pazienti dell’ospedale Kaiser Permanente Northern California affetti da DM2, con un’età pari o superiore a 50 anni nel periodo di studio, che è andato dal 1° gennaio 1996 al 30 settembre 2015. Inoltre, tutti i soggetti inclusi avevano più di una misurazione di HbA1c nel periodo di studio, e almeno tre anni di follow-up. Sono stati esclusi dall’analisi pazienti che già presentavano decadimento cognitivo alla diagnosi.

I risultati ottenuti

Lo studio ha incluso più di 250.000 partecipanti, dei quali il 53% erano uomini, con un’età media di 61,5 (9,4) anni. La durata media del follow-up è stata di 5,9 (4,5) anni. Partecipanti con più del 50% delle misurazioni dell’HbA1c tra il 9% e il 10% o maggiori del 10% avevano un rischio maggiore di demenza rispetto a coloro che ne avevano il 50% o meno in tali categorie. Al contrario, i partecipanti con più del 50% delle misurazioni di HbA1c inferiori al 6%, dal 6% al 7% o dal 7% all’8% avevano un rischio inferiore di sviluppo di demenza nel corso degli anni.

Limiti dello studio

Il principale limite dello studio riguarda l’età di inclusione dei pazienti, che era sempre superiore ai 50 anni. Pertanto non è chiaro se i risultati ottenuti possono essere generalizzati a individui di età inferiore ai 50 anni. Inoltre, nello studio, non sono stati considerati altri fattori predisponenti per decadimento cognitivo (e per malattie cerebrovascolari più in generale), come il fumo e l’obesità.

Quale la novità e le prospettive

In questo studio è stato osservato che il rischio di demenza era maggiore tra gli adulti con concentrazioni cumulative di HbA1c pari o superiori al 9% nel corso del periodo di osservazione. Questi risultati supportano l’idea che sia opportuno mantenere obiettivi glicemici non estremamente severi, come già raccomandati per le persone anziane con DM2. Tuttavia suggeriamo cautela nell’applicare direttamente i risultati alla pratica clinica: infatti, il controllo glicemico medio e la variazione del controllo glicemico nel tempo sono indicatori diversi e non è chiaro se effettivamente siano misure complementari o se una delle due debba avere la priorità sull’altra per ogni singolo paziente.

 

A cura di Fabiola De Marchi

 


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