Riferimento bibliografico

De Vos II, Remmers S, Hogenhout R, Roobol MJ; ERSPC Rotterdam Study Group. Prostate Cancer Mortality Among Elderly Men After Discontinuing Organised Screening: Long-term Results from the European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer Rotterdam. Eur Urol. 2024 Jan;85(1):74-81. doi: 10.1016/j.eururo.2023.10.011.

 

In sintesi

L’incidenza di cancro alla prostata aumenta con l’avanzare dell’età per cui, considerato l’invecchiamento generale della popolazione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato un’incidenza pari a 2,4 milioni di casi entro il 2040, associata a un raddoppio del numero dei decessi conseguenti. Protrarre le azioni di screening può limitare notevolmente questa problematica, ma spesso può contemporaneamente portare a sovradiagnosi ed eccesso di trattamenti, soprattutto in pazienti particolarmente anziani e con multiple comorbidità. Scopo di questo studio è valutare la mortalità specifica per cancro alla prostata (PCSM) negli uomini anziani che si sono precedentemente sottoposti a uno screening basato sull’antigene prostatico specifico (PSA) e identificare coloro che potrebbero trarre beneficio dal proseguimento dello screening.

 

Il contesto e il punto di partenza

È stato dimostrato come nella popolazione maschile di età compresa tra i 55 e i 69 anni uno screening ripetuto basato sul valore di PSA possa significativamente ridurre sia l’incidenza di cancro alla prostata metastatico sia la mortalità ad esso associata; tuttavia, non è stata evidenziata nessuna riduzione significativa negli uomini sottoposti per la prima volta allo screening tra i 70 e i 74 anni. D’altra parte un numero considerevole di casi tra i pazienti sottoposti a screening ripetuti ha sviluppato un cancro prostatico letale in seguito all’interruzione dello screening dopo i 74 anni. Rimane quindi aperto il dibattito sull’età opportuna per l’interruzione dello screening.

 

Le caratteristiche dello studio

L’articolo pubblicato su European Urology analizza il braccio olandese dello studio europeo multicentrico randomizzato ERSPC, in atto dal 1993, che mira a studiare l’effetto sulla popolazione dello screening basato sul PSA e la mortalità correlata al tumore prostatico. Lo scopo è quello di individuare un sottogruppo che può trarre beneficio dalla prosecuzione dello screening. Si sono valutati uomini di età compresa tra i 70 e i 74 anni che hanno completato lo screening tra il 1993 e il 2007 senza ricevere una diagnosi di cancro prostatico; il follow up è terminato con la morte del soggetto oppure al 1° gennaio 2020. L’esito primario è stato individuare l’incidenza cumulativa di morte correlata a cancro alla prostata all’età di 85 anni, inoltre sono state calcolate anche le incidenze cumulative a 10 e 15 anni. Questi risultati sono stati correlati con i valori dell’ultimo esame di PSA fatto nel corso dello screening.

 

I risultati ottenuti

Sono stati valutati un totale di 7052 uomini, 5277 sono deceduti durante il follow up (età mediana raggiunta 88 anni). Durante il periodo di follow up a 324 uomini è stato diagnosticato cancro alla prostata (mediana a 7 anni dal termine dello screening) di cui 107 con cancro metastatico; 81 uomini sono morti a causa della malattia. Al termine dello studio l’incidenza cumulativa di morte legata al cancro alla prostata all’età di 85 anni era dello 0,54% (mentre l’incidenza cumulativa della popolazione generale Europea e USA è di circa il 2%), mentre per tutte le altre cause di mortalità è stata del 52%. Si è quindi correlata l’incidenza cumulativa di morte per cancro alla prostata a 85 anni in relazione all’ultimo valore di screening di PSA, evidenziando quanto il rischio fosse strettamente correlato ad elevati valori di PSA. In conclusione, è risultato che gli uomini di età compresa tra i 70 e i 74 anni che si sono sottoposti in precedenza a uno screening basato sul PSA senza ricevere una diagnosi di cancro prostatico hanno un rischio molto basso di morire per cancro prostatico all’età di 85 anni. Questi dati suggeriscono che lo screening può essere interrotto negli uomini con PSA <3,0 ng/ml o con precedenti biopsie prostatiche benigne. Quelli con livelli di PSA più elevati e senza precedenti biopsie possono considerare di continuare lo screening se l’aspettativa di vita supera i 10 anni.

 

I limiti dello studio

Questo studio presenta svariati punti di forza, tra cui va sottolineato in particolar modo il follow up a lungo termine. Tuttavia, presenta anche limiti, tra cui la mancanza di dati sui test del PSA della coorte dopo l’interruzione dello screening, senza possibilità di escludere con certezza che la riduzione del tasso di mortalità sia legata alla prosecuzione dei test oltre i 74 anni. Inoltre va evidenziata la natura non interventistica dello studio, che quindi non fornisce prove che la prosecuzione dello screening in pazienti ad alto rischio si traduca in una riduzione statisticamente significativa della mortalità legata a cancro alla prostata.

 

Quali le novità

Lo studio evidenzIa come i pazienti di età compresa tra i 70 e i 74 anni sottoposti a screening basato su PSA senza una diagnosi di tumore prostatico abbiano una probabilità molto bassa di morte legata a cancro alla prostata; inoltre mette in dubbio l’utilità dello screening continuo nei pazienti con valori di PSA inferiori ai 3 ng/ml prima dei 70 e precedenti di biopsie prostatiche benigne.

 

Quali le prospettive

Per uomini con livelli di PSA elevati senza precedenti biopsie prostatiche lo screening continuato risulta appropriato se la loro aspettativa di vita supera i 10 anni; tuttavia, risulta importante non fare affidamento esclusivamente sull’età del paziente. Si sottolinea l’importanza di prendere in considerazione fattori quali il performance status e la volontà di sottoporsi a eventuali trattamenti. Questo studio inoltre evidenzia quanto sia importante effettuare ulteriori future indagini per individuare l’impatto preciso delle singole comorbidità sull’incidenza di morte correlata al carcinoma prostatico.

 

A cura di Giulia Maria Colombo

 

 

 

 

 

 


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