Riferimento bibliografico

Holtermann A, Schnohr P, Nordestgaard BG, Marott JL. The physical activity paradox in cardiovascular disease and all-cause mortality: the contemporary Copenhagen General Population Study with 104 046 adults. Eur Heart J. 2021. doi:10.1093/eurheartj/ehab087

In sintesi

Secondo i risultati di uno studio osservazionale su più di 100.000 individui, l’attività fisica svolta nel tempo libero e quella svolta sul lavoro avrebbero associazioni opposte e indipendenti con la salute cardiovascolare e la longevità.

Il contesto e il punto di partenza

Per ottenere benefici in termini di salute, l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda sia l’attività fisica durante il tempo libero che quella svolta lavorando. Tuttavia, la recente letteratura sull’argomento aveva suggerito un’associazione tra attività fisica professionale e un aumento del rischio di malattie cardiache e mortalità. La qualità dei dati di tali studi era spesso scarsa e la presenza di fattori socioeconomici confondenti, come lo stile di vita o lo stato socioeconomico, non avevano ancora consentito di trovare relazioni di causalità.

Le caratteristiche dello studio

Lo studio di Holtermann e colleghi ha incluso 104.046 donne e uomini di età compresa tra 20 e 100 anni coinvolti nel Copenhagen General Population Study con misurazioni di base nel periodo 2003-2014. I partecipanti hanno compilato questionari sull’attività fisica durante il tempo libero e al lavoro. Per entrambi gli ambiti, il livello di attività svolta è stato classificato come “basso”, “moderato”, “alto” o “molto alto”. Le misurazioni sono state successivamente correlate ai registri nazionali danesi dei ricoveri ospedalieri e dei decessi. Nelle analisi i dati sono stati aggiustati per più fattori (età, sesso, stile di vita, salute e istruzione), dimostrando che le correlazioni non erano attribuibili allo stile di vita, alle condizioni di salute o allo stato socioeconomico dei soggetti.

I risultati ottenuti

Attività fisica nel tempo libero: rispetto all’attività fisica di livello basso nel tempo libero, l’attività moderata, elevata e molto elevata era associata rispettivamente al 26%, al 41% e al 40% di riduzione del rischio di morte per tutte le cause. Analogamente, rispetto a un’attività nel tempo libero di livello basso, livelli moderati, elevati e molto elevati erano associati rispettivamente a rischi ridotti di MACE (Major Adverse Cardiovascular Events) del 14%, 23% e 15%.
Attività fisica sul lavoro: rispetto a un’attività lavorativa di livello basso, un’attività alta e molto alta risultavano associate rispettivamente a un aumento del rischio di morte per tutte le cause del 13% e del 27%. Allo stesso modo, rispetto all’attività lavorativa bassa, livelli elevati e molto elevati erano associati rispettivamente al 15% e al 35% di aumento dei rischio di MACE. La frequenza cardiaca durante il lavoro, per tutti i sottogruppi di lavoratori, non aumentava abbastanza da ottenere un miglioramento della forma fisica e della salute cardio-respiratoria. Al contrario, l’attività fisica professionale è prevalentemente associata a stanchezza, recupero insufficiente e pressione sanguigna elevata nelle 24 ore.

Limiti dello studio

Le informazioni sull’attività fisica nel tempo libero e sull’attività fisica professionale si sono basati su questionari auto-somministrati, le domande sono state utilizzate per decenni in diverse coorti e sono molto simili nel contenuto e nella formulazione, quindi non possono cogliere le diverse sfumature dell’attività fisica lavorativa e di quella svolta nel tempo libero. I risultati potrebbero non essere direttamente generalizzabili al di fuori del contesto danese, perché le condizioni di lavoro, l’ambiente di vita e lo stile di vita in Danimarca sono generalmente più avanzati che in alcuni paesi dell’Europa meridionale e orientale.

Quali le novità

Ad oggi, lo studio di Holtermann e colleghi è il più grande a mostrare risultati coerenti dopo una correzione che tenga conto dei fattori confondenti legati allo stile di vita, alla salute, alle condizioni di vita e allo stato socioeconomico. I risultati dello studio hanno una buona credibilità e forza, perché la stessa associazione è stata trovata nell’analisi per sottogruppi di soggetti.

Quali le prospettive

Sono auspicabili studi futuri che coinvolgano popolazioni meno privilegiate in paesi a basso reddito, dove prevale un’attività fisica professionale intensa (ad esempio con sollevamento di carichi pesanti). In queste realtà le associazioni con i danni alla salute causati dall’attività fisica professionale potrebbero potenzialmente essere più forti.
I risultati di questo studio potrebbero incentivare la riorganizzazione delle attività sul luogo di lavoro, in modo che queste ultime possano produrre effetti benefici simili a quelli dell’esercizio fisico svolto nel tempo libero. Sono in fase di sperimentazione alcuni approcci, come quello che prevede la rotazione tra le postazioni di lavoro su una linea di produzione, in modo che i dipendenti svolgano una sana combinazione di attività durante lo stesso turno, tra cui stare seduti, in piedi e sollevare carichi.

A cura di Elisabetta Bravini e Carmela Rinaldi

 


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