Riferimento bibliografico
Burnes D, Sheppard C, et al. Interventions to Reduce Ageism Against Older Adults: A Systematic Review and Meta-Analysis. Am J Public Health. 2019;109(8): e1-e9.
In sintesi
L’ageismo (dal termine inglese “ageism”) è un fenomeno secondo il quale si sviluppano pregiudizi, stereotipi, discriminazioni basati sull’età nei confronti delle persone , non solo da parte della gente comune, ma anche dei professionisti della salute. Sembra avere un impatto negativo sulla salute e sul benessere mentale di chi lo subisce. Infatti, è legato a molteplici outcomes negativi che pongono la popolazione anziana a rischio: per esempio il declino fisico e cognitivo, che possono pregiudicare la scelta dei trattamenti di cura a cui accedere; l’esclusione da studi di ricerca; la depressione, diffusa nella popolazione anziana. Anche tra i professionisti della salute mentale è diffusa la convinzione che la depressione sia un costrutto “normale” dell’invecchiamento. Pertanto, l’obiettivo della diffusione di una maggior conoscenza sull’ageismo vuol essere la crescita della consapevolezza sull’argomento, insieme alla popolazione anziana che aumenta, e la messa a punto di strategie volte a ridurre i pregiudizi relativi all’invecchiamento, come ad esempio l’educazione rispetto a questo tema, il contatto intergenerazionale o i due metodi combinati.
Contesto e punto di partenza
Buona parte delle iniziative per contrastare l’ageismo sono promosse dalla World Health Organization (WHO), con il proposito di comprendere e affrontare il problema ed è con questi obiettivi che si sviluppa la ricerca. Inoltre, è di interesse verificare se esistano degli studi in letteratura che promuovono interventi per migliorare la situazione attuale e quali sono risultati i più efficaci.
Caratteristiche dello studio
Lo studio preso in considerazione è una revisione sistematica della letteratura, lavoro sviluppato seguendo le linee guida “PRISMA”. Gli studi inclusi all’interno dell’articolo seguono criteri ben precisi: valutare gli interventi ideati per ridurre l’ageismo; esaminare almeno un outcome in relazione agli anziani rispetto agli interventi effettuati; usare un disegno con un gruppo di controllo (sia con ricorso a randomizzazione che no); infine, che gli studi inclusi siano stati pubblicati dopo il 1970, anno a partire dal quale il concetto di ageismo si è sviluppato.
I risultati ottenuti
Gli interventi che hanno ridotto significativamente il livello di ageismo auto-riportato sono stati sostanzialmente di tre tipi : l’educazione rispetto al fenomeno, il contatto intergenerazionale e una modalità combinata tra le due precedenti. Questi programmi hanno ottenuto un effetto benefico tangibile; i dati suggeriscono anche che gli interventi per ridurre l’ageismo sono particolarmente efficaci tra le donne e tra i gruppi educativi di adolescenti e giovani adulti. Gli interventi per contrastare il fenomeno sono particolarmente significativi su outcome come l’atteggiamento nei confronti dell’invecchiamento , la conoscenza delle tematiche legate all’invecchiamento e l’essere a proprio agio con persone anziane. Gli interventi non incidono però significativamente su outcome come gli stati d’ansia legati al proprio invecchiamento e il lavorare con persone più anziane. Gli interventi maggiormente significativi ai fini del modificare i comportamenti delle persone non anziane nei confronti di queste ultime e della conoscenza delle tematiche legate all’invecchiamento sono stati il contatto intergenerazionale e quelli combinati, dove si è visto che in particolare sul sesso femminile ci sono outcomes molto positivi. I giovani adulti delle scuole superiori e universitari sembrano essere molto sensibili a queste iniziative.
Limiti dello studio
Data la natura delle prove disponibili, non si poteva far riferimento a studi randomizzati-controllati, per cui si è ricorso a studi quasi-sperimentali, in assenza di prove più rigorose. C’è la necessità di studi futuri, possibilmente randomizzati e controllati. La revisione ha evidenziato due importanti lacune nella letteratura sull’ageismo: la maggior parte degli studi in merito provenivano dagli Stati Uniti, il che può portare a una distorsione legata alla localizzazione e, in secondo luogo, mancavano studi che esaminassero l’effetto degli interventi contro l’ageismo tra gli stessi adulti anziani. Ulteriori ricerche sono necessarie in altri contesti del mondo per capire se l‘effetto può variare da paese a paese. Inoltre, la maggior parte degli interventi di questo studio erano su piccola scala e con programmi a basso costo.
Novità e prospettive
Bisognerebbe promuovere programmi combinati, in cui è incrementato il contatto tra “vecchia” e “nuova” generazione: diffondere questa modalità di contatto e comunicazione dovrebbe essere una priorità assoluta. Infatti, l’ageismo costituisce una crisi globale, ed è importante sviluppare interventi che siano adattati a diversi contesti nazionali e culturali. Gli studi suggeriscono che la ricerca di ulteriori interventi educativi porterà a sostanziali progressi nel combattere l’ageismo e, di riflesso, a migliorare la salute e il benessere delle persone anziane, che sono un patrimonio per la cultura di qualsiasi luogo o tempo venga preso in considerazione.
A cura di Barbara Mazzarella