Riferimento bibliografico

B. Doncel-García, A. Mosquera-Lajas, N. Fernandez-Gutiérrez, A. Fernandez-Atutxa, I. Lizaso, J. Irazusta, Relationship between negative stereotypes toward aging and multidimensional variables in older people living in two different social environments. Archives of Gerontology and Geriatrics, 2022 (98) 104567.

In sintesi

Lo studio mette a confronto un gruppo campione di anziani che vivono in autonomia nelle loro abitazioni (n. 146) e un gruppo di anziani che risiedono in case di cura (n. 126), quantificando alcune variabili multidimensionali in relazione allo stress esercitato dall’ageismo, termine che sta ad indicare il pregiudizio sociale nei confronti degli anziani, fenomeno discriminatorio sempre più diffuso e allarmante. I risultati dello studio suggeriscono che subire atteggiamenti ageisti influisce in maniera negativa sul benessere delle persone anziane, con differenze significative a seconda dell’età, del sesso e del contesto ambientale.

Contesto e punti di partenza

Il premio Pulitzer Robert Neil Butler, a metà degli anni Settanta, è stato tra i primi a mettere a fuoco il concetto di ageismo, che si riferisce al pregiudizio nei confronti delle persone anziane, e quindi all’insieme di comportamenti discriminatori perpetrati nei loro confronti. Secondo l’European Social Survey, l’ageismo è più comune e diffuso di altre forme discriminatorie quali razzismo e sessismo (Abrams & Swift, 2012). Studi recenti confermano l’impatto negativo dell’ageismo sotto diversi punti di vista (Levy et al., 2020), nella misura in cui la pressione esercitata dall’insieme di comportamenti discriminatori, diretti e indiretti, va a costituire un fattore di stress cronico, che mina le attività sociali, le performance cognitive, gli stati di umore e la salute in genere. Il fenomeno sta diventando così dilagante, complice l’invecchiamento delle società occidentali, che l’Organizzazione mondiale della sanità ha incoraggiato strategie legislative per contrastarlo a più livelli. Il fattore di rischio più preoccupante riguarda l’aspetto psicologico, tale per cui sarebbe l’interiorizzazione dello stereotipo, ovvero l’introiezione dell’immagine negativa che la società proietta sull’anziano, ad accelerare il processo stesso di invecchiamento.

C’è da considerare poi un fattore, spesso trascurato, della natura multidimensionale dell’ageismo: la differenza di genere. Il pregiudizio sulla popolazione femminile adulta può riassumersi nel noto cinico andante: “col passare del tempo, gli uomini maturano mentre le donne invecchiano”. Per questo motivo, l’indagine del team universitario spagnolo che indaga a tutto tondo l’ageismo è particolarmente apprezzabile, e i risultati  degni di attenzione. 

Le caratteristiche dello studio

L’elemento significativo (e originale) dello studio, da mettere in particolare evidenza, è l’approccio all’indagine delle variabili sociodemografiche, cliniche, fisiche, psicologiche e sociali; un approccio che si basa sul confronto tra due macrotipi di popolazione anziana: coloro che vivono autonomamente nelle proprie abitazioni e coloro che risiedono nelle case di cura. Ai due gruppi ,i cui partecipanti avevano tutti più di 60 anni, sono state somministrate diverse tipologie di interviste e il questionario CENVE (Negative Stereotypes Towards Ageing Questionnaire, questionario aging molto utilizzato tra i parlanti di lingua spagnola). Per misurare le  variabili, gli studiosi hanno utilizzato la valutazione geriatrica completa (CGA), un processo diagnostico multidimensionale, interdisciplinare, progettato per quantificare le capacità e i problemi clinici, psicosociali e funzionali di un anziano con l’intenzione di arrivare a un piano completo per la terapia e follow-up a lungo termine. La domanda che si sono posti i ricercatori è la seguente: la portata negativa del pregiudizio ageista è in relazione con i differenti contesti ambientali e le differenze di genere, nonché con il progredire dell’età?

Influenzati dal precedente studio sperimentale di Buckinx e colleghi (2018), i ricercatori baschi hanno ipotizzato che ci siano correlazioni statisticamente significative tra stereotipi ageisti e almeno alcune variabili multidimensionali, e che queste correlazioni siano influenzate dal genere e dai contesti ambientali. 

I risultati

Si è potuto, da una parte, confermare che l’ageismo mette a rischio il benessere degli anziani, creando oltretutto un onere per il sistema sanitario; dall’altra, che la negatività degli stereotipi relativi all’invecchiamento è associata a molte variabili. Questo ventaglio di effetti e condizionamenti differisce in maniera significativa a seconda dell’età, del sesso e del contesto ambientale. In particolare, per quanto riguarda le donne che vivono nelle case di cura, è emerso, che le donne più giovani risentono maggiormente degli stereotipi sull’invecchiamento rispetto alle donne più anziane. Per quanto riguarda gli uomini che vivono autonomamente,  nei soggetti più anziani sono emerse più frequentemente credenze stereotipate sull’età rispetto ai soggetti più giovani.

In generale, comunque, possiamo affermare che le donne anziane che vivono nelle case di cura sono meno influenzate dagli stereotipi negativi sull’invecchiamento rispetto agli uomini anziani che vivono autonomamente. Tale percezione indubbiamente più positiva dell’invecchiamento potrebbe essere spiegata dal fatto che, generalmente, le donne hanno meno oneri e responsabilità una volta entrate in case di cura rispetto a coloro che vivono autonomamente (Hayslip, Fruhauf & Dolbin-MacNab, 2019). Inoltre, il processo di invecchiamento non è lo stesso negli uomini e nelle donne: mentre le donne sperimentano livelli più elevati di comorbilità e disabilità, hanno anche un’aspettativa di vita più lunga e tollerano la fragilità meglio degli uomini. Una maggiore durata della permanenza nelle case di cura, inoltre, è stata significativamente associata a una peggiore percezione dell’invecchiamento nel campione di anziani ivi residenti. 

I limiti dello studio

La valutazione geriatrica CGA non è stata mai applicata a studi sull’ageismo. Questo, forse, più che un limite, costituisce un’opportunità e offre nuovi spunti di ricerca. I veri limiti dello studio risiedono nella tipologia dei campioni esaminati, dal momento che gli studiosi hanno incluso solo residenti in case di cura senza gravi disabilità fisiche e cognitive. In secondo luogo, a causa della natura trasversale dello studio, non possiamo determinare con certezza la direzionalità causale delle relazioni trovate tra le diversi variabili e i livelli di età. Infine, non si può non tener presente che oltre ai luoghi di residenza (proprie abitazioni o case di cura) e alle differenze di genere, altri fattori di interazione ambientale e interpersonale potrebbero influenzare la percezione della discriminazione ageista.

Prospettive future

Uno dei dati più significativi emersi dallo studio di Doncel-Garcia e colleghi riguarda una variabile in particolare: il livello di istruzione, che costituisce il fattore che maggiormente è in grado di influenzare la percezione dell’invecchiamento. Gli anziani più istruiti hanno opinioni più positive rispetto al proprio invecchiamento. Dunque, l’istruzione e il livello culturalesono in grado di promuovere effetti positivi sulla percezione dell’invecchiamento, come mostrano alcune ricerche (Burnes et al., 2019). Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per confermare questo effetto. 

Dato che dal confronto tra i due diversi ambienti sociali in cui solitamente vivono gli anziani, è emerso che e variabili, a parte ovviamente il genere e l’età, sono modificabili (es.: livelli di educazione, partecipazione alle attività ricreative, riduzione della permanenza nelle case di cura), i risultati dell’esperimento forniscono un quadro più chiaro per contrastare la discriminazione nei confronti della popolazione anziana. Le strategie più promettenti dovrebbero includere politiche culturali e leggi contro il pregiudizio dell’età, interventi educativi e maggiori pretesti per contatti, incontri e reciproca conoscenza intergenerazionale. 

A cura di Emiliano Loria

 

Fonti

Abrams, D., & Swift, H. (2012). Experiences and Expressions of Ageism: Topline results (UK) from Round 4 of the European Social Survey, ESS Country Specific Topline Results (2). Centre for Comparative Social Surveys

Buckinx, F., Charles, A., Rygaert, X., Reginster, J. Y., Adam, S., & Bruy’ere, O. (2018). Own attitude toward aging among nursing home residents: Results of the SENIOR cohort. Aging Clinical and Experimental Research, 30, 1151–1159.

Burnes, D., Sheppard, C., Henderson, C. R., Jr., Wassel, M., Cope, R., Barber, C., et al. (2019). Interventions to reduce ageism against older adults: a systematic review and meta-analysis. American Journal of Public Health, 109(8), e1–e9.

Hayslip, B., Fruhauf, C. A., & Dolbin-MacNab, M. L. (2019). Grandparents raising grandchildren: What have we learned over the past decade? The Gerontologist, 59(3), e152–e163.

Levy, B. R., Slade, M. D., Chang, E., Kannoth, S., & Wang, S. Y. (2020). Ageism amplifies cost and prevalence of health conditions. The Gerontologist, 60(1), 174–181. 


Iscriviti alla Newsletter

* Richiesti
Scegli la newsletter
Consenso all’utilizzo dei dati

Aging Project userà le informazioni che fornisci al solo scopo di inviarti la newsletter richiesta.

Puoi annullare l'iscrizione in qualsiasi momento cliccando sul link che trovi nel footer dell'email. Per informazioni sulla Privacy Policy clicca qui.

Cliccando su "Acconsenti", accetti anche che le tue informazioni saiano trasferite a Mailchimp per l'elaborazione. Ulteriori informazioni sulle privacy di Mailchimp qui