Riferimento Bibliografico

Grande G, Qiu C, Fratiglioni L. Prevention of dementia in an ageing world: Evidence and biological rationale. Ageing Res Rev. 2020;101045. doi:10.1016/j.arr.2020.101045

In sintesi

Una revisione narrativa della letteratura sintetizza le conoscenze scientifiche sulla prevenzione delle demenze, individuando le 3 principali strategie per prevenire o ritardare l’esordio della demenza:

  1. Interventi mirati al corpo per proteggere il cervello, in particolare la prevenzione e il trattamento della malattie cardiovascolari;
  2. Interventi compensativi per contrastare l’invecchiamento del cervello, come l’educazione e l’impegno per tutto l’arco della vita in attività stimolanti sul piano cognitivo e sociale;
  3. Promozione della salute durante tutta la vita (attività fisica, alimentazione sana equilibrata, eliminazione di comportamenti a rischio come tabagismo).

Inoltre sono stati individuati 5 percorsi implicati nello sviluppo e progressione della demenza correlati alle strategie di prevenzione: neurodegenerazione, infiammazione, Resilienza del cervello, danno vascolare, stress ossidativo.

La revisione sottolinea che in letteratura risultano ancora poco chiari i meccanismi biologici e molecolari sottostanti alle evidenze epidemiologiche.

Il contesto e il punto di partenza

  • Le demenze sono una delle principali cause di disabilità e dipendenza tra gli anziani. Nel 2018 quasi 50 milioni di persone erano affette da Alzheimer e altre demenze e questo numero destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni.
  • L’invecchiamento e lo sviluppo di demenza sono processi strettamente correlati: l’età avanzata è il principale fattore di rischio. Allo stesso tempo la demenza non è una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento: ci sono molti altri fattori in gioco.
  • Nonostante il ruolo di determinanti genetici e ambientali, esistono numerosi fattori protettivi, che agiscono attraverso meccanismi di compensazione
  • Gli studi di neuropatologia e di neuroimaging hanno mostrato che la neurodegenerazione coesiste con lesioni cerebrovascolari nella maggior parte dei casi di demenza nei più anziani.
  • Negli ultimi 40 anni, gli studi clinici non sono riusciti a identificare farmaci efficaci nel curare o a anche soltanto a modificare il processo della malattia. Di contro abbiamo molti dati epidemiologici che mostrano la possibilità di agire sui fattori di rischio modificabili e sui fattori protettivi

Caratteristiche dello studio

L’articolo è una narrative review della letteratura, che offre una panoramica sul tema della prevenzione delle demenze, con uno sguardo allo sviluppo storico della ricerca su questo tema e alle future direttrici di ricerca.

Principali risultati

Gli interventi che puntano al corpo per proteggere il cervello sono orientati soprattutto sulla prevenzione e cura di patologie cardiovascolari. Le malattie cardiovascolari (CVD) e la demenza hanno un’alta prevalenza negli anziani, tendono ad aggregarsi nella stessa persona e condividono fattori di rischio comuni come l’ipertensione, l’obesità, il fumo e la dislipidemia. La fibrillazione atriale, la cardiopatia ischemica e l’insufficienza cardiaca sono tra le CVD più studiate e con maggiori evidenze.

Interventi compensativi per contrastare l’invecchiamento del cervello, come l’educazione e l’impegno in attività stimolanti sul piano cognitivo e sociale. L’educazione è un fattore che va considerato nelle sue implicazioni per tutto l’arco della vita: il livello educativo raggiunto da giovani influenza numerosi fattori che nel corso della vita possono favorire lo sviluppo di demenze, come il contesto lavorativo e lo stile di vita. Per questo la ricerca si sta orientando su studi che tengono conto di tutto l’arco della vita, dimostrando che “non è mai troppo tardi” per introdurre interventi compensativi per la salute del cervello.  In età avanzata sono ampiamente documentati i benefici dell’interazione sociale rispetto al rischio di sviluppare demenze, ma potrebbe esserci una causalità inversa.

Alcuni studi promettenti indagano l’interazione dei fattori psicosociali e dello stile di vita con i fattori genetici e le condizioni di salute.

Numerosi studi osservazionali longitudinali hanno mostrato i benefici degli interventi di promozione della salute: l’uso di tabacco è il maggiore fattore di rischio non solo per il cancro e le malattie cardiovascolari, ma anche per le demenze.  L’abuso di alcol è correlato non solo alla sindrome di Wernicke-Korsakoff e alle demenze da alcolismo, ma sembra essere causa di neurotossicità e neuroinfiammazione e in maniera indiretta causa deficienze alimentari che impattano sulla salute del cervello. Un uso moderato, invece sembra essere un fattore protettivo. L’attività fisica è consigliata dall’OMS come principale fattore protettivo dalle demenze, in particolare l’attività aerobica sembra essere più efficace.

Per quanto riguarda l’alimentazione, a fronte di studi contrastanti riguardo a singoli alimenti, la ricerca si è indirizzata verso i regimi alimentari: per esempio la dieta mediterranea è associata a una riduzione del rischio di demenza. In generale sono meno chiari sono i risultati degli interventi di promozione, attuati in età avanzata. Alcuni studi hanno cercato di valutare interventi che non riguardano uno solo di questi comportamenti, ma interventi multidominio.

Quale novità

La revisione narrativa non è finalizzata a mostrare “novità”, ma a descrivere lo stato dell’arte facendo emergere riflessioni, dubbi, interpretazioni e indicazioni sulle future strade da seguire a partire da una lettura critica delle pubblicazioni scientifiche più significative.

In particolare gli autori individuano alcuni elementi critici nella prevenzione

  • Le strategie preventive per essere pienamente efficaci richiedono di essere applicate secondo un approccio che tenga conto delle diverse fasi della vita
  • Interventi preventivi che migliorano il profilo di rischio nelle persone anziane potrebbero ritardare l’insorgenza della demenza. A tal fine, gli interventi multidominio possono essere considerati una prova per tale ipotesi, poiché dimostrano che anche un intervento multidimensionale tardivo può ridurre il tasso di declino cognitivo ed eventualmente posticipare l’insorgenza della demenza.

Quali le prospettive

Un passo fondamentale per la ricerca è quello di riuscire a chiarire i meccanismi biologici e molecolari sottostanti alle evidenze epidemiologiche.

Una domanda chiave per i futuri studi è quella sulla sostenibilità ed efficacia anche in diversi contesti geografici, economici e culturali di questi approcci preventivi.

A cura di Francesca Memini


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