Ammettiamolo: divorziare non è mai facile o indolore. Se poi sei Katie Holmes che si separa da Tom Cruise, o Angelina Jolie da Brad Pitt… beh, la tensione non è certamente mancata alle due famose dive di Hollywood. Ma pure George Clooney e lo “007” Pierce Brosnan hanno raccontato di avere avuto – in gioventù o nei momenti di maggiore stress – notevoli problemi. E poi, come non ricordare Simona Ventura, apparsa in tv con grande dignità a raccontare di come sia stata vittima – anche lei in un momento molto intenso della sua vita – di quella paralisi che per un po’ di tempo le ha segnato il volto. Ecco, avrete capito che qui ci interessiamo, naturalmente, non delle pur dolorose vicende umane di queste star, ma della paralisi del nervo facciale – pure nota come Paralisi di Bell – una patologia neurologica che, lo abbiamo appena visto, non fa proprio distinzione fra facce note o meno note. Scopriamo insieme di cosa si tratta.

Non è soltanto una questione di estetica…

La paralisi del nervo facciale è una condizione clinica caratterizzata dalla perdita parziale o totale della funzione motoria dei muscoli mimici del volto. Questa disfunzione, che generalmente interessa un solo lato del viso, rappresenta una problematica significativa sia per l’impatto estetico, sia per le potenziali ripercussioni funzionali e psicologiche, ma nella maggior parte dei casi può essere considerata una condizione “benigna”, che non va confusa con altre cause (come, per esempio, l’ischemia cerebrale).

Anatomia del nervo facciale, il colpevole

Il nervo facciale (o VII nervo cranico) è un nervo misto, composto da fibre motorie, sensitive e parasimpatiche. La sua funzione principale è quella di innervare i muscoli della mimica facciale, ma partecipa anche alla percezione del gusto nei due terzi anteriori della lingua e alla regolazione delle ghiandole lacrimali e salivari. Il decorso del nervo facciale è complesso e attraversa diverse strutture anatomiche:

  • origina dal tronco encefalico (nucleo motore del facciale nel ponte);
  • attraversa il meato acustico interno e il canale facciale nell’osso temporale;
  • emerge dal forame stilomastoideo per ramificarsi nei muscoli del viso.

La paralisi facciale può manifestarsi principalmente in due modi:

Paralisi periferica: in questo caso interessa il nervo facciale dopo la sua emergenza dal tronco encefalico. È provocata, in genere, da:

  • Paralisi di Bell (o paralisi idiopatica): rappresenta la forma più comune (e argomento di questo articolo), di origine non nota, spesso associata a colpi di freddo, ipertensione, stress o infezioni virali come l’Herpes simplex.
  • Infezioni: otiti, mastoiditi o infezioni da Herpes zoster (sindrome di Ramsay Hunt).
  • Traumi: fratture dell’osso temporale, ferite da taglio.
  • Neoplasie: tumori del parotideo o del nervo stesso.
  • Iatrogenesi: interventi chirurgici o terapie errate nell’area dell’osso temporale o della parotide.

Paralisi centrale: è provocata da lesioni del sistema nervoso centrale, come ictus o tumori cerebrali, che coinvolgono il tratto corticobulbare. In questo caso, la paralisi è generalmente limitata al quadrante inferiore del viso, per un complesso meccanismo di innervazione bilaterale dei muscoli frontali e orbicolari superiori.

Paralisi periferica idiopatica: sintomi, diagnosi e terapie

I sintomi della paralisi periferica del nervo facciale includono:

  • Debolezza o paralisi dei muscoli mimici, che comportano l’incapacità di chiudere l’occhio, l’abbassamento dell’angolo della bocca, la perdita dell’espressività facciale, lo spianamento delle rughe della fronte e l’impossibilità a chiudere le palpebre.
  • Asimmetria facciale: evidente soprattutto durante i movimenti volontari.
  • Alterazioni del gusto nei due terzi anteriori della lingua.
  • Iperacusia: la maggiore sensibilità ai suoni è dovuta al coinvolgimento del nervo stapedio.
  • Secchezza oculare e orale come conseguenze del deficit parasimpatico.

Come si presenta, quindi, una persona con un deficit del nervo facciale? Dal lato paretico, non è capace di corrugare la fronte, di chiudere la rima palpebrale, di gonfiare la gota, di fischiare, e ci sono difficoltà di deglutizione per entrambe le consistenze (solide e liquide) perché i cibi solidi si depositano tra guancia e gengiva e i liquidi scolano lungo l’angolo della bocca.

La diagnosi: nella maggior parte dei casi la sintomatologia è facilmente inquadrabile già con l’esame clinico, ovvero con la valutazione dei movimenti facciali volontari e riflessi. A supporto, si possono eseguire:

  • Risonanza magnetica (RM) o tomografia computerizzata (TC) cerebrale, per identificare lesioni strutturali.
  • Test elettrofisiologici come l’elettromiografia (EMG) per valutare il grado di danno nervoso.
  • Esami di laboratorio, utili per escludere infezioni, malattie autoimmuni o carenze nutrizionali.

Le terapie: il trattamento della paralisi facciale dipende dalla causa sottostante e dall’entità del danno nervoso, ma per la paralisi periferica in genere si ricorre a:

  • Trattamento farmacologico con corticosteroidi, indicati per ridurre l’edema e l’infiammazione; antivirali, associati ai corticosteroidi in caso di sospetta infezione da Herpes simplex o zoster; analgesici, per gestire il dolore.
  • Attenzione, però: queste terapie devono essere impostate dallo specialista, e non possono assolutamente essere decise autonomamente.
  • Terapie fisiche: consistono in esercizi per prevenire l’atrofia muscolare e migliorare il recupero (lo approfondiremo poco più avanti).
  • Protezione oculare: il ricorso a lacrime artificiali e occhiali protettivi è fondamentale per prevenire possibili lesioni corneali.

Fortunatamente la prognosi della Paralisi di Bell è positiva, con un buon tasso di recupero spontaneo (circa il 70-80% dei casi); l’avvio precoce del trattamento farmacologico e della terapia fisica, inoltre, velocizza e migliora la guarigione.

La fisioterapia, un intervento fondamentale

Il deficit del VII nervo cranico determina un difetto del muscolo orbicolare, del muscolo frontale e dei muscoli mimici del viso con conseguente incapacità di chiudere le palpebre. Questa condizione assume il nome di lagoftalmo ed è collegata a una paralisi della regione frontale e del terzo medio del volto (l’area compresa tra le palpebre inferiori e la bocca), e spesso si associa anche a una paralisi del terzo inferiore (bocca). La fisioterapia rappresenta una componente fondamentale nel trattamento di questa paralisi, soprattutto nei casi in cui il miglioramento (spontaneo o con la sola terapia medica) non sia completo. In sintesi, questi sono gli obiettivi che si pone la fisioterapia:

  • Recupero funzionale, per migliorare la capacità di svolgere movimenti facciali.
  • Prevenzione dell’atrofia muscolare: mantiene attivi i muscoli coinvolti e prevenire la loro riduzione a causa del deficit neurologico.
  • Miglioramento estetico: aiuta a ripristinare la simmetria facciale.
  • Miglioramento della qualità di vita, supportando il paziente nello svolgimento delle attività quotidiane e contribuendo a incrementare il suo benessere psicologico.
  • Controllo del dolore: allevia il dolore facciale e la tensione muscolare attraverso tecniche manuali.

È una questione di tecniche…

Anche nel caso della Paralisi di Bell, come in molti casi clinici, la rapidità di intervento e la scelta delle tecniche appropriate sono fondamentali. Ecco le principali:

Fisiochinesiterapia assistita. È fondamentale cominciare precocemente cicli di fisioterapia in cui, con l’aiuto del terapista, si vanno a svolgere tutti i movimenti deficitari. Gli esercizi, da compiere poi in autonomia, mirano al recupero della simmetria facciale e al miglioramento della funzionalità dei muscoli coinvolti. Gli esercizi possono includere

  • Elevare le sopracciglia, per stimolare il muscolo frontale.
  • Sorridere, per stimolare i muscoli zigomatici.
  • Aprire e chiudere gli occhi, per stimolare il muscolo orbicolare dell’occhio.
  • Dare un bacio, per stimolare il muscolo orbicolare della bocca.
  • Gonfiare le guance.

Questi “suggerimenti” devono far parte di un programma personalizzato capace di adattarsi al grado di paralisi e al recupero individuale di ogni paziente. Anche stavolta, niente fai-da-te.

Massaggio e stimolazione tattile. Il massaggio terapeutico è una tecnica utilizzata per migliorare la circolazione sanguigna, ridurre la tensione muscolare e stimolare la funzione nervosa. L’applicazione di leggere pressioni sui muscoli facciali può favorire la riduzione della rigidità muscolare, alleviare il dolore e migliorare la mobilità. La stimolazione tattile, come il massaggio delicato dei muscoli facciali e dei nervi, può anche contribuire a mantenere attivi i sensori del nervo facciale. Questa tecnica è particolarmente utile nei casi in cui i muscoli facciali sono deboli o atrofizzati.

Elettrostimolazione. È una tecnica che utilizza impulsi elettrici per stimolare i muscoli facciali e promuovere il recupero della forza. Questa terapia è utilizzata quando la ripresa spontanea è lenta o parziale. Gli impulsi elettrici possono essere somministrati per mezzo di elettrodi posti sulla pelle, che inviano stimoli a bassa frequenza ai muscoli facciali. L’elettrostimolazione aiuta a mantenere attivi i muscoli e a prevenire l’atrofia muscolare.

Terapia occupazionale. Oltre agli esercizi fisioterapici mirati, la terapia occupazionale aiuta i pazienti a migliorare le attività della vita quotidiana (ADL). Il terapista, in questo caso, può insegnare tecniche per migliorare la capacità di nutrirsi, bere e parlare, in modo che i pazienti possano riprendere le normali attività quotidiane. L’allenamento funzionale è utile per adattarsi a nuove abitudini e compensare la debolezza dei muscoli facciali.

Biofeedback. È una tecnica che aiuta i pazienti a prendere coscienza dei propri muscoli e delle loro funzioni. Utilizzando sensori che misurano l’attività muscolare, il biofeedback fornisce informazioni in tempo reale su come il corpo reagisce agli esercizi; questo aiuta i pazienti a migliorare il controllo muscolare e a correggere eventuali movimenti errati. Tuttavia, questa tecnica è meno usata perché non riproducibile a domicilio, ma al paziente si consiglia di svolgere sempre gli esercizi davanti a uno specchio per avere maggiore consapevolezza dell’esecuzione dell’esercizio.

Un percorso lungo, da fare… in compagnia

La riabilitazione dalla paralisi del VII nervo facciale è un percorso lungo. Le tempistiche variano significativamente da persona a persona, ma avviare l’intervento fisioterapico dopo le prime settimane dalla comparsa dei sintomi accelera significativamente il recupero del deficit motorio. In generale, i primi miglioramenti si vedono dopo circa 30 giorni. La paralisi del nervo facciale è una patologia che necessita di un approccio multidisciplinare nel quale sono coinvolti medici neurologi, fisioterapisti, logopedisti e psicologi per poter gestire al meglio tutte le complicanze (ansia e preoccupazione) che possono derivare dai cambiamenti estetici e funzionali.

 

A cura di Fabiola De Marchi e Ilaria De Marchi

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