Pochi mesi fa, a giugno 2023, è morto Cormac McCarthy, scrittore statunitense tra i più acclamati dalla critica – il celebre critico letterario Harold Bloom lo ha definito tra i più grandi autori della letteratura statunitense – e tra i più amati dal pubblico, cui le sue storie sono arrivate anche grazie alla mediazione di importanti opere cinematografiche, come quelle dei fratelli Coen, di Billy Bob Thornton, di Ridley Scott e di James Franco.

McCarthy aveva quasi novant’anni e abitava da tempo a Santa Fe, New Mexico, mentre in Italia era da poco uscito per Einaudi il suo ultimo libro, l’attesissimo e impegnativo romanzo Il passeggero.

L’occasione è ora quella di tornare a uno dei suoi più riusciti romanzi, pubblicato in Italia nel 2006, un anno dopo la versione originale statunitense No country for old man. Anche chi non ha letto il romanzo avrà magari avuto occasione di apprezzare la storia – e gli incredibili personaggi – del libro nella sua trasposizione cinematografica fatta pochi anni dopo dai fratelli Joel e Ethan Coen, che vinse quattro premi Oscar nel 2008.

La storia, senza svelare né troppo della trama né il finale, prende il via nel deserto del Texas, quando Llewellyn Moss, durante un’uscita di caccia alle antilopi, inquadra con il binocolo una fila di tre veicoli immobili, e mettendo meglio a fuoco distingue i particolari di quella che si capirà presto essere stata una carneficina: “Osservò la piana e poi osservò i fuoristrada. Erano crivellati di colpi. Alcune delle file di fori che correvano lungo le lamiere erano dritte e regolari e Moss capì che erano state lasciate da armi automatiche. Quasi tutti i vetri erano sfondati e le gomme a terra”. Pian piano Moss si accorge che gli occupanti sono stati uccisi – cane incluso – e si avvicina: “Moss guardò dal finestrino l’uomo seduto nel fuoristrada. Gli avevano sparato alla testa. Sangue dappertutto. Prosegui fino al secondo veicolo ma lo trovò vuoto. Si avvicinò al terzo corpo steso a terra”. E a quel punto, avvicinandosi al terzo fuoristrada, non solo trova un uomo agonizzante che implora di avere dell’acqua, ma si accorge che un superstite si deve essere allontanato dalla scena. Sarà seguendo le tracce di sangue che questi ha lasciato e trovandolo morto dopo poco che entrerà in possesso di una valigetta piena di dollari (circa due milioni) , che deciderà di portare con sé.

La crudezza di questa sequenza – la carneficina, i cani morti o feriti, l’uomo agonizzante a cui il protagonista non presta soccorso, la scoperta della droga e dei soldi – è solo l’anteprima di una lunga serie di violenze che dalla decisione di impadronirsi dei soldi prenderà il via, perché da quel momento Llewellyn Moss sarà inseguito sia dal killer Anton Chigurh, intenzionato a entrare in possesso del denaro, che dallo sceriffo Ed Tom Bell, che vorrebbe cercare di ristabilire un ordine anche morale evitando a Moss di essere catturato dal suo – e poi dai suoi – inseguitori, quando a Chigurh si aggiungono altri loschi figuri.

La bravura di McCarthy, oltre al suo stile inconfondibile per asciuttezza e incisività, è quella di creare personaggi incredibilmente affascinanti, come il killer, spietato e dalla moralità assente, che fa da contrappunto allo sceriffo Bell, le cui riflessioni seguiamo lungo tutto il romanzo, mentre cerca di darsi una ragione della crescente violenza e brutalità di cui si sente testimone impotente. Un uomo che ha ferme convinzioni etiche, prossimo alla pensione, ormai persuaso di essere inadatto a comprendere e affrontare il cambiamento e la violenza della società moderna, che gli sembrano scivolare rapidamente in un pozzo buio di ingiustizia.

Ecco forse la ragione del titolo del romanzo di McCarthy, che vuole sottolineare come non ci sia posto, nella brutalità del mondo moderno, per i valori di giustizia e per la tradizione, che si vanno perdendo nel sangue e nella violenza; questi sono i pensieri affidati, a intervalli regolari, al corsivo introspettivo dello sceriffo: “Leggo i giornali ogni mattina. Direi che più che altro cerco di farmi un ‘idea di quello che sta per capitare. Non che sia stato tanto bravo a impedirlo. Diventa sempre più difficile” e poi ancora, alcune pagine dopo: “Nei giorni buoni mi dico che c’è qualcosa che non capisco o che non metto in conto. Ma quei giorni sono rari. Certe volte mi sveglio in piena notte e mi sento sicuro come la morte che solo la seconda venuta di Cristo potrà fermare questo andazzo”.

Perché leggerlo

L’importanza di Non è un paese per vecchi è soprattutto quella di essere una storia potente, raccontata da un grandissimo autore, che ha saputo mettere in parole atmosfere, contraddizioni, paure e speranze degli anni che ha vissuto, e di farlo con uno stile magistrale.

Al di là di questa prima ragione, c’è una curiosità, che è quella di far esprimere allo sceriffo Bell, una precisa idea, riassumibile più o meno nell’idea del progressivo degrado della società e nel pensiero, emotivo e frequente del “ai nostri tempi la gente era migliore”. Questa idea è talmente comune e pervasiva, che recentemente su Nature, autorevole rivista scientifica, è uscita una ricerca statunitense che mostra come l’idea che le qualità morali delle persone siano in declino sia costante da almeno 70 anni, comune ad oltre 60 paesi nel mondo e soprattutto che sia per lo più infondata. La ricerca, dal titolo The illusion of moral decline, spiega che questa illusione deriva da un meccanismo psicologico comune, che determina una distorta esposizione alle informazioni e un ricordo distorto delle stesse informazioni. Quindi il declino morale sarebbe infondato, ma le conseguenze della sua percezione – nel decidere dove destinare risorse, nella costruzione di rapporti sociali e altro – sono tutte molto reali e concrete.

Come comincia

Un ragazzo ho mandato alla camera a gas di Huntsville. Uno e soltanto uno. Su mio arresto e mia testimonianza. Sono andato a trovarlo due o tre volte. Tre volte. L’ultima volta il giorno dell’esecuzione. Non ero tenuto ad andarci, ma ci sono andato lo stesso. E non ne avevo certo voglia. Aveva ammazzato una ragazzina di quattordici anni e posso dirvi subito che non ho mai avuto questa gran voglia di andarlo a trovare né tantomeno di assistere all’esecuzione, però ci sono andato lo stesso. I giornali scrissero che era un crimine passionale e lui mi disse che la passione non c’entrava niente. Lui con quella ragazzina ci usciva insieme, anche se era così piccola. Il ragazzo aveva diciannove anni. E mi disse che da quando si ricordava aveva sempre avuto in mente di ammazzare qualcuno. Mi disse che se fosse uscito di galera l’avrebbe rifatto daccapo. Disse che lo sapeva che sarebbe andato all’inferno. Proprio così, parole sue. Io non so cosa pensare. Non lo so proprio. Mi pareva di non aver mai visto uno come lui e mi è venuto da chiedermi se magari non era un nuovo tipo di persona. Li ho guardati mentre lo legavano alla sedia e chiudevano la porta. Il ragazzo poteva avere l’aria un tantino nervosa ma niente di più. Lo sapeva che da lì a un quarto d’ora sarebbe stato all’inferno. Io ci credo. E ci ho pensato tanto. Non era difficile parlare con lui. Mi chiamava sceriffo. Ma io non sapevo cosa dirgli. Cosa si dice a uno che per sua stessa ammissione non ha l’anima? Perché gli si dovrebbe dire qualcosa? Ci ho pensato proprio tanto. Ma lui era niente in confronto a quello che sarebbe venuto dopo.

Scheda libro

AUTORE: Cormac McCarthy
TITOLO: Non è un paese per vecchi
TRADUZIONE: Martina Testa
EDITORE: Einaudi

 

 

 

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