Negli ultimi 100 anni, la società umana ha attraversato (e sta attraversando tuttora) una fase di evoluzione tecnologica senza precedenti. Tra tutti gli ambiti dello scibile umano, la medicina è forse quello che ha visto i maggiori cambiamenti. Oggi abbiamo a disposizione anticorpi monoclonali che attaccano selettivamente le cellule tumorali, sistemi meccanici che sostituiscono completamente la funzione di alcuni organi, robot chirurgici che ci permettono di eseguire delicati interventi con una precisione impossibile per un essere umano. Queste innovazioni non sono arrivate nei nostri ospedali per caso, ma hanno attraversato una lunga fase di studio che ne ha valutato efficacia e sicurezza.
Gli studi clinici sono parte integrante della pratica medica e costituiscono il principale mezzo della ricerca medica, grazie al quale la Medicina continua a evolversi e a trovare nuove e innovative cure per molte patologie. Esistono molte tipologie di studi clinici, ma il più diffuso e affidabile è sicuramente il trial clinico randomizzato.
Cos’è un trial clinico randomizzato?
I trial clinici randomizzati (RCT, Randomized Controlled Trials) sono studi scientifici utilizzati per valutare l’efficacia e la sicurezza di trattamenti medici o interventi. Sono considerati il “gold standard” della ricerca clinica per la loro capacità di ridurre al minimo i bias (fattori confondenti che possono inficiare sulla qualità dei risultati di uno studio) e garantire risultati affidabili.
I partecipanti vengono selezionati in base a criteri specifici, come età, stato di salute o presenza di una particolare malattia, per assicurarsi che abbiano caratteristiche simili.
Dopo la selezione, i partecipanti vengono assegnati in modo casuale (randomizzato) a due o più gruppi. I principali gruppi sono:
- Gruppo di intervento: riceve il trattamento o il farmaco sperimentale.
- Gruppo di controllo: riceve un placebo (una sostanza inattiva) o il trattamento standard già in uso.
La randomizzazione serve a evitare pregiudizi involontari e a garantire che eventuali differenze nei risultati tra i gruppi siano dovute solo all’intervento testato.
In molti trial clinici randomizzati, né i partecipanti né i ricercatori sanno chi riceve il trattamento attivo e chi riceve il placebo. Questo viene chiamato “doppio cieco” e serve a prevenire bias dovuti alle aspettative.
Durante il trial, i ricercatori monitorano gli effetti sui partecipanti, raccogliendo dati sui risultati di salute. Questi dati includono l’efficacia del trattamento e gli eventuali effetti collaterali.
La partecipazione a un trial clinico è volontaria, ogni paziente viene adeguatamente informato sulle caratteristiche dello studio prima di accettare e ha la possibilità di abbandonare lo studio quando vuole.
Quanti tipi di trial clinici randomizzati esistono?
I trial clinici randomizzati si suddividono in diverse fasi, chiamate anche livelli, a seconda dello stadio di sviluppo del trattamento. Queste fasi, in ordine crescente di complessità e obiettivi, sono comunemente denominate Fase I, Fase II, Fase III e Fase IV. Ogni fase ha scopi specifici:
1. Fase I: sicurezza e dosaggio
- Obiettivo: determinare la sicurezza di un nuovo trattamento, definirne il dosaggio ottimale e identificare eventuali effetti collaterali.
- Partecipanti: piccoli gruppi (20-100 persone), spesso volontari sani o pazienti con la condizione studiata.
- Caratteristiche: si tratta del primo contatto del trattamento con l’essere umano, e il focus principale è la sicurezza. In genere, questi studi non sono randomizzati ma vengono comunque inclusi come primo step del processo di sviluppo clinico.
2. Fase II: efficacia preliminare e sicurezza
- Obiettivo: valutare l’efficacia del trattamento e continuare a monitorare la sua sicurezza.
- Partecipanti: gruppi più numerosi (circa 100-300 persone) con la condizione o malattia specifica.
- Caratteristiche: inizia a essere valutata l’efficacia del trattamento per una specifica malattia. Gli studi in Fase II possono essere randomizzati e spesso utilizzano un gruppo di controllo per confrontare i risultati.
3. Fase III: confronto e conferma dell’efficacia
- Obiettivo: confermare l’efficacia, monitorare gli effetti collaterali, confrontare il trattamento con altre terapie esistenti e raccogliere informazioni per un uso sicuro.
- Partecipanti: grandi gruppi di pazienti (da 300 a migliaia) con la malattia target.
- Caratteristiche: questa è la fase principale di validazione del trattamento. Gli studi sono quasi sempre randomizzati e in doppio cieco, con un gruppo di controllo. Se un trattamento supera con successo la Fase III, può essere presentato per l’approvazione da parte delle agenzie regolatorie, come la FDA negli Stati Uniti o l’EMA in Europa.
4. Fase IV: monitoraggio post-approvazione
- Obiettivo: monitorare la sicurezza e l’efficacia a lungo termine del trattamento una volta che è sul mercato.
- Partecipanti: migliaia di pazienti nella popolazione generale.
- Caratteristiche: questa fase si svolge dopo che il trattamento è stato approvato e commercializzato. Serve per monitorare effetti collaterali rari, interazioni con altri farmaci e per verificare l’efficacia nel lungo periodo.
Questi livelli progressivi di trial clinici permettono di validare il trattamento in modo sicuro e graduale, con una raccolta sistematica di dati.
Ma quindi, se decido di partecipare ad un trial clinico randomizzato divento una cavia?
Prima di rispondere a questa domanda bisogna specificare che, nel momento in cui un farmaco viene approvato per la sperimentazione umana, ha già attraversato una serie di controlli (in vitro e, spesso, sugli animali) che ne hanno definito un iniziale profilo di sicurezza. Al contrario, la cavia da laboratorio riceve trattamenti non ancora sperimentati proprio per valutarne effetti, efficacia ed effetti collaterali.
La risposta alla domanda è quindi no, non si diventa una cavia perché, accettando di partecipare ad un trial clinico randomizzato si accetta di ricevere un trattamento che ha già ricevuto, in misura più o meno ampia, una valutazione di efficacia. Inoltre, alcuni studi mettono a confronto trattamenti già validati e sicuri, con l’obiettivo di studiarne le differenze. In questo caso le terapie proposte sono già in commercio, sicure e affidabili.
Bisogna inoltre specificare che ogni studio clinico, prima di essere avviato, viene adeguatamente analizzato e approvato da un Comitato Etico che si assicura che sia scientificamente valido, sicuro, conforme alle normative, condotto con integrità, trasparenza e nel migliore interesse dei partecipanti.
Quali vantaggi ci sono?
Molto spesso entrare in uno studio clinico permette di accedere a farmaci innovativi che non sono disponibili per l’acquisto, inoltre, in alcune circostanze, i pazienti ricevono gratuitamente farmaci che, normalmente, sarebbero a pagamento. Oltre a questo, tutti i pazienti all’interno di uno studio vengono sottoposti a controlli periodici che, anche in questo caso, sono a titolo completamento gratuito e svincolati dalle liste d’attesa (si fanno più controlli, in tempi più rapidi, e senza pagare un centesimo).
È vero che i trial clinici randomizzati servono solo a portare soldi alle case farmaceutiche?
Per quanto possa suonare poco etico, lo sviluppo (e soprattutto l’immissione in commercio) di un nuovo farmaco o di un nuovo strumento chirurgico prevede, inevitabilmente, un guadagno economico da parte dell’azienda produttrice. Questo fatto, però, non deve in alcun modo oscurare gli sforzi di medici e pazienti nel contribuire alla ricerca medica e soprattutto non deve distogliere l’attenzione del principale obiettivo di un trial clinico randomizzato: la salute dell’individuo e la scoperta di terapie innovative e più efficaci.
La risposta alla domanda, dunque, è che i trial clinici randomizzati servono anche a portare soldi alle case farmaceutiche, ma il loro principale obiettivo è, e sarà sempre, il benessere della popolazione e la cura delle malattie.
È molto importante capire che, quando si decide di partecipare ad un trial clinico randomizzato si decide di dare il proprio attivo contributo all’intervento di un meccanismo importante e complesso, diventando, al pari dei medici, attori (e non spettatori) di un processo che potrebbe portare a salvare innumerevoli vite.