John Niven è noto per scrivere romanzi che riescono a divertire e a provocare insieme, per aver inventato alcuni personaggi estremamente spiritosi e ben caratterizzati, e per creare storie non solo capaci di intrattenere ma anche di far riflettere.
Tra i suoi romanzi più riusciti si annovera “Le solite sospette”, tradotto in Italia qualche anno fa. Questo romanzo è un esempio riuscitissimo di come scrivere un libro che tiene il lettore incollato alle pagine, con una trama avvincente, improbabile e piena di colpi di scena. John Niven non si limita a quello, ma fa uscire dalle pagine del libro i ritratti di alcuni personaggi che finiamo per desiderare come amici, anzi, in questo caso, come amiche. Un gruppo di amiche estremamente imperfette, spiritose, simpatiche, in una parola, vitali.
La trama di “Le solite sospette” è presto riassunta: alcune amiche si trovano, passati i sessant’anni, a fare i conti con le difficoltà e le fatiche della vita. Tra difficoltà economiche, malattie, tristezze, tutto sembra scorrere in modo piuttosto ordinario. Tutto cambia quando una di loro, apparentemente quella con meno problemi, scopre che il marito aveva una doppia vita e che, dopo una morte improvvisa, le ha lasciato una marea di debiti. Dopo lo shock iniziale, tra un bicchiere di qualcosa di forte e qualche tazza di tè – il classico rimedio britannico per ogni avversità – nasce un’idea audace: rapinare una banca.
Da quel momento in avanti, lo sconclusionato e rocambolesco gruppo di signore vivrà un’avventura dopo l’altra consolidando la loro amicizia, riscoprendo il piacere di divertirsi, e, non da ultimo, riuscendo a realizzare alcuni degli obiettivi che la vita sembrava aver loro precluso per sempre.
Ci si affeziona facilmente a ciascuna delle protagoniste, in primis alla determinata Susan, e in ognuna di loro possiamo leggere un aspetto diverso della femminilità, della maternità o forse più semplicemente della vita: c’è chi ha dovuto rinunciare a tutto, chi ha avuto gli uomini sbagliati, chi ha avuto una vita in apparenza molto tradizionale, chi ha disperatamente bisogno di soldi per un nipotino con una malattia rara e chi, a sessant’anni, non ha ancora messo la testa a posto.
Ma non sono solo i personaggi a rendere “Le solite sospette” una lettura piacevole: i dialoghi sono scorrevoli, le situazioni, per quanto certamente non ordinarie, non risultano mai troppo inverosimili e l’ironia e sarcasmo senz’altro marcati non superano mai il limite. Niven riesce a essere divertente e originale senza essere troppo ricercato, rendendo la lettura del suo libro un’esperienza simile a guardare un bel film che ci diverte senza scadere nel triviale.
Le riflessioni più importanti riguardano l’amicizia, l’affetto, la vita che passa e la bellezza che sfiorisce (ma forse non troppo). Emerge un bel senso di riscatto, c’è insomma il pensiero, leggero, di che cosa fare con quello che ci resta e l’autore sembra suggerire, attraverso le sue protagoniste, che l’importante è trovare piacere e divertimento nella vita.
Perché leggerlo
Tra tante riflessioni sulla maturità e sull’invecchiare di “Le solite sospette”, la fuga attraverso l’Europa delle protagoniste di John Niven è erratica, incasinata, vagamente inverosimile, ma alla fine è un successo, ed è divertente per questo.
Forse l’idea allora è proprio questa: tenetevi forte, allacciate le cinture, perché in questa storia ci sono auto da corsa, trafficanti, piscine, armi e un buon numero di inseguimenti, tutti ingredienti che caratterizzano sicuramente età immature, imprevedibili e divertenti e che Niven non teme di accostare a simpatiche nonne, mogli cotonate e a signore sfiorite o ballerine in sedia rotelle la cui fama è ormai alle spalle. Come a dire: chi l’ha detto che non si possa rubare un Porsche a 60 anni e poi andare a ballare con un paio di malavitosi a Marsiglia? Lo si fa, e la si fa pure franca.
Come comincia
Quanto sangue, pensò Susan Frobisher. Quanto sangue.
Era in cucina, coperta di quella roba dalla testa ai piedi. Il piano lavoro, il grembiule, il viso: tutto imbrattato. Davanti ne aveva una grande bacinella piena fino all’orlo. La scena da film horror veniva esaltata dal bianco abbacinante della cucina. Classico stile Shaker. L’avevano rifatta appena l’anno prima. Con tutti gli accessori: un cassetto frigorifero scorrevole all’altezza delle ginocchia, il tritarifiuti, uno di quei rubinetti pieghevoli che si vedono nei programmi di cucina in televisione e perfino una cantinetta portabottiglie. Non che lei e Barry bevessero piú granché, ormai, però tutte quelle bottiglie fresche allineate come missili su una rampa facevano comunque la loro porca figura. (Tutto opera di Cucine da Signori, il negozio di Havering Road. Barry aveva strappato un ottimo accordo, come sempre. Gli piaceva moltissimo, contrattare). Susan sbirciò il suo riflesso nell’anta di vetro fumé della cantinetta e, sangue a parte, non le dispiacque quello che vide all’alba delle sessanta primavere: l’aspetto era ancora giovanile, gli occhi limpidi e il fisico snello. I capelli si erano ingrigiti da una decina d’anni, ormai, e Julie insisteva sempre perché andasse dal parrucchiere, anche se i tempi in cui era l’amica stessa a poterle fare la piega erano ormai belli che andati.
Scheda Libro
AUTORE: John Niven
TITOLO: Le solite sospette
EDITORE: Einaudi. Stile libero