Nota introduttiva
Per quanto l’autore dell’articolo sia consapevole dell’esistenza e del successo del romanzo, i contenuti e gli spunti di riflessione presentati dall’articolo sono pensati solamente in relazione alla trasposizione filmica dell’opera di Paolo Cognetti.
Trama
“La domanda è questa, stammi a sentire. Chi ha imparato di più? Chi ha visto le otto montagne e gli otto mari oppure chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”
Pietro (Luca Marinelli) e Bruno (Alessandro Borghi) sono due bambini agli antipodi. Uno di città, l’altro di montagna; uno frequenta casa e scuola, l’altro pascoli e alpeggi; uno ha mamma e papà, l’altro vive con gli zii.
Tratto dal romanzo di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega nel 2017, il film Le Otto Montagne è una storia di destini che s’incrociano, s’allontanano per poi collidere ancora, fino al drammatico epilogo. Il tutto è condito da una serie di personaggi secondari che contribuiranno alle storia dei due protagonisti, bambini prima e adulti dopo, e dalle maestose cornici dei paesaggi di montagna della Valle D’Aosta e, per una piccola parte, del Nepal.
I due protagonisti vengono presentati nell’estate del 1984, quando la famiglia torinese di Pietro decide di comprare una casa in montagna per le vacanze a Grana, in Valle d’Aosta. È lì che Pietro e Bruno, un coetaneo del posto, si conoscono e instaurano un’amicizia che si solidifica estate dopo estate.
Il rapporto tra i due s’interrompe però bruscamente quando il papà di Bruno decide di portarlo con sé a lavorare come muratore.
Quindici anni dopo, Pietro e Bruno adulti si rincontrano in occasione della morte del papà del primo. Questi ha lasciato in eredità al figlio una baita in alta montagna da ricostruire a cui i due lavoreranno per tutta l’estate. Il periodo trascorso insieme li farà riavvicinare, e si troveranno amici ancora una volta, come non si fossero mai allontanati del tutto.
L’estate sarà inoltre veicolo di maturazione e consapevolezza per le vite di entrambi: Bruno rimetterà in sesto l’alpeggio degli zii per iniziare a produrre il formaggio, mentre per Pietro inizierà un percorso di riconciliazione con sé stesso e con la sua famiglia, dalla quale si era allontanato anni prima.
La seconda metà del film si concentra sulle vite da lì in poi dei singoli protagonisti, che non smetteranno però di incontrarsi durante l’estate.
L’esperienza delle montagne, la storia di Pietro
Segnato dall’esperienza della baita e dal riavvicinamento con l’amico, Pietro vuole rimettere in moto la sua vita. I suoi progetti fino ad allora si erano limitati all’immediato presente, senza una vera e propria idea di futuro, e i tanti lavori diversi che aveva fatto non lo avevano, di fatto, portato a niente. Quella vita “a metà tra quella di uomo e quella di ragazzo” viene stravolta dall’incontro e dall’estate passata con Bruno.
Pietro nutre una forte passione per la scrittura che non ha mai coltivato veramente, e veicola i suoi sforzi nella stesura di un libro. Così per il giovane inizia il viaggio per le otto montagne, che lo condurrà in giro per il mondo, fino alla meta definitiva, le catene montuose dell’Himalaya.
È lì che la storia di Pietro si conclude, con un romanzo pubblicato, l’incontro con la donna della sua vita e una pace cercata, ricercata e infine raggiunta con lungo peregrinare.
Pietro non ha mai avuto un vero luogo a cui appartenere, né una meta da raggiungere. Pietro ha interrotto e ripreso la sua vita più volte, vivendo l’esperienza di chi non riesce, per natura o vicissitudini, a stare fermo nello stesso posto, ed è quasi costretto a fare della sua vita un continuo percorso.
L’esperienza della Montagna, la storia di Bruno
Al contrario dell’amico, Bruno per tutta la vita rimarrà sulla sua montagna, il suo posto sicuro e il solo posto al mondo dove riesca davvero stare. La montagna è da sempre per lui il luogo dell’origine, quello dove lui è nato per stare.
Lavorando con il padre, ha imparato a fare il muratore, ma ciò che realmente desidera è stare in montagna e fare il montanaro. Con olio di gomito e forza di volontà, Bruno rimette in sesto il vecchio alpeggio degli zii, dove avvia un’attività di produzione di formaggio.
Tramite l’amico ritrovato, incontra poi Lara, con cui inizia una storia d’amore che culminerà con la nascita della figlia Anita. Le cose si complicano quando la coppia non riesce a stare dietro ai debiti e pagamenti richiesti dall’attività. L’alpeggio viene pignorato dalle autorità, e mentre Lara e la bambina andranno a vivere dai genitori di lei, Bruno decide di rifugiarsi nella baita costruita insieme a Pietro. Non ha intenzione di trovarsi un altro lavoro né di scendere dalla “sua” montagna, ormai rimasta l’unica a fargli compagnia.
Sollecitato più volte dall’amico a prendersi le sue responsabilità, i rapporti tra i due si inaspriscono a causa della natura quasi selvaggia di Bruno, ormai più che convinto a voler vivere per sempre sulle cime.
Le storie di Bruno e di Pietro conseguono lo stesso fine, quello della ricerca del proprio posto nel mondo, ma in maniera opposta. Bruno non ha mai sentito la necessità di vagare e spostarsi, è sempre voluto stare lì, nello stesso posto, e forse la vera difficoltà è stata quella di non riuscire mai a comprendere chi venisse “da giù”. Per Bruno “c’era un modo giusto e uno sbagliato di fare le cose”, una visione univoca del mondo, quella che si addice a chi ha sempre vissuto un’unica realtà, la stessa visione che lo allontanerà dagli amici e dagli affetti.
Il papà di Pietro. Il papà di Bruno
Seppure il filo trainante del film sia la montagna il suo impatto sulle vite dei due protagonisti, il personaggio del papà di Pietro, Giovanni (Filippo Timi), è un importante punto di raccordo nelle vite dei due amici.
Giovanni è un ingegnere automobilistico, un lavoratore dal carattere apparentemente molto severo. Nelle scene che lo ritraggono a Torino, infatti, l’uomo è costantemente preso dal lavoro e sembra trascurare tutto il resto. Nei pochi giorni di pausa estiva che si concede, tuttavia, il papà di Pietro si dedica alla montagna, l’unico luogo che riesca a dargli un po’ di pace dalla caotica vita di città.
Il piccolo Pietro non perderà occasione per seguire il papà nelle sue avventure, condividendo con lui i sentieri di montagna, ai quali presto si unisce anche Bruno.
È con l’adolescenza del ragazzo che iniziano a formarsi le prime crepe, che porteranno alla rottura tra padre e figlio, che finiranno col non parlarsi più. I dissidi fanno parte della normale evoluzione di una famiglia, ma non sempre questi si attenuano e riconciliano. Pietro e il papà sono diversi: il primo vuole perseguire la strada della creatività e della letteratura, studi che però cozzano con la visione pragmatica dell’ingegnere. I due non si parleranno per dieci anni, ma la morte di Giovanni sarà il pretesto che porterà Pietro e Bruno a riunirsi, e non solo.
La figura del padre di Pietro ha, infatti, un significato profondo nel contesto del film. Esso, infatti, non è solo un espediente narrativo, ma quasi un terzo protagonista che, seppure non a schermo, continuerà a interagire con gli altri due.
Il ruolo stesso del padre è messo in discussione da Giovanni, che negli anni distanti dal figlio naturale sarà comunque un punto di riferimento per Bruno. Del padre di quest’ultimo si sa molto poco, se non che è un “vecchio ubriaco” e che lui e Bruno si sono separati bruscamente.
A questo proposito, il ruolo di Giovanni interroga su cosa significhi essere un padre e la risposta che sembra più di tutte trasparire è “faro”. Così come per la montagna, elemento centrale per lo sviluppo e la maturazione dei due protagonisti, allo stesso modo Giovanni ha indirizzato, in periodi differenti, le vite dei suoi, di fatto, due figli.
Da un lato è stato il padre che Bruno non ha mai avuto, standogli vicino per l’adolescenza e nell’ingresso della vita adulta. Durante il film si evince che le scelte compiute da Bruno sono state guidate e consigliate da Giovanni, che avrebbe probabilmente voluto fare lo stesso con il figlio Pietro.
Dall’altra parte, la lungimiranza del personaggio è anche nelle lettere che ha lasciato nelle varie escursioni, che faranno da guida al figlio Pietro, ormai adulto, nel loro percorso di riconciliazione.
Il formato che rende la montagna protagonista
Una menzione dev’essere rivolta a una specifica caratteristica tecnica del film, sentita tanto quanto i contenuti narrativi. Come già accennato, l’intera vicenda è ambientata prevalentemente tra le alture della Valle D’Aosta, che i registi hanno deciso di valorizzare girando il film in 4:3, un formato di natura “verticale”. Questo contribuisce a una rappresentazione ancora più veritiera e suggestiva dei paesaggi che si sviluppano verso l’alto, che un formato panoramico classico forse non avrebbe saputo rendere al meglio.
L’attenzione data dai registi alle ambientazioni è prova di quanto queste ricoprano un ruolo fondamentale nel film, quasi comprimario a quello dei protagonisti principali
Informazioni utili
Le otto montagne, film del 2022 di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Filippo Timi (ITA).
Durata: 147 minuti
Disponibile su: Netflix