Qual è l’ingrediente segreto per un’amicizia che resista nel tempo? Sicuramente, ognuno potrebbe dirci il suo e la ricetta diventerebbe pressoché infinita. L’amicizia, infatti, è soggettiva e mutevole, perciò può essere che la metà della mela che ci completa a vent’anni, non sia più un incastro perfetto quando siamo adulti. Certo, quando scorrono gli anni e resistono alle intemperie, alcuni rapporti possono diventare un’ancora di salvezza, un rifugio e un conforto. Come scrive la gerontologa Rosemary Blieszner nel libro “Adult friendship”: potranno cambiare le attività che si svolgono insieme, ma in età avanzata non cambia né il modo in cui ci si preoccupa e ci si prende cura dei propri amici, né l’importanza che riveste il tempo passato insieme a divertirsi. Inoltre, molti raccontano di continuare a scambiarsi confidenze e, cosa molto importante soprattutto durante l’anzianità, ricordarsi a vicenda di stare in salute.

Non tutte le amicizie durano una vita e nascono tra i banchi di scuola, perciò, quanto è diverso iniziare, mantenere e terminare i rapporti di amicizia durante la terza età? Andiamo a scoprire cosa dice la ricerca dei benefici di questo rapporto essenziale per la nostra salute e, soprattutto, per la nostra felicità.

 

Cominciare è già metà dell’opera.

Molte amicizie iniziano in modo casuale: a volte basta leggere lo stesso libro, ritrovarsi seduti in posti vicini su un treno, o magari conoscere una persona in comune (anche un fidanzato!).

Il quotidiano britannico Guardian ha raccolto le storie più belle di alcune amicizie durate una vita, come Sylvia e Leslie, che raccontano: “Ci fa ridere il fatto che ci siamo conosciute grazie al primo ragazzo di Sylvia, che poi ha sposato Leslie, e con cui nessuna delle due ora parla più”.

L’inizio dell’amicizia è spesso il passo più difficile, perché mettersi in gioco significa superare la propria paura di sentirsi rifiutati. Forse il passo è più lieve se ci si lascia aiutare dagli strumenti che la tecnologia mette a disposizione. Un filone di ricerca innovativo è quello che si focalizza sul ruolo dei social network e delle nuove tecnologie della comunicazione nel modo in cui le persone anziane gestiscono i propri rapporti interpersonali. Le ricerche sottolineano come i giovani siano utilizzatori più frequenti delle piattaforme online piuttosto che gli anziani, tuttavia, questi ultimi utilizzano ugualmente la tecnologia per sostenere le loro relazioni sociali, mantenendo i contatti con amici e parenti che possono essere geograficamente lontani. L’uso di Internet, ad esempio, è associato a tassi più bassi di depressione e solitudine e ad una qualità e quantità più alta di legami sociali. Inoltre, rispetto ai giovani, altre ricerche dimostrano che gli utenti più anziani di Facebook hanno un numero minore di “amici” online ma una percentuale maggiore di amici effettivi. Privilegiano, insomma, la qualità rispetto alla quantità. I nuovi media, quindi, si dimostrano un buon mezzo per favorire i rapporti e le relazioni tra gli individui, anche durante la terza età.

Alcune amicizie si costruiscono attorno ad una colonna portante, magari una passione in comune come la musica. È il caso di Ian e Roger, che raccontano sul Guardian come la musica riesca a colmare la distanza: ”Ogni volta che c’è stata una pausa (la più lunga è stata di tre anni), l’uno si metteva in contatto o veniva a trovare l’altro inaspettatamente e riprendevamo come se ci fossimo visti il giorno prima. Non manca mai la conversazione, ma la musica è un filo conduttore che ci unisce da sempre”. In effetti, analizzando il modo in cui creiamo i nostri legami sociali, una ricerca del Politecnico della Virginia, ha dimostrato che un fattore determinante è quello di trascorrere del tempo insieme in attività di interesse comune.

Le interazioni sociali (attraverso gli interessi, gli hobby, le attività del tempo libero) sono anche gli elementi che hanno spinto i partecipanti della ricerca effettuata da un’équipe del Trinity College a formare amicizie intergenerazionali. I partecipanti alla ricerca hanno fatto riferimento alla gioia e al piacere provati nello stringere legami con persone di età diverse, anzi, a dispetto del pensiero comune secondo cui queste amicizie sono poco appropriate, emerge che la differenza d’età sia in realtà piuttosto insignificante. Le differenze dovute alle specificità dell’età si sono rivelate, infine, una fonte di interesse ed un motivo di arricchimento.

 

Coltivare richiede cura

Le amicizie che coltiviamo e le opportunità che abbiamo di crearne dipendono da caratteristiche individuali, come il background culturale, il genere e lo stato economico. Proprio la soggettività complica la ricerca di questo ambito e rende anche impossibile trarre conclusioni valide per tutti, tuttavia, secondo una teoria dell’inizio degli anni ’90, è possibile prevedere che il numero di amicizie di cui un essere umano può circondarsi arriverà al massimo a 150.

L’antropologo britannico Robin Dunbar ha studiato con quante persone gli individui sono in grado di mantenere legami significativi, scoprendo che dipende dal volume del nostro cervello e che esiste dunque un limite alla capacità di sviluppare connessioni sociali. Il numero di amicizie che creiamo è limitato, perché entrare in confidenza e fidarsi di chi ci circonda necessita di un sacrificio in termini di tempo, oltre che di un certo sforzo. Infatti, il legame tra due persone si basa su una relazione reciproca di dare ed avere, questo implica che entrambe le parti sacrifichino qualcosa per soddisfare i bisogni dell’altro.

Sembra che tale assunto sia ancora più vero nella terza età, in cui probabilmente si privilegiano gli scambi emotivamente significativi rispetto ad altri tipi di interazioni. Dalla ricerca di Sander, Schupp, e Richter (2017) emerge che le persone anziane si adattano ai cambiamenti riservando energia per le relazioni più importanti ed eliminando quelle con meno significato e valore: d’altronde la saggezza popolare ci ricorda che è “meglio pochi ma buoni”. Questo studio conferma la teoria della selettività socio-emotiva, di cui avevamo già parlato qui .

Certo, mantenere i rapporti è faticoso, ma sappiamo che le amicizie portano numerosi benefici sul benessere psicologico degli individui. Le relazioni sociali sono state collegate alla salute mentale da numerosi studi (Antonucci, Fiori, Birditt, & Jackey, 2010; Bertera, 2005; Rook, 1984, 1990, 1998). Per esempio, analizzando i comportamenti di 6.418 partecipanti, Lee e Szinovacz (2016) hanno mostrato che i legami con gli amici sono associati maggiormente ad una buona salute mentale rispetto a quelli con altri parenti.

Avere amicizie nella terza età è importante anche per mantenere il funzionamento cognitivo e la salute fisica. Una ricerca pubblicata sul Journal of Alzheimer Disease ha analizzato come l’isolamento sociale in età avanzata sia associato al funzionamento cognitivo, concludendo che quest’ultimo è migliore negli individui caratterizzati da un’elevata partecipazione alle attività sociali e ampie reti sociali.

È stato dimostrato che le amicizie permettono di alleviare la solitudine, offrono sostegno emotivo e strumentale e forniscono compagnia attraverso la condivisione di interessi comuni ed attività. Pensiamo, anche, alla vicinanza e sostegno reciproci che ci può dare un buon amico quando affrontiamo un periodo difficile e come si trova conforto nel confronto. Infatti, lo scambio di forme di sostegno sociale è uno dei benefici più importanti dell’amicizia nella seconda metà della vita.

Ma non solo, oltre a fare bene, a Inoltre, il sostegno può diventare anche vera e propria assistenza, nel caso in cui siano presenti problemi di salute. In effetti, alcuni amici si prendono la responsabilità di assistenza diretta, diventando anche caregiver, ovvero coloro che assumono un ruolo di cura, supporto e di vicinanza ad un malato.

 

Terminare per ricominciare

Che l’amicizia faccia bene lo sapeva persino Aristotele, il quale valutava gli amici come coloro che sono in grado di incoraggiare la virtù morale, completare i nostri limiti e fornire una compagnia piacevole. Tuttavia, non tutti i legami che creiamo ci portano sempre benefici e potremmo decidere di terminarli.

Adams e Blieszner (1998) hanno indagato quali fattori (età, sesso, etnia, classe, situazione economica e numero di amici) abbiano una maggiore probabilità di  causare amicizie problematiche durante la terza età. Si aspettavano che avere diversi di questi elementi in comune avrebbe facilitato il rapporto tra le persone e, di conseguenza, sarebbe stata minore la possibilità di avere amicizie problematiche. Ma i risultati si sono rivelati opposti a quanto si aspettavano: chi aveva più fattori in comune, ha riportato un numero maggiore di difficoltà. Inoltre, le ricercatrici hanno concluso che, apparentemente, le persone con un maggior numero di amici non sono più propense di altre a porre fine alle amicizie problematiche. Per quanto i partecipanti alla ricerca si dimostrassero molto preoccupati per i problemi che sorgevano con gli amici, non necessariamente desideravano per questo interrompere le proprie relazioni amicali. Una prova ulteriore che l’amicizia nella terza età può sopravvivere meglio agli urti e incassare di più i contraccolpi.

In ogni caso il motivo per cui le amicizie terminano, raramente è dovuto ad una scelta volontaria, più spesso accade che semplicemente ci si allontani. La terza età, infatti, può rivelarsi più frenetica di quanto si potrebbe pensare, tra figli, partner e impegni in cui suddividere il proprio tempo. Uno studio non a caso intitolato “Romanticismo e riproduzione sono socialmente costosi“, condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford, ha rivelato che chi ha una relazione sentimentale, ha in media due legami sociali stretti in meno, compresi gli amici. Questo numero aumenta ancora di più per coloro che hanno dei figli. Le amicizie, insomma, possono perdersi non per nostra volontà, ma perché si è costretti ad impostare priorità differenti.

 Per tale insieme di fattori, l’amicizia nella terza età risulta più che mai una scelta volontaria e che richiede impegno. Uno studio dell’Università del Massachusetts mostra come i partecipanti abbiano indicato che il sostegno e supporto degli amici è più alto rispetto alle interazioni positive con altri familiari, proprio perché il rapporto non è basato sulla costrizione. I ricercatori concludono che forse il motivo è che le relazioni con gli amici consentono una maggiore selezione rispetto a quelle con i parenti: l’amicizia può essere interrotta quando il rapporto è percepito come dannoso o negativo. Terminare un rapporto, può rivelarsi allora una scelta consapevole e lungimirante, per decidere chi è veramente meritevole di continuare al nostro fianco.

L’amicizia nella terza età, in conclusione, ha la capacità di resistere agli urti, agli imprevisti e di mutare forma, se necessario. È proprio questa resilienza che l’ha portata a diventare un oggetto di ricerca scientifica, la quale è sempre più interessata ai modi in cui l’amicizia riesca a farci sentire e stare bene. Insomma, come cantava la band inglese dei Queen: “Friends will be friends, right till the end” “gli amici resteranno amici fino alla fine”.

Referenze

 

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