Quando arriva la stagione calda i telegiornali e le riviste non fanno altro che ripetere il solito ritornello: anziani a rischio di colpi di calore, ricordatevi di bere tanta acqua!
Siamo tutti stanchi di sentirlo ripetere, ma al di là della scarsa fantasia dei giornalisti, che cosa c’è davvero dietro? La lobby dei rubinetti? Quella delle fontanelle? Nessun complotto, dietro a quello che può sembrare solo un luogo comune, per una volta, ci sono precisi e rigorosi dati scientifici, che dovrebbero interessare tutti, non solo gli anziani.
Invece che consigliarvi di bere tanta acqua perché è scoppiato il caldo, vogliamo provare a spiegarvi a cosa serve l’acqua che beviamo e perché una corretta idratazione è uno dei pilastri della salute.

 

Siamo fatti d’acqua

Il nostro organismo è formato principalmente da acqua: basti pensare che circa il 75% dei muscoli e degli organi interni è costituito da acqua.
Ma non siamo tutti uguali: la percentuale infatti varia in base al genere, l’età e il peso corporeo.
Nel neonato, per esempio, l’acqua costituisce il 75% circa del peso corporeo, ma questa frazione si riduce progressivamente fino a stabilizzarsi intorno al 55-65% nell’età adulta.
Nelle persone anziane si ha un’ulteriore riduzione, sia come valore assoluto sia come frazione percentuale. Nelle donne la percentuale di acqua può essere minore in quanto è maggiore la percentuale di tessuto adiposo (povero di questo elemento).

Nel corso della giornata l’organismo perde notevoli quantità di acqua: circa il 60% se ne va con le urine (perdite renali), la restante parte si perde con la respirazione, con la traspirazione cutanea e con le feci (perdite extrarenali).

L’acqua è necessaria a garantire l’omeostasi del volume dei liquidi intracellulare e intravascolare ed è indispensabile per lo svolgimento di tutti i processi fisiologici e delle reazioni biochimiche: agisce, infatti, da
solvente per la maggior parte dei nutrienti (minerali, vitamine idrosolubili, aminoacidi, glucosio) e interviene attivamente nei processi di digestione, assorbimento, trasporto, utilizzo di nutrienti, oltre che per l’eliminazione delle scorie metaboliche.
L’acqua è anche fondamentale per la regolazione della temperatura corporea, mantiene compatta la pelle e le mucose, agisce come ammortizzatore e lubrificante nelle articolazioni.

Principali funzioni dell’acqua

– Regola la temperatura corporea
– Lubrifica le articolazioni
– Mantiene compatta la cute
– Protegge gli organi interni e i tessuti
– Aiuta a prevenire la stitichezza
– Elimina dall’organismo le sostanze tossiche

Una buona idratazione, inoltre, può prevenire alcune malattie riducendo il rischio di:
– stitichezza, perché la disidratazione aumenta l’assorbimento di acqua dal colon e causa indurimento delle feci;
– infezioni delle vie urinarie, perché le persone disidratate hanno urine concentrate con un aumento della proliferazione batterica;
– calcoli renali, perché nelle persone disidratate le urine sono concentrate con un aumento della possibilità di precipitati;
– ipertensione, perché in caso di disidratazione si manifesta vasocostrizione e aumento dell’ematocrito e delle resistenze periferiche;
– lesioni da decubito, perché la disidratazione provoca vasocostrizione superficiale e ridotta irrorazione dei tessuti;
– disorientamento e difficoltà cognitive; non sono ben noti i meccanismi ma una perdita dell’1,5% del volume di acqua nell’organismo può modificare il tono dell’umore e alcune funzioni cognitive.

Quanto e cosa bisogna bere?

In condizioni normali il fabbisogno idrico giornaliero è di circa 30 ml per chilo di peso corporeo oppure 1 ml per ogni caloria assunta. In pratica ogni giorno bisogna assumere circa un litro e mezzo di liquidi con le bevande (preferibilmente acqua), mentre la restante porzione va assunta con gli alimenti (quasi tutti gli alimenti contengono acqua).

Una formula semplice per calcolare la quantità di liquidi necessaria è la seguente:
• 100 ml di liquidi per ogni chilo di peso corporeo per i primi 10 kg;
• 50 ml di liquidi per ogni kg per i successivi 10 kg;
• 15 ml di liquidi per ogni kg dopo i 20 kg.

In condizioni particolari (vedi box sotto) tali quantità devono essere aumentate fino a raddoppiarle.

L’equilibrio idrico va mantenuto bevendo preferibilmente acqua. Bevande (come aranciate, bibite di tipo cola, succhi di frutta, caffè, tè) oltre a fornire acqua apportano anche altre sostanze che aumentano l’apporto calorico (per esempio zuccheri semplici) o sostanze farmacologicamente attive (per esempio la caffeina).
Una o due tazze di caffè, tè o un paio di bicchieri di vino non sono generalmente un problema, ma quantità maggiori invece possono avere effetto diuretico, soprattutto se assunte contemporaneamente e non frazionate nell’arco della giornata. Nessuna controindicazione per l’acqua gasata o di rubinetto.

Per quanto riguarda gli alimenti il contenuto di acqua è estremamente variabile: frutta, ortaggi, verdura e latte sono costituiti per oltre l’85% da acqua. Tra la frutta e le verdure a più alto contenuto di acqua (>90%) ci sono: asparagi, broccoli, cavolfiori, lattuga, fragole, pomodori, anguria e melone, cetrioli, sedano. Per questo, aggiungere uno di questi alimenti alla dieta aumenta l’apporto di liquidi.
Carne, pesce, uova, formaggi freschi ne contengono il 50-80%; pane e pizza sono costituiti per il 20-40% da acqua; pasta e riso cotti ne contengono il 60-65%. Infine, biscotti, fette biscottate, grissini e frutta secca ne contengono meno del 10%. Sono pochi gli alimenti che non la contengono (per esempio l’olio e lo zucchero)

 

L’idratazione in età avanzata

Con l’invecchiamento si verifica una serie di cambiamenti fisiologici che aumentano il rischio di disidratazione. In particolare si osservano:
• riduzione della massa magra/muscolare (che contiene il 75% di liquidi) e quindi riduzione della riserva di acqua;
• riduzione del senso della sete e dell’appetito, che porta a bere e a mangiare di meno (con minore introduzione dei liquidi). Probabilmente questo è dovuto a un’alterazione della percezione dei cambiamenti di osmolarità (la concentrazione di una soluzione) e a squilibri ormonali. Quando un anziano percepisce sete il rischio è che la disidratazione sia già avanzata;
• modificazione del metabolismo dei liquidi con riduzione della capacità dei reni di trattenere acqua e sodio.

A questi fattori si aggiunge il fatto che alcune persone anziane possono avere problemi di deglutizione che rendono difficile la stessa azione del bere, problemi motori che impediscono di raggiungere e versarsi da bere in autonomia, o ancora alcuni non bevono per evitare episodi di incontinenza. La presenza di patologie e il trattamento con più farmaci incrementano questi sintomi fisiologici, soprattutto in caso di infezioni e durante la stagione più calda.

Ci sono poi fattori di natura clinica o ambientale che possono aumentare il rischio.
Sono fattori clinici la demenza o il deficit cognitivo, la febbre, la diarrea e il vomito, la sudorazione eccessiva, la disfagia, l’iperventilazione, il sanguinamento gastrointestinale, le infezioni e la presenza di polipatologie, precedenti episodi di disidratazione e la depressione.
Tra i fattori ambientali ci sono l’isolamento, la mancanza di sostegno familiare, l’allettamento, la contenzione fisica e, infine, le condizioni climatiche.

I cambiamenti fisiologici dell’invecchiamento, insieme con potenziali fattori di rischio correlati all’età avanzata, in grado diverso, rendono le persone anziane più sensibili al rischio di disidratazione, un problema che non va sottovalutato anche perché è di difficile diagnosi, come illustrato qui di seguito.

 

Una diagnosi difficile

La diagnosi di disidratazione nell’anziano è particolarmente complessa perché alcuni segni tipici, come la secchezza delle mucose, possono mancare o essere di difficile valutazione. La valutazione del turgore cutaneo non è un reale indicatore di disidratazione in quanto la perdita di elasticità della cute è un fattore fisiologico dell’invecchiamento. Lo stesso vale per la riduzione della sudorazione.
Inoltre alcuni segni possono anche essere dovuti all’uso di farmaci o ad altre cause e non necessariamente alla riduzione di liquidi: per esempio, l’ipotensione ortostatica può essere dovuta a problemi vascolari e non necessariamente a disidratazione, così come un allettamento prolungato può provocare ipotensione anche in assenza di disidratazione.
Nemmeno il peso specifico delle urine, generalmente il metodo più semplice e accurato per determinare lo stato di idratazione di una persona, è sempre un indicatore affidabile a causa della funzionalità renale ridotta.
Per confermare la diagnosi di disidratazione non sono dunque sufficienti i parametri clinici ma occorre controllare anche alcuni parametri biochimici quali elettroliti, funzionalità renale (un aumento dell’azotemia può essere segno di disidratazione), equilibrio acido-base, glicemia. Esistono poi esami più moderni, estremamente semplici, poco costosi e non invasivi per valutare lo stato di idratazione corporea. Il più utilizzato è la Bioimpedenziometria (BIA) che permette di valutare in toto la composizione corporea, dando indicazioni dettagliate sullo stato di idratazione corporea (intra ed extracellulare).
Tuttavia a oggi nessun test o esame preso singolarmente può essere considerato affidabile per diagnosticare la disidratazione nel paziente anziano.

 

Sintomi della disidratazione

– Il primo sintomo della disidratazione è la secchezza della bocca e la sete. Poi, a mano a mano che lo stato di disidratazione aumenta, sia la pelle sia le mucose (comprese quelle dell’occhio) diventano secche e asciutte e compaiono senso di affaticamento, mal di testa, arrossamento della pelle, crampi muscolari, perdita di appetito, intolleranza al calore, apatia. Si osserva anche una rapida riduzione del peso corporeo, associata a senso di confusione mentale con difficoltà a parlare ed emissione di urine molto concentrate di colore tendente al verde-marrone. Se lo stato di disidratazione è più grave, si possono avere vertigini, nausea e vomito, tachicardia, riduzione dell’attenzione, della capacità di concentrazione e sdoppiamento della visione, fino a perdita di conoscenza e rischio di coma.
– Una disidratazione che comporta una riduzione pari all’1% del peso corporeo si ripercuote sull’attività e sulle performance fisiche dell’organismo. Se la disidratazione comporta la riduzione del 2% vengono alterati la termoregolazione e il volume plasmatico e comincia a manifestarsi il senso di sete. Con una disidratazione intorno al 5% compaiono crampi, debolezza, maggiore irritabilità, mentre intorno al 7% si può avere malessere generale, debolezza intensa e anche allucinazioni. Con il 10% vi è il rischio concreto di insorgenza del colpo di calore e comincia a esservi pericolo per la sopravvivenza.

In conclusione

Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?
Credo che questo celebre aneddoto sull’acqua, raccontato dallo scrittore David Foster Wallace per la cerimonia delle lauree al Kenyon college nel 2005, sia significativo anche per il nostro articolo sull’idratazione. Usando le sue stesse parole, pur in un altro contesto, possiamo affermare che “Il succo della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte”.

 

Bibliografia

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• Nicoletta Scarpa, “L’idratazione nell’anziano” Collana I Bucchi di Zadig / Temi , n. 2-2015

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