L’ipertensione arteriosa rappresenta il fattore di rischio cardiovascolare più comune. Nonostante sia stato ampiamente dimostrato che un efficace controllo dei valori della pressione riduca l’incidenza dei principali eventi cardiovascolari (infarto miocardico, ictus, insufficienza cardiaca), la diagnosi, il trattamento e il controllo della pressione arteriosa non hanno ancora raggiunto livelli ottimali. In Europa, più di 150 milioni di persone sono affette da ipertensione e si prevede che entro il 2025 la prevalenza di questa patologia aumenterà dal 15% al 20%, con picchi del 50% nei soggetti anziani.
La pressione arteriosa è la pressione che il sangue esercita sulla parete delle arterie per essere distribuito a tutti gli organi. È distinta in pressione “massima” o sistolica, corrispondente al momento in cui il cuore pompa il sangue nelle arterie, e in pressione “minima” o diastolica corrispondente alla pressione che rimane nelle arterie tra un battito e l’altro, nel momento in cui il cuore è in fase di rilasciamento.
Cos’è l’ipertensione arteriosa?
Secondo le ultime linee guida, si parla di ipertensione arteriosa per valori di pressione sistolica maggiori o uguali a 140 mmHg e/o diastolica maggiori o uguali a 90mmHg, misurati durante una visita medica. La misurazione della pressione domiciliare permette una stima più riproducibile della pressione (utilizzando in questo caso 135/85 mmHg come valore limite per parlare di ipertensione) ed evita l’effetto “da camice bianco”, cioè l’aumento dei valori pressori determinato dalla presenza del personale medico, che per alcuni può generare ansia. Il monitoraggio della pressione nelle 24 ore è invece uno strumento utile soprattutto per identificare l’ipertensione notturna, che si ha con valori notturni maggiori o uguali a 120/70 mmHg, e per valutare l’efficacia del trattamento nel corso della giornata.
L’ipertensione può essere suddivisa in forme primarie e secondarie:
- L’ipertensione primaria o “essenziale” rappresenta più del 90% dei casi ed è causata principalmente da fattori ambientali potenzialmente reversibili, come ad esempio la cattiva alimentazione e una insufficiente attività fisica.
- L’ipertensione secondaria può essere identificata in circa il 10% degli adulti con ipertensione, e insorge come conseguenza di una patologia riguardante altri distretti, vascolari e non, fra cui i reni e, il sistema endocrino, o puo’ essere correlata a specifiche mutazioni genetiche.
Quali sono i rischi dell’ipertensione arteriosa?
L’ipertensione arteriosa aumenta il rischio di malattia coronarica, infarto miocardico, ictus, insufficienza cardiaca, demenza e malattia renale cronica. Si può presentare con sintomi come dolore toracico o mal di testa anche se nella maggior parte dei casi, specialmente al suo esordio, può essere asintomatica.
Quando si valuta un paziente iperteso è importante considerare la presenza di danni agli organi, che potrebbero non presentare sintomi evidenti. Indagini di laboratorio o strumentali potrebbero invece evidenziare danni a carico del microcircolo, dei reni, del cervello e della retina, che sono conseguenza dell’esposizione ad alti livelli di pressione per lungo tempo. La pressione arteriosa si può ridurre inizialmente modificando lo stile di vita e, in caso di risultati al di sotto delle aspettative, integrando con un trattamento farmacologico.
Ipertensione: quali sono le persone più a rischio?
L’invecchiamento della popolazione, lo stile di vita sempre più sedentario e l’aumento del peso corporeo sono i principali responsabili della maggiore diffusione dell’ipertensione e si associano all’aumento dell’incidenza previsto nei prossimi anni.
Per questo motivo, l’ipertensione nell’anziano è un problema di crescente attualità, sia per la frequenza di questa condizione clinica, sia per l’impatto che essa ha sulla aspettativa di vita. L’intervallo desiderato per la pressione massima (pressione arteriosa sistolica) per tutti i pazienti oltre i 70 anni è 130–139 mmHg.
Per molti anni si è creduto che trattare farmacologicamente gli anziani ipertesi fosse rischioso, a causa della scarsa tollerabilità dei farmaci e al potenziale effetto dannoso di una riduzione dei valori della pressione, specialmente nei soggetti più fragili, con meccanismi di controllo pressorio compromessi. Tuttavia è stato dimostrato che, nelle persone anziane (con più di 70 anni) e molto anziane (con più di 80 anni), la terapia per la riduzione della pressione arteriosa riduce la mortalità, l’ictus e l’insufficienza cardiaca.
Nonostante ciò, bisogna evidenziare come tali studi non abbiano spesso incluso pazienti molto fragili, pazienti con altre malattie importanti o con ipotensione posturale (brusco calo di pressione quando ci si alza).
Il trattamento dei pazienti anziani ipertesi deve essere ben calibrato, anche da un team medico multidisciplinare, e deve tenere conto di alcune criticità cliniche e gestionali, dell’interferenza di altre patologie con i trattamenti farmacologici e di eventuali criticità nell’assunzione di regimi terapeutici complessi con diverse pillole al giorno, in diverse fasi della giornata.
A tal riguardo, nei pazienti anziani la scarsa aderenza terapeutica è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche prescritte e quindi responsabile di complicanze ed eventi potenzialmente evitabili.
Come si previene l’ipertensione?
L’ipertensione, chiamata anche il “killer silenzioso”, è causata da una predisposizione individuale associata a fattori ambientali e sociali come il sovrappeso o l’obesità, una dieta caratterizzata da eccessivo utilizzo di sodio e inadeguato apporto di potassio, il consumo di alcol, il fumo e la scarsa attività fisica. Su questi fattori di rischio modificabili possiamo e dobbiamo agire per prevenire l’insorgenza dell’ipertensione arteriosa e/o dei danni vascolari ad essa correlati.
Primo fra tutti, esiste un legame diretto tra indice di massa corporea e pressione sanguigna. Le ultime linee guida raccomandano per gli adulti di tutte le età l’attività fisica aerobica per ridurre gli eventi avversi cardiovascolari. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso, tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2025, la riduzione del consumo di sale del 30% per tutta la popolazione, agendo sia nella fase di preparazione dei cibi sia sui comportamenti alimentari. Il piano alimentare DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) è particolarmente efficace per abbassare la pressione arteriosa: consiste in un adeguato consumo di frutta, verdura, cereali integrali, noci, legumi, proteine magre, latticini a basso contenuto di grassi e in una notevole riduzione di zuccheri raffinati, grassi saturi e colesterolo.
Infine l’abitudine al fumo: l’effetto ipertensivo di una singola sigaretta si prolunga per oltre 15 minuti e se si smette di fumare, indipendentemente da quanto tempo si è stati fumatori, il guadagno in termini di “anni liberi da eventi cardiovascolari” è significativo per tutte le fasce di età.
Più recentemente sono emersi altri fattori di rischio per l’ipertensione, come ad esempio l’esposizione al rumore ambientale e la qualità del sonno: il rumore notturno causa infatti alterazioni della qualità e della quantità del sonno e questo può determinare un aumento del rischio di ipertensione arteriosa.
Come si cura l’ipertensione arteriosa?
Il trattamento universale per tutti i pazienti ipertesi si basa sugli interventi sullo stile di vita e sul trattamento farmacologico.
Oltre a modificare lo stile di vita, nelle persone ad alto rischio cardiovascolare è altamente raccomandato intraprendere una terapia farmacologica per valori pressori superiori a 140/90 mmHg, ma questa potrebbe già essere necessaria già per valori superiori a 130/80 mmHg nei pazienti con precedenti eventi cardiovascolari. In caso di valori superiori a 160 mmHg di pressione sistolica si raccomanda di iniziare subito il trattamento farmacologico associandolo agli interventi sullo stile di vita. Negli ultimi anni, vari studi hanno mostrato un beneficio dell’inizio precoce della terapia farmacologica anche nei soggetti con valori pressori superiori a 140/90 mmHg, senza altri fattori di rischio cardiovascolare.
Negli anziani tra i 70 e gli 80 anni in buona salute oltre agli interventi sullo stile di vita, il trattamento farmacologico è raccomandato quando la pressione massima sia superiore a 140 mmHg, a patto che il trattamento sia ben tollerato. Sopra agli 80 anni la soglia di pressione massima per pensare all’inizio di un trattamento farmacologico sale a 160 mmHg, in pazienti “fit” e in buona salute che possano tollerare una terapia antipertensiva, senza che gli effetti collaterali superino i benefici e in assenza di eventi cardiovascolari precedenti o storia di patologia vascolare.
La scelta della terapia antiipertensiva iniziale dipende dalla valutazione globale del paziente fatta dal medico e tiene conto delle malattie presenti e pregresse. Le ultime linee guida propongono di iniziare il trattamento antipertensivo con una combinazione di due farmaci; si è visto, infatti, che anche dosi più basse di una duplice terapia sono più efficaci e riducono l’eterogeneità di risposta al trattamento rispetto a una monoterapia. Per ridurre la scarsa aderenza terapeutica correlata all’assunzione di più farmaci, si raccomanda inoltre, quando disponibili, di utilizzare le formulazioni come “singola pillola” delle terapie di combinazione. Fanno eccezione i pazienti con valori pressori quasi vicini al target desiderato che potrebbero raggiungerlo assumendo un singolo farmaco, i grandi anziani (con più di 80 anni) o i pazienti più fragili che potrebbero tollerare meglio una riduzione più graduale dei valori pressori. In questi casi, le linee guida sono favorevoli ad iniziare il trattamento con una monoterapia, monitorando con attenzione l’eventuale insorgenza di ipotensione posturale, evitando classi di farmaci correlati a maggior rischio di cadute.
La migliore strategia per ridurre l’impatto delle malattie correlate all’ipertensione deve prevedere in prima battuta il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare e favorire un cambiamento consapevole dello stile di vita. Il riconoscimento precoce, tramite necessari programmi di screening nella popolazione generale, di valori di pressione arteriosa superiori alla norma deve far instaurare strategie terapeutiche, farmacologiche e non, che mirino al raggiungimento del target pressorio per tutte le età.
Anche nel paziente anziano, al pari del giovane, l’ipertensione va controllata per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, ma avendo un’attenzione particolare alle molteplici comorbidità, alla fragilità del paziente e alla semplificazione del piano terapeutico, accettando obiettivi meno stringenti e partendo in maniera più cauta con la terapia farmacologica.
L’alleanza terapeutica medico-paziente-caregiver è fondamentale per raggiungere un modello di medicina personalizzata in grado di ridurre l’impatto dell’ipertensione sull’insorgenza di eventi cardiovascolari avversi, migliorare la qualità della vita dei pazienti e la gestione del paziente anziano.
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