Per anni, si è pensato che l’invecchiamento fosse un processo graduale, un lento e inesorabile scorrere del tempo che, giorno dopo giorno, lascia il suo segno. Ma è davvero così? O forse il nostro corpo segue un ritmo di invecchiamento irregolare, con lunghi periodi di stabilità interrotti da cambiamenti improvvisi?

È proprio quello che i ricercatori della Scuola di Medicina dell’Università di Stanford negli Stati Uniti hanno scoperto. L’invecchiamento è irregolare, non è un processo graduale, ma ci sono due momenti, che si verificano intorno ai 44 e ai 60 anni, dove il nostro organismo va incontro a profonde trasformazioni biologiche. Per farla semplice, ci sono dei periodi che, in termini di invecchiamento, pesano più di altri.

L’irregolarità dell’invecchiamento

Anche chi conduce una vita sana – mangiando bene, facendo sport e sottoponendosi a controlli medici regolari – intorno ai 45 anni si accorge che il proprio corpo inizia a essere diverso: il colesterolo aumenta, non si regge più l’alcol come una volta, si tende a ingrassare più facilmente. Questi fenomeni non sono casuali, ma riflettono perfettamente quanto scoperto dagli studiosi di Stanford e pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Aging nel 2024.

La ricerca ha coinvolto 108 persone di età compresa tra i 25 e i 75 anni. Quasi tutti i partecipanti sono stati monitorati per 1 anno e 8 mesi, mentre altri seguiti fino a quasi 7 anni. Ciò che ha reso questo studio particolarmente rilevante è stata la metodologia innovativa: i ricercatori hanno raccolto non solo campioni di sangue, ma anche campioni di feci, tamponi cutanei, orali e nasali a intervalli regolari.

Questo approccio, chiamato multi-omico, ha permesso di analizzare simultaneamente una grande quantità di informazioni: l’insieme dei geni espressi (transcriptomica), le proteine presenti nell’organismo (proteomica), i metaboliti (metabolomica), le molecole che modulano le risposte infiammatorie e immunitarie (analisi dei citochini), oltre ai test di laboratorio clinici standard, analisi dei lipidi (lipidomica) e il microbioma di diverse parti del corpo.

Grazie a questa metodologia e all’applicazione di un sofisticato algoritmo, gli studiosi hanno identificato due picchi di trasformazioni associate all’invecchiamento particolarmente evidenti.

I fatidici 44 anni

Intorno ai 44 anni, infatti, il nostro organismo subisce un’importante trasformazione a livello molecolare che interessa diversi aspetti:

  • Il metabolismo dei lipidi si altera, spiegando potenzialmente l’incremento del rischio cardiovascolare in questa fascia d’età.
  • La capacità di metabolizzare l’alcol diminuisce, chiarendo perché molte persone notano una diversa tolleranza alle bevande alcoliche.
  • Il tono della pelle e dei muscoli iniziano a mostrare i primi segni visibili dell’invecchiamento.

I ricercatori ipotizzano che alcune di queste alterazioni possano essere influenzate da fattori legati allo stile di vita tipico di questa fascia d’età. Per esempio, la ridotta capacità di metabolizzare l’alcol potrebbe essere in parte collegata a un suo consumo più frequente in un periodo della vita caratterizzato da elevato stress e impegni lavorativi e familiari più intensi.

La soglia dei 60 anni

Il secondo grande scossone biomolecolare avviene intorno ai 60 anni e porta con sé una nuova serie di profondi cambiamenti:

  • Declino della funzione immunitaria, che può spiegare la maggiore predisposizione alle infezioni e alle malattie autoimmuni in età avanzata.
  • Alterazioni nelle molecole associate alle malattie cardiovascolari, indicando un’accelerazione dei fattori di rischio per infarti e ictus.
  • Alterazioni nel metabolismo dei carboidrati, che potrebbero contribuire a una maggiore difficoltà nel mantenere il peso corporeo e a un aumento del rischio di insulinoresistenza o diabete.

Michael Snyder, autore senior dello studio, in un’intervista a The Guardian ha spiegato:

“Non cambiamo gradualmente nel tempo. Ci sono trasformazioni davvero drammatiche. I 44 anni segnano un punto di svolta importante, così come i 60 anni – e questo è vero indipendentemente dal tipo di molecola che analizziamo.”

Ripensare alla prevenzione: implicazioni pratiche

Questa ricerca solleva numerosi interrogativi che meritano ulteriori approfondimenti. Esistono differenze significative tra uomini e donne nelle tempistiche o nell’intensità di queste fasi di invecchiamento? In che misura l’ambiente e lo di stile di vita possono influenzare, accelerare o rallentare questi cambiamenti? Oppure ancora, è possibile sviluppare biomarcatori che permettano di identificare in ogni persona l’approssimarsi di queste fasi?

I ricercatori stessi sottolineano che questo è solo un punto di partenza e che sono necessari ulteriori studi per comprendere appieno i meccanismi che guidano questi cambiamenti e il loro impatto sulla salute a lungo termine. Ma sicuramente l’identificazione di due periodi “critici” apre nuove prospettive per la medicina preventiva: sapendo che il nostro corpo subisce trasformazioni significative in questi periodi, potremmo intervenire in modo mirato e promuovere strategie di prevenzione che tengano conto di queste fasi.

Diventa inoltre evidente come l’età anagrafica sia un indicatore impreciso dello stato di salute reale. Per esempio, due quarantasettenni potrebbero trovarsi in fasi biologiche completamente diverse, a seconda che abbiano già attraversato o meno la prima soglia di cambiamenti molecolari.

È necessario ripensare anche al nostro rapporto personale con l’invecchiamento: anziché temere un declino graduale e inesorabile, possiamo prepararci meglio per affrontare specifici periodi di transizione, armati di conoscenze e strumenti mirati.

 

Riferimenti bibliografici

Shen, X., Wang, C., Zhou, X. et al. Nonlinear dynamics of multi-omics profiles during human aging. Nat Aging 4, 1619–1634 (2024). https://doi.org/10.1038/s43587-024-00692-2

Devlin H. Scientists find humans age dramatically in two bursts – at 44, then 60. The Guardian.Wed 14 Aug 2024 16.50 CEST. Last modified on Wed 2 Apr 2025 16.22 CEST

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