La pandemia ha contribuito in maniera significativa all’utilizzo sperimentale dei robot e della domotica nell’assistenza agli anziani fragili o non autosufficienti. Un campo di ricerca in rapida evoluzione che prende il nome di gerontecnologia, neologismo nato dalla fusione delle parole “gerontologia” e “tecnologia”. Questi approcci, ancora poco diffusi nella pratica assistenziale quotidiana, stanno mostrando risultati promettenti sotto diversi punti di vista. 

 

Anziani e domotica

Le opportunità più interessanti derivano dal cosiddetto Internet of Things, cioè dalla possibilità di connettere e far comunicare tra di loro dispositivi e oggetti dell’ambiente domestico, per migliorare la salute, l’autonomia e la qualità di vita delle persone anziane o diversamente abili.

Soluzioni tecnologiche studiate ad hoc per gli anziani possono aumentare l’aderenza terapeutica, la percezione di sicurezza e l’autocontrollo.

In uno studio condotto dal centro Eurac Research di Bolzano, 36 individui altoatesini di età compresa fra i 65 e i 94 anni hanno testato per un anno il funzionamento di un kit domotico composto da vari oggetti connessi in rete: un tablet, un orologio di emergenza e sensori posizionati in punti strategici della casa. Questo sistema integrato si è rivelato utile per monitorare le abitudini dell’anziano, controllare i suoi parametri vitali, agevolarlo nelle attività quotidiane e allertare i soccorsi in caso di emergenza.

Se, ad esempio, una persona fa abitualmente colazione tra le sette e le otto di mattina e alle nove non ha ancora aperto il frigorifero, il sensore attaccato al frigo invia un messaggio al suo tablet per accertarsi che non sia successo nulla. Se la persona non risponde entro 20 minuti il sistema invia un alert ad un parente o a un caregiver, in modo che qualcuno possa sincerarsi delle sue condizioni. Altri sensori comandano l’accensione automatica della luce quando l’anziano si alza di notte o l’emissione di un segnale acustico quando una pentola viene dimenticata sul fornello acceso.

 

Anziani e robot

Un altro esperimento dell’Università tecnologica Nayang di Singapore ha evidenziato che i robot umanoidi possono rivelarsi molto utili per rispondere ai bisogni emotivi e sociali delle persone anziane.

Per qualche giorno il robot di compagnia Nadine – uno dei più “umani” al mondo per fattezze, capacità interattive e comportamento – ha intrattenuto e divertito 29 ospiti over 60 della casa di cura Bright Hill Evergreen di Singapore. In particolare, a Nadine è stato affidato il compito di gestire le partite di bingo. Tutte le sessioni di gioco condotte dal robot sono state filmate, in modo da confrontare le reazioni, le espressioni e i comportamenti dei partecipanti con quelli registrati mentre la stessa attività veniva condotta da esseri umani.

Ne è emerso che gli anziani si divertivano di più in compagnia del robot: il loro volto appariva più felice e sorridente, la loro attenzione era più alta e si distraevano meno, evitando di rivolgersi al personale per qualsiasi necessità. Il successo di Nadine dipende principalmente dal suo aspetto umano e dalla capacità di leggere i gesti e la mimica facciale, caratteristiche fondamentali per agevolare l’interazione con gli anziani, in genere poco avvezzi alla tecnologia.

 

Anziani con demenza e tecnologie assistive intelligenti

Lo sviluppo di sistemi tecnologici in grado di compensare i deficit fisici, cognitivi e comportamentali delle persone con demenza potrebbe rappresentare una strategia assistenziale particolarmente vincente. Oltre ai benefici per il paziente, che può rendersi più autonomo e continuare a vivere nella propria casa, il vantaggio è quello di alleggerire il carico fisico e psicologico dei caregiver informali nel gestire una malattia cronica, disabilitante e progressiva sempre più diffusa. Tecnologie assistive che si stanno dimostrando efficaci in questo settore sono, ancora una volta, i robot, in particolare quelli preposti alla riabilitazione, al controllo remoto, alla valutazione sanitaria e al supporto psico-sociale. 

Tra i robot semi-umanoidi più utilizzati a questo scopo c’è Pepper, che da ottobre 2020 si trova all’IRCSS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo per assistere gli anziani affetti da declino cognitivo e difficoltà di movimento. Uno dei più curiosi è Paro, un “cucciolo” di foca progettato per fornire sostegno emotivo e sociale alle persone con demenza senile.

Uno studio suggerisce che gli interventi clinico-assistenziali con Paro migliorano la qualità della vita e l’interazione sociale e riducono l’uso di farmaci psicotropi e antidolorifici. In generale i robot con sembianze umane vengono impiegati soprattutto nei compiti dell’assistenza e della comunicazione, mentre quelli con sembianze animali mostrano maggiore efficacia sullo stato emotivo.

 

Tutte queste esperienze aprono scenari suggestivi per le molteplici applicazioni della telemedicina, della robotica e della domotica nel migliorare la salute degli anziani, contrastare l’isolamento sociale e rallentare il decadimento cognitivo.

Si tratta però di iniziative sperimentali dalle quali non possiamo ancora trarre conclusioni definitive e generali. Mancano dati sufficienti per valutare l’impatto di robot e assistenti virtuali sulla vita degli anziani, soprattutto in ambito domiciliare. La qualità degli studi effettuati sinora è stata messa in discussione, anche per la difficoltà di coinvolgere direttamente le persone con demenza o con disabilità nella progettazione di macchine centrate sui bisogni e le aspettative dell’utente. Permangono, inoltre, difficoltà di natura etica e legale sul fronte della privacy, del trattamento dei dati personali e del consenso informato, oltre ai problemi pratici derivanti dalla scarsa digitalizzazione dei cittadini over 60.

È lecito pensare che in futuro il progresso tecnologico e informatico ci renderà capaci di andare ben oltre la televisita (il consulto medico a distanza) e il tracciamento dello stato di salute tramite i dispositivi medici indossabili, ma l’ipotesi di demandare interamente ad un robot o un assistente virtuale i compiti clinici e assistenziali non sembra ancora un’opzione plausibile né tantomeno auspicabile.

 

Fonti

La robotica per un mondo che invecchia: sfide etiche e sociali

Gerontecnologia e demenza: come progettare IAT che supportino i pazienti

Exploring the perceptions of people with dementia about the social robot PARO in a hospital setting

 

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