Negli ultimi anni si è osservato un costante aumento della popolazione anziana in tutto il mondo. Si prevede che la percentuale di persone di età superiore ai 60 anni raddoppierà entro il 2050, quando gli anziani dovrebbero rappresentare circa il 22% della popolazione. Questo fenomeno risulta particolarmente rilevante in ottica di sanità pubblica perché la maggior parte degli anziani risultano affetti da molteplici patologie croniche come diabete, depressione e demenza, tra le altre, che influenzano la loro qualità di vita e quella di chi si prende cura di loro. Tuttavia, altri mantengono un buono stato fisico e cognitivo e possono essere definiti come sani. Identificare le caratteristiche e gli stili di vita legati a un invecchiamento sano nonché le basi molecolari coinvolte nel processo di invecchiamento, è essenziale sia per la migliore comprensione del fenomeno in sé, che per sviluppare potenziali interventi volti a rallentare o invertire alcuni aspetti del processo stesso, favorendo un invecchiamento sano. L’intelligenza artificiale (IA), in particolare le reti neurali profonde, emerge come strumento chiave per analizzare dati genetici complessi, predire strutture proteiche e comprendere interazioni genomiche.

La ricerca relativa all’individuazione dei fattori epidemiologici e sociali legati dell’invecchiamento sano è già in fase avanza. È noto infatti come, ad esempio, svolgere attività fisica e seguire una dieta sana siano fattori legati a un invecchiamento sano, mentre, per quanto riguarda i determinanti genetici e molecolari, è necessario fare ancora molti passi avanti. Alla comprensione approfondita del genoma umano, costituito da una sequenza di tre miliardi di basi di DNA su cui è codificata l’informazione alla base del funzionamento del nostro organismo, è molto probabilmente legata la comprensione delle basi molecolari di svariate malattie e anche del processo di invecchiamento. A oggi sono noti diversi meccanismi molecolari legati al processo di invecchiamento delle cellule del nostro organismo. Geneticamente, l’invecchiamento è legato a cambiamenti nel DNA, come ad esempio l’accorciamento dei telomeri, i cappucci protettivi alle estremità dei cromosomi. Un altro aspetto dell’invecchiamento a livello molecolare è l’accumulo di danni al DNA, dovuti a varie fonti, ad esempio radiazioni o sostanze chimiche. Sebbene le nostre cellule posseggano meccanismi di riparazione del DNA stesso, questi non sono sempre efficaci e possono portare a mutazioni e instabilità genomica. A livello molecolare, contribuiscono all’invecchiamento anche lo stress ossidativo e diversi tipi di cambiamenti epigenetici. In quest’ultimo caso si tratta principalmente di modifiche chimiche che alterano l’espressione genica senza modificare la sequenza del DNA, come la metilazione del DNA. È stato infatti per esempio osservato che gli schemi di metilazione nel DNA del nostro genoma cambiano con l’avanzare dell’età, influenzando l’attività di espressione dei geni e influenzando l’invecchiamento.

L’analisi di dati genetici e molecolari implica l’elaborazione di una mole di dati molto ampia che i metodi statistici classici non sono in grado di gestire adeguatamente (ad esempio immagini di risonanza magnetica) e dati non strutturati, ovvero non rappresentabili tramite tabelle. In questo ambito, i metodi di analisi dell’intelligenza artificiale IA o AI) possono fornire un importante supporto ai ricercatori.

Con il termine di intelligenza artificiale si intende quell’insieme di tecniche che hanno come obiettivo ultimo la creazione di strumenti capaci di comportamenti intelligenti. L’intelligenza artificiale si ispira originariamente alle facoltà della cognizione umana, di cui si vuole tentare una replica e oggi rappresenta una branca molto vasta di studi interdisciplinari. Tradizionalmente, con il termine di “AI forte” si intende il tentativo di realizzare macchine che possano emulare in tutto e per tutto l’attività intellettuale di un essere umano. Il termine “AI debole” si riferisce invece a una serie di tecniche computazionali più specifiche, rivolte alla realizzazione di macchine o, meglio, programmi al computer, che siano in grado di risolvere compiti più specifici, come ad esempio il riconoscimento di immagini, la generazione di testo automatico, l’interpretazione del parlato e della voce e l’elaborazione di grandi set di dati. Con riferimento a quest’ultimo compito, di fondamentale importanza nella scienza moderna, si usa spesso parlare di “machine learning”, intendendo quell’insieme di algoritmi costruiti per prendere decisioni o realizzare previsioni basate sui dati.

Una parte di algoritmi a cui comunemente oggi ci riferiamo come “machine learning” consistono in realtà in tecniche di analisi dati avanzate, ma basate su approcci classici di statistica. Più recentemente ha invece assunto grande importanza l’uso delle cosiddette reti neurali artificiali (ANN), che sono un insieme di algoritmi il cui design è ispirato alla struttura delle reti di neuroni del nostro cervello. Queste reti neurali artificiali sono costituite da nodi, o “neuroni”, disposti in strati o livelli successivi. I neuroni possono essere collegati gli uni agli altri in modo da scambiarsi dell’informazione.

Tipicamente, una rete neurale artificiale possiede un livello di neuroni di input che ricevono dati opportunamente formattati. Segue una serie di livelli di neuroni nascosti in cui avvengono calcoli e trasformazioni dei dati di input, passando le informazioni da un livello di neuroni a quello successivo. Livelli finali di neuroni di output forniscono il risultato delle varie elaborazioni effettuate. L’importanza di queste reti risiede nella loro capacità di apprendere schemi anche estremamente complessi attraverso un processo chiamato training o addestramento. Durante questo processo di training una rete neurale viene esposta ad un numero molto ampio di esempi, e i pesi delle connessioni tra i vari neuroni della rete stessa vengono aggiustati in modo da minimizzare l’errore di risposta della rete stessa all’insieme di dati di test. Una volta addestrata, una rete neurale artificiale può essere impiegata per analizzare dati nuovi o mai visti, usando le connessioni tra neuroni e i parametri imparati durante la fase di training.

I modelli più recenti di intelligenza artificiale hanno mostrato un notevole successo in diversi compiti predittivi in biologia e medicina. Recentemente, l’introduzione di una speciale classe di reti neurali, delle reti neurali profonde e il loro uso ha rivoluzionato il settore dell’intelligenza artificiale. Le reti neurali profonde sono reti neurali caratterizzate da un gran numero di strati di neuroni, che possono essere assemblati in una varietà di architetture diverse. Più in particolare, negli ultimi dieci anni vi sono stati due avanzamenti fondamentali nell’utilizzo delle reti neurali profonde: la disponibilità di una quantità enorme di dati su cui eseguire il training delle reti stesse e la capacità computazionale e algoritmica di eseguire il training per architetture di reti estremamente complesse. La biologia moderna beneficia di una quantità enorme di dati di vario genere, tra gli altri derivanti da esperimenti di sequenziamento high-throughput (a elevata produttività), di trascrittomica, proteomica, database di strutture proteiche tridimensionali. Grazie a questa vasta disponibilità di dati, sono stati sviluppati modelli di reti neurali che hanno dato notevoli risultati in problemi che solo fino a qualche anno erano considerati irrisolvibili. Ad esempio, in uno dei risultati recenti più famosi, l’apprendimento profondo è stato utilizzato per costruire un algoritmo in grado di prevedere le strutture tridimensionali delle proteine semplicemente a partire dalle loro sequenze di aminoacidi. Questo risultato, ottenuto da un software chiamato AlphaFold, sviluppato dalla Google DeepMind, ha vastissime implicazioni in biologia e ha permesso di generare un catalogo di strutture tridimensionali predette per l’insieme completo di praticamente tutte le proteine ad oggi note in tutti gli organismi viventi, incluso l’uomo, risultando in un catalogo di milioni di strutture tridimensionali che sono poi state rese disponibili in un database on-line aperto a tutti gli scienziati interessati.

Modelli di reti neurali ci possono aiutare a decifrare le complesse interazioni tra segnali presenti sul nostro genoma, ad esempio identificando associazioni che non sarebbe possibile discernere con metodi di analisi più classici. Recentemente modelli di reti neurali profonde sono stati utilizzati per realizzare dei programmi in grado di prevedere in che modo una variazione sul DNA di un paziente possa potenzialmente correlarsi con una malattia. Inoltre, come detto, il processo di invecchiamento è legato anche ad altri fattori biologici come l’epigenetica o fattori ambientali. Le reti neurali profonde possono essere utilizzate per integrare informazioni genetiche, epigenetiche, dati ambientali, clinici e di stile di vita al fine di identificare biomarcatori che, in ultima analisi, possano essere usati come potenziali bersagli per terapie anti-invecchiamento.

È interessante considerare che l’enorme successo dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni richiede una serie molto ampia di competenze che ne consentano uno sviluppo e un’applicazione corretti. Questo implica la necessità di acquisire nuove competenze specifiche per questo settore soprattutto attraverso la creazione di nuovi percorsi di formazione sia tecnici che interdisciplinari per la preparazione di ricercatori e professionisti che possano in un futuro prossimo operare in maniera avanzata in questo campo.

Infine, è opportuno ricordare che l’uso di metodi di intelligenza artificiale in ambito biomedico apre tutta una serie di importantissimi quesiti di tipo etico e legale relativamente al loro corretto utilizzo, una problematica che stiamo al momento solo iniziando ad esplorare. A titolo di esempio, la stessa Unione Europea è impegnata a livello legislativo nell’elaborazione di un quadro normativo per disciplinare l’uso dell’intelligenza artificiale. In una serie recente di deliberazioni, sebbene abbia riconosciuto i potenziali effetti positivi di sistemi di intelligenza artificiale, l’Unione Europea ha anche evidenziato come fondamentale la necessità di assicurarsi, tramite una specifica regolamentazione, che i sistemi di intelligenza artificiale utilizzati siano sicuri, trasparenti, non violino la privacy, non conducano a possibili discriminazioni di alcun tipo e siano integrati nel percorso di rispetto ambientale fondamentale per il nostro futuro.

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