Nel dicembre 1952 “il grande smog” colpì la città di Londra e rappresentò il peggior caso di inquinamento atmosferico nella storia del Regno Unito. Le foto d’epoca mostrano una densa nebbia grigiastra che avvolge una città che stava iniziando ad accusare i colpi di una sempre più rapida urbanizzazione. A settant’anni di distanza la situazione non è molto migliorata e, anche nelle nostre città, non è raro avere notizia del superamento della soglia di inquinanti atmosferici. Per sfuggire all’inquinamento esterno, non resta altro da fare che barricarsi in casa. Finalmente si può tirare un sospiro di sollievo e respirare a pieni polmoni senza più rischi. O forse no?

Anche se all’apparenza innocuo, l’ambiente domestico rappresenta una continua fonte di sostanze e particelle inquinanti che, a lungo andare, potrebbero minacciare la nostra salute. Proprio su questo argomento l’Accademia Nazionale delle Scienze ha pubblicato un rapporto dettagliato. Paradossalmente, gli ambienti chiusi come le case possono risultare più pericolosi della città poiché il ricambio d’aria è solitamente scarso. Oltre alla concentrazione di potenziali inquinanti, il fattore tempo è l’altro principale determinante dell’esposizione totale: si stima che spendiamo quasi il 70% del nostro tempo in casa e quasi il 20% in altri luoghi chiusi.

Il problema dell’inquinamento domestico non è una novità. Allo scopo di massimizzare l’efficienza energetica, a partire dagli anni ’70, nella progettazione degli edifici furono introdotti materiali più isolanti e si cercò di limitare il ricambio di aria attraverso l’installazione di impianti di condizionamento. Già pochi anni dopo cominciarono le segnalazioni di strani e inspiegabili mal di gola, sinusiti o mal di testa, tanto che nel 1986 l’Organizzazione Mondiale della Sanità coniò il termine “sindrome dell’edificio malato” per definire un quadro sintomatologico che si manifesta in un elevato numero di occupanti edifici moderni o recentemente rinnovati, dotati di impianti di ventilazione meccanica e di condizionamento d’aria globale (senza immissione di aria fresca dall’esterno) (fonte: www.salute.gov).

Questa problematica è difficile da portare alla luce perché, se si esclude il pulviscolo che aleggia in una stanza, tutti gli altri inquinanti sono invisibili. Inoltre, mentre per gli ambienti esterni esistono delle stazioni di monitoraggio che rilevano l’esposizione agli inquinanti, per gli ambienti domestici è difficile svolgere un controllo capillare. Il rischio è quindi quello di sottostimare la reale portata del problema.

Le fonti di inquinamento domestico

Le potenziali fonti di inquinamento sono molteplici e possono essere classificate come continue oppure episodiche.

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Immagine modificata da: National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine. 2022. “Why Indoor Chemistry Matters.” Washington, D.C.: National Academies Press.

 

Tra le fonti di inquinamento continuo trovia

  • Materiali da costruzione: sono fonti continue di composti organici volatili provenienti da materiali isolanti, cavi elettrici, vernici e rivestimenti di pareti o pavimenti;
  • Gas e vapori chimici dalle fondamenta dell’edificio: quello più conosciuto è il gas radon, naturalmente presente nel suolo, e con una relazione di causa-effetto dimostrata con il tumore al polmone.
  • Fonti biologiche: molte sostanze rilasciate dagli esseri viventi possono agire come potenziali inquinanti. Ad esempio, gli animali domestici, oltre a compagnia e affetto, regalano anche qualche particella inquinante in più (peli e cute desquamata che finiscono nell’aerosol respirabile). L’uomo stesso è fonte di inquinamento, in particolare di quelli che vengono chiamati bioeffluenti, cioè gas come anidride carbonica, metano, ammoniaca ma anche piccole particelle, tutti prodotti con la respirazione, con il sudore o dalla desquamazione della pelle.

Le fonti episodiche sono temporanee e limitate all’attività che si sta svolgendo in un determinato momento. Includono, ad esempio, il fumo di sigaretta, i detergenti per la casa, i prodotti per la cura del corpo, gli insetticidi, le candele profumate, o il  caminetto acceso.  Anche in cucina, sono molteplici le potenziali fonti episodiche di inquinamento, tra cui i gas prodotti dalla combustione (monossido di carbonio, anidride carbonica), particelle ultrafini rilasciate dalla cottura dei cibi (soprattutto se si cucina della carne e se si frigge). L’acqua del rubinetto, inoltre, contiene sostanze clorinate con funzione disinfettante che possono reagire per generare prodotti chimici rilasciati tramite la doccia, la lavatrice o la lavastoviglie.

La chimica degli ambienti interni è più complessa di come appare: i composti chimici possono trasformarsi, passare dalla fase gassosa a quella di microparticelle (e viceversa) in presenza di certe condizioni di temperatura e di umidità oppure a causa di reazioni chimiche che liberano nuovi potenziali inquinanti.

Gli effetti sulla salute dell’inquinamento domestico

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Immagine modificata da: National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine. 2022. “Why Indoor Chemistry Matters.” Washington, D.C.: National Academies Press.

Prima di tutto occorre comprendere come questi agenti inquinanti possono entrare a contatto con il nostro corpo e diffondersi agli organi con potenziali rischi per la salute. Nel rapporto dell’Accademia delle Scienze è rappresentata l’immagine di una ragazza intenta a leggere un libro mentre mordicchia distrattamente una matita. Questa ragazza è ignara del fatto che sta entrando in contatto con diversi potenziali inquinanti attraverso le tre principali vie di esposizione: inalazione, ingestione e contatto.  

L’inalazione riguarda le sostanze chimiche in forma gassosa o di aerosol, una sospensione stabile di particelle solide o liquide sospese nell’aria con dimensioni variabili, da quelle più grossolane (come le PM10, ≤10 µm di diametro) a quelle fini (≤2,5 µm) o ultrafini (≤100 nm). Queste ultime trasportano con maggiore efficienza altre sostanze chimiche, attraversano le barriere biologiche come quella degli alveoli polmonari e raggiungono più facilmente la circolazione e vari organi del corpo, incluso il sistema nervoso centrale: le PM0,1 possono infatti essere rilevate nel cervello già 4 ore dopo l’inalazione.

Una seconda modalità di esposizione agli inquinanti è il contatto diretto con prodotti chimici, seguiti dalla migrazione e dalla loro metabolizzazione nell’epidermide e dal successivo trasporto all’interno del derma e quindi nei capillari.

L’ingestione, infine, dipende in gran parte dalla tendenza ad avvicinare le mani “contaminate” al viso e alla bocca, ma può anche essere mediata dal naturale processo di “pulizia” delle vie aeree, che dai bronchi sposta verso l’alto le particelle inizialmente inalate, che finiscono poi per essere deglutite. Si stima che un soggetto ingerisca ogni giorno quasi un trilione di particelle ultrafini!

Ma quali sono le conseguenze di questa continua e inevitabile esposizione sulla nostra salute? Uno studio ha valutato gli effetti a breve termine dell’esposizione ai fumi di cottura sull’attività cerebrale.  Durante la frittura di carne in olio bollente, l’attività cerebrale dei partecipanti ha mostrato delle somiglianze con quella di pazienti con malattie neurodegenerative. Sebbene l’elettroencefalogramma sia tornato nella norma nel giro di mezz’ora, questo risultato fa riflettere soprattutto sulle potenziali conseguenze a lungo termine di un’esposizione ripetuta nel tempo.

Allo stesso modo è stato dimostrato che l’esposizione alle particelle, soprattutto quelle ultrafini, ha diversi risvolti sul nostro corpo: oltre alla semplice infiammazione delle vie aeree, le PM0,1 possono causare reazioni del sistema immunitario a livello sistemico, disfunzione delle pareti vascolari e alterazioni della coagulazione che, a lungo andare, possono incidere sul rischio cardiovascolare.

Cosa fare contro l’inquinamento domestico

Dopo averci sufficientemente spaventato con un lungo e dettagliato elenco di composti chimici inquinanti all’interno dell’ambiente domestico, il rapporto dell’Accademia Nazionale delle Scienze suggerisce anche come correre ai ripari e limitare l’esposizione a questi agenti, un’operazione che potrebbe essere riassunta da questa piramide rovesciata in cui le azioni da intraprendere hanno una precisa gerarchia di efficacia: eliminazione dell’agente inquinante, sostituzione con uno meno inquinante, controllo dell’ambiente o, come soluzione ultima, introduzione di dispositivi di protezione.

 

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Immagine modificata da: National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine. 2022. “Why Indoor Chemistry Matters.” Washington, D.C.: National Academies Press.

 

Nella vita di tutti i giorni, però, risulta difficile attenersi a questi consigli, anche perché ogni oggetto potrebbe rappresentare una minima fonte di inquinamento. Per non diventare paranoici, la soluzione migliore è prestare un po’ più di attenzione nelle attività quotidiane e magari modificare qualche abitudine per ridurre il rischio.

Le parole d’ordine sono ventilazione, ventilazione e ancora ventilazione, in assoluto la prima misura di controllo della qualità dell’aria negli ambienti interni. Il ricambio d’aria, almeno in linea teorica, è in grado di eliminare quasi tutti i contaminanti grazie a un processo di progressiva diluizione, riducendone la concentrazione.

Oltre a ciò, ecco qualche dritta per sapere come comportarsi nei diversi ambienti domestici.

  • In cucina, accendere sempre la cappa aspirante mentre si sta cucinando. La cappa contiene filtri meccanici in grado di trattenere gran parte delle microparticelle presenti nell’aria. Attenzione però: i filtri si limitano a intrappolare ma non distruggono il particolato, è necessaria quindi una manutenzione periodica e una sostituzione al bisogno.
  • Preferire metodi di cottura come la bollitura o la cottura a vapore.
  • Evitare l’uso troppo frequente di candele profumate o profumatori per l’ambiente.
  • Installare impianti di condizionamento che garantiscano il ricircolo costante o frequente dell’aria o acquistare dei filtri HEPA (high-efficiency particulate air), sistemi di filtrazione ad elevata efficienza.
  • Per l’igiene personale, preferire deodoranti in crema o roll-on a quelli spray.

Qualche consiglio anche per i maniaci della pulizia: mantenere la casa pulita fa bene, ma non bisogna esagerare e occorre scegliere i prodotti e le modalità più adatte. Per esempio, ai detergenti spray è meglio preferire quelli in forma liquida, che si depositano direttamente sulle superfici senza creare un aerosol che finiremmo per inalare. Quando si spolvera è meglio utilizzare un panno bagnato per limitare la risospensione delle particelle nell’ambiente.

E dopo un trasloco sarebbe meglio lasciare “decantare” i mobili nuovi per qualche giorno, o per lo meno fare ancora più attenzione ad aerare bene gli ambienti nei giorni immediatamente successivi al nuovo acquisto. Le superfici dei mobili nuovi, infatti, rilasciano molti composti organici volatili che contribuiscono all’inquinamento domestico.

E le piante? Potrebbero essere dei validi alleati grazie alla loro reputazione di depuratori naturali, ma la loro capacità depurativa non può stare al passo con la continua produzione di sostanze inquinanti. In altre parole, se volessimo contare solo sull’aiuto delle piante, dovremmo posizionarne circa 5000 in un appartamento di circa 50 m2, una vera e propria foresta!

Come spesso accade, la soluzione migliore sta nelle vie di mezzo e soprattutto nella consapevolezza del problema. Senza rovinarsi la voglia di fritto o avere timore di stampare una pagina per paura degli inquinanti, basta fare più attenzione ai dettagli e alle potenziali fonti di inquinamento, cercando di limitarle e puntando sul ricambio di aria negli ambienti. Tutti consigli da tenere a mente per poter respirare a pieni polmoni la prossima volta che si farà ingresso nella propria abitazione.

 

Riferimenti

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