Bruciore minzionale, frequenza, urgenza, in alcuni casi addirittura ematuria, ovvero presenza di sangue nelle urine; si tratta di segni e sintomi ben noti alla maggior parte delle donne che vanno a definire il quadro clinico della cistite.
Nella maggior parte dei casi la cistite è associata a una infezione delle vie urinarie, soprattutto femminili. Si tratta di una patologia eterogenea: in alcuni casi si presenta come una condizione sporadica, quasi eccezionale; in altri invece, le cistiti si verificano con frequenza quasi mensile. A volte i sintomi sono così forti da risultare addirittura invalidanti. Alla luce di questa varietà e di questa complessità è lecito chiedersi: è sempre giusto curare le cistiti con gli antibiotici? E, soprattutto, è possibile prevenirle?
Infezioni delle vie urinarie: un quadro eterogeneo
Da un punto di vista clinico le infezioni delle vie urinarie si suddividono in due grandi categorie:
- Infezioni non complicate: acute, sporadiche o ricorrenti, limitate a donne non in stato di gravidanza senza alterazioni anatomiche o funzionali rilevanti del tratto urinario o comorbidità (come, ad esempio, diabete o malattie immunosoppressive)
- Infezioni complicate: negli uomini, nelle donne gravide, in pazienti affetti da patologie renali con o senza altre condizioni immunosoppressive.
La cistite non complicata è l’infezione del tratto urinario più diffusa (ma non l’unica!) ed è caratterizzata dall’infezione/infiammazione dei tessuti della vescica con comparsa di sintomi quali urgenza minzionale, aumento della frequenza, bruciore minzionale, ematuria, urine maleodoranti, in alcuni casi febbre. A livello mondiale, circa metà delle donne sperimenta almeno un episodio di cistite nella vita e circa un terzo delle donne ha almeno una cistite entro i 24 anni di età. Nella quasi totalità dei casi l’agente patogeno responsabile è un batterio appartenente alla specie Escherichia coli.
In alcuni casi la cistite assume un carattere ricorrente, ovvero con episodi che si verificano almeno tre volte all’anno o almeno due volte negli ultimi sei mesi. In questo caso la cistite assume un carattere invalidante per molte donne, minando fortemente la qualità della vita.
Infezioni delle vie urinarie nella donna: fisiopatologia e fattori di rischio
Le infezioni delle basse vie urinarie (soprattutto le cistiti) sono disturbi particolarmente diffusi nelle donne e decisamente rare nell’uomo. L’origine di questa differenza è da ricercarsi in diversi fattori, fra cui la diversa anatomia dell’apparato urogenitale maschile e femminile.
La prima grande differenza è data dall’uretra (il “tubicino” che collega la vescica all’esterno): l’uretra femminile, infatti, è decisamente più corta di quella maschile (circa 3-4cm).
La maggior parte delle cistiti è causata da batteri tipici del tratto intestinale (primo fra tutti E. coli) che “risalgono” lungo la via urinaria mediante strutture cellulari quali pili e molecole di adesione. Di conseguenza, la minor lunghezza dell’uretra femminile, unita alla sua stretta vicinanza al vestibolo vaginale (che, ricordiamo, è fisiologicamente colonizzato da batteri) e alla regione perianale, rendono molto più “semplice” la colonizzazione e l’infezione del tratto urinario femminile. In parole semplici, nella donna i batteri “devono fare molta meno strada” per raggiungere la vescica.
Altri fattori di rischio sono l’inadeguato svuotamento vescicale e la stitichezza. Il ristagno di urina in vescica favorisce la proliferazione di batteri: se la vescica non viene svuotata completamente (per difetti anatomici, o molto banalmente perché si trattiene l’urina per troppo tempo) i germi possono replicarsi e colonizzare i tessuti. Secondo alcuni studi, invece, è possibile che si verifichi una traslocazione batterica (attraverso il sangue o il sistema linfatico) dal retto verso il tratto urinario. Seppur le evidenze scientifiche riguardo a questo fenomeno siano ancora scarse, è possibile che condizioni quali stipsi o sindrome dell’intestino irritabile giochino un ruolo nella patogenesi delle infezioni delle vie urinarie.
Io e i miei batteri…la batteriuria asintomatica
Quando si parla di infezioni del tratto urinario tantissimi pazienti danno per scontato un elemento fondamentale: cos’è un’infezione?
Secondo le Linee Guida Internazionali il termine “infezioni delle vie urinarie” è un’espressione “ombrello” usata per definire una varietà di condizioni patologiche caratterizzate da infezione localizzata del tratto urinario associata a sintomi delle basse vie urinarie (lower urinary tract symtoms – LUTS: urgenza, bruciore, dolore, frequenza etc…). Da questa definizione possiamo evidenziare come l’attenzione non sia incentrata tanto sulla presenza dei batteri nelle urine quanto sulla presenza della sintomatologia ad essi correlata. Ciò ci permette di definire una situazione specifica, nota comebatteriuria asintomatica, caratterizzata dalla presenza di batteri nel tratto urinario non associati a sintomi urinari.
La batteriuria asintomatica è una condizione del tutto normale e come tale non va mai trattata, se non in casi assolutamente selezionati: chirurgia endo-urologica, gravidanza, anomalie anatomiche del tratto genito-urinario (come, per esempio, reflusso vescico-ureterale).
Somministrare antibiotici per una batteriuria asintomatica non è solo inutile, ma anche dannoso poiché potrebbe portare alla selezione di batteri resistenti e a successive infezioni gravi.
Terapia delle cistiti: non soltanto antibiotici
Che sia complicata o non complicata, sporadica o ricorrente, numerose evidenze scientifiche testimoniano il sostanziale beneficio nel trattamento antibiotico delle cistiti, sia in termini di sintomatologia che di miglioramento della qualità di vita.
Ovviamente, spetta al medico (urologo, medico di medicina generale, ginecologo) definire la terapia antibiotica: in alcuni casi sarà sufficiente una attenta anamnesi per definire una corretta terapia; nelle cistiti complicate o in quelle ricorrenti spesso, prima di avviare una qualunque terapia farmacologica, potrebbe rendersi necessaria una urinocoltura, cioè un esame diagnostico finalizzato alla ricerca di batteri nelle urine.
Nonostante la loro comprovata efficacia, l’uso intensivo (e spesso poco oculato) degli antibiotici porta spesso alla comparsa di resistenze con successiva selezione di agenti patogeni multi-resistenti: è necessario quindi un uso ponderato e misurato di tali farmaci, e non bisognerebbe mai assumere tali terapie fuori dalla prescrizione medica.
Oltre agli antibiotici, però, esistono anche numerose altre molecole con un ruolo potenzialmente curativo ma soprattutto protettivo nei confronti delle infezioni delle vie urinarie: la più diffusa e più efficace è, sicuramente, il d-mannosio (uno zucchero che viene assorbito dall’intestino ed eliminato nelle urine).
Abbiamo già chiarito come l’agente patogeno più frequentemente coinvolto nelle infezioni del tratto urinario sia E. coli: la sua virulenza si basa sulla sua adesione alle cellule del tratto urinario. Attraverso delle strutture chiamate fimbrie, il batterio “si attacca” alle pareti della vescica promuovendo così la sua proliferazione e lo sviluppo dell’infezione. È stato dimostrato che il d-mannosio è in grado di collegarsi alle fimbrie, prevenendo in questo modo l’adesione dei germi alle strutture che rivestono il tratto urinario. Nuove ricerche suggeriscono anche un ruolo immunomodulatore di tale zucchero, cioè la sua capacità di regolare l’attività del sistema immunitario.
In base a questi meccanismi appare chiaro come tale molecola possa avere un ruolo curativo in alcuni casi di cistiti e, soprattutto, aiuti a prevenire le infezioni ricorrenti.
Nelle formulazioni farmaceutiche più diffuse il d-mannosio è spesso associato a molte altre molecole di origine naturale come i probiotici (che regolarizzano la flora batterica intestinale – il nostro “scudo” contro molte infezioni), il mirtillo rosso, l’uva ursina etc, sulla cui efficacia, però, abbiamo ancora pochi dati.
Keep calm and…call the doctor!
Soprattutto nei casi di cistiti ricorrenti, spesso le pazienti affrontano questa patologia con un certo grado di ansia e paura. Non è raro, in un ambulatorio di urologia, incontrare donne che hanno assunto antibiotici di propria iniziativa al primo segno di bruciore (spesso chiosando “perché tanto il dottore mi dà sempre questo e funziona”) o ricevere pazienti che eseguono urinocolture mensili, pronte ad assumere fosfomicina (il M*nuril) alla prima positività.
Seppur un certo grado di apprensione sia comprensibile (a nessuno piace avere la cistite un mese sì e l’altro pure!), occorre sempre ricordare che si tratta di una malattia infettivologica e che, in quanto tale, se trattata in maniera inappropriata, può evolvere e peggiorare: la cosa peggiore che può accadere a un paziente con un’infezione è che questa diventi resistente agli antibiotici, privando il medico di molte delle armi comunemente usate per combatterla.
Di conseguenza, la prima cosa da fare in presenza di una cistite è contattare il medico e seguire le sue indicazioni: sarà lui a decidere la terapia più appropriata.
Bibliografia
- EAU Guidelines. Edn. presented at the EAU Annual Congress Milan, Italy 2023
- Smith & Tanagho’s General Urology, 19e Eds. Jack W. McAninch, and Tom F. Lue. McGraw Hill, 2020
- Lenger SM, Bradley MS, Thomas DA, Bertolet MH, Lowder JL, Sutcliffe S. D-mannose vs other agents for recurrent urinary tract infection prevention in adult women: a systematic review and meta-analysis. Am J Obstet Gynecol. 2020 Aug;223(2):265.e1-265.e13. doi: 10.1016/j.ajog.2020.05.048. Epub 2020 Jun 1