Declino cognitivo nei pazienti anziani ipertesi: valutazione di routine
La demenza è una delle principali cause di perdita di autonomia nelle attività della vita quotidiana e la ragione principale dell’istituzionalizzazione delle persone anziane. È fondamentale identificare precocemente i soggetti a rischio di declino cognitivo o che ne abbiano già una forma lieve per mettere in atto misure preventive che ne posticipino l’insorgenza o la progressione.
Tra queste è essenziale la gestione della pressione arteriosa: la presenza di valori persistentemente alti di pressione è un noto fattore di rischio per accelerato declino cognitivo e demenza. Studi attuali suggeriscono che una gestione ottimale dell’ipertensione potrebbe ridurre il rischio di decadimento cognitivo.
Al fine di prevenire i danni correlati all’ipertensione è fondamentale garantire un adeguato controllo della pressione che richiede:
- regolare monitoraggio per valutare il raggiungimento dei valori desiderati, cercando di evitare eccessivi “sbalzi pressori”, che rappresentano un ulteriore fattore di rischio: il controllo dei valori domiciliari appare più attendibile e predittivo di eventuali effetti sul cervello, rispetto al controllo ambulatoriale
- Promozione dell’adesione al trattamento attraverso la condivisione delle scelte terapeutiche
- Regolare monitoraggio di eventuale danno d’organo: l’eventuale comparsa di danno d’organo a livello cardiovascolare e renale andrebbe valutato ogni 2 anni nei pazienti a basso rischio e ogni anno in quelli ad alto rischio;
- Inoltre è consigliato eseguire una valutazione cognitiva annuale in soggetti ipertesi asintomatici di età maggiore a 65 anni, da intensificare a semestrale in caso di comparsa di sintomi o al raggiungimento dei 75 anni di età. Tale screening può essere effettuato dal medico di base con strumenti semplici e rapidi come il Mini-Mental State Examination (MMSE) e Montreal Cognitive Assessment (MoCA)
Il monitoraggio domiciliare dovrebbe essere attuato a differenti ore del giorno, anche per identificare eventuali episodi di ipotensione, che rappresentano fattore aggiuntivo per il deterioramento cognitivo, a causa dell’ipoperfusione cerebrale. Anche per questo motivo una rivalutazione regolare della terapia è cruciale, al fine di evitare da un lato l’inerzia terapeutica e dall’altro un “eccesso” di trattamento che può portare alla comparsa di effetti avversi.
La valutazione della rigidità arteriosa, misurata attraverso la velocità dell’onda sfigmica (Pulse Wave Velocity: PWV), in pazienti con ipertensione, può essere utile per identificare quelli a rischio di declino cognitivo. Infatti, sebbene il meccanismo fisiopatologico che lega una PWV più alta a un maggiore declino cognitivo non sia stato completamente chiarito, è probabile che la PWV rappresenti un marker dello stato di salute vascolare, integrando l’interazione tra macrocircolazione e danno del microcircolo e la capacità dei grandi vasi di adattarsi a improvvisi cambiamenti emodinamici. La PWV ha un potere predittivo superiore nel rilevare i pazienti a rischio di progressione verso la demenza rispetto ad altri fattori di rischio (inclusi la pressione arteriosa o lo stato ipertensivo).
Riferimento bibliografico
“Routine assessment of cognitive function in older patients with hypertension seen by primary care physicians: why and how – a decision-making support from the working group on ‘hypertension and the brain’of the European Society of Hypertension and from the European Geriatric Medicine Society“. Angelo Scuteria, Athanasios Benetos, Cristina Sierra, Antonio Coca, Christian Chicherio, Giovanni B. Frisoni, Dariusz Gasecki, Dagmara Hering, Dragan Lovic, Efstathios Manios, Mirko Petrovic, Chengxuan Qiu, Susan Shenkin, Cristophe Tzourio, Andrea Ungar, Augusto Vicario, Augusto Zaninelli, and Pedro G. Cunha.
A cura del Dott. Francesco Murano