I costi della sedentarietà
L’inattività fisica è uno dei principali fattori di rischio modificabili, concausa delle malattie non trasmissibili, ovvero malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, diversi tipi di cancro, demenza, depressione, nonché responsabile della mortalità precoce per tutte le cause.
La riduzione della prevalenza di fattori di rischio modificabili è una strategia conveniente per ridurre il costo socio-economico delle malattie. Ad esempio, ogni dollaro investito nelle attività di prevenzione, potrebbe generare un ritorno fino a 7 dollari, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, nei quali avvengono circa i tre quarti delle morti premature annuali causate da malattie croniche. Nonostante questa consapevolezza, nel corso degli anni, si sono verificati progressi molto lenti nella riduzione dell’inattività fisica, in relazione alle raccomandazioni delineate nel Piano d’azione Globale dell’OMS sull’Attività Fisica 2018-30.
Nel gennaio 2023, sulla prestigiosa rivista The Lancet, Costa Santos et al., hanno pubblicato per conto dell’OMS, un interessante studio statistico per quantificare il costo economico globale dell’inattività fisica nel periodo 2020-2030. Il fine era di sensibilizzare i decisori politici ad attuare interventi adatti ad aumentare i livelli di attività fisica, in linea con le raccomandazioni disponibili.
Lo studio in questione ha analizzato i più recenti dati di incidenza sulla popolazione per le principali malattie croniche, in diverse nazioni mondiali. In breve, se il trend di inattività fisica dovesse rimanere al livello attuale, e l’Europa ha circa il 48% della popolazione sedentaria, entro il 2030 si verificherebbero globalmente quasi 500 milioni di nuovi casi di malattie non trasmissibili, con costi sanitari diretti di circa 301,8 miliardi di dollari USA. Anche se il 74% delle malattie si verificherebbe nei paesi a basso e medio reddito, i paesi più benestanti sosterrebbero il 63% dei costi a livello di sanità pubblica.
Diabete, decadimento cognitivo e carcinomi, rappresenterebbero complessivamente una prevalenza media globale del 14%, ma con una spesa sanitaria del 46% del totale, poiché comportano un costo notevole a causa dei requisiti di diagnosi, trattamento e la lunga durata delle cure e dell’assistenza.
Questo onere connesso all’inattività fisica è però evitabile e questo studio vuole sottintendere la necessità di un’azione urgente, col fine di dare priorità a investimenti che riducano questo fattore di rischio modificabile. Inoltre, una facilitazione e\o incentivo logistico-culturale sull’attività fisica, potrebbe verosimilmente portare anche ad attuare liberamente stili di vita più salutari nella persona, compresa la riduzione dell’inquinamento (ad esempio, se si aumentano gli spostamenti a piedi), e influenzare ancor più positivamente gli esiti di salute pubblica, specialmente alla fasce di popolazione che a livello socio-economico sono le più deboli.
In conclusione, nell’attesa di condizioni politiche e socio-economiche più favorevoli, la responsabilità della sedentarietà resta anche individuale. Compatibilmente con le varie capacità e possibilità, il cittadino ha l’opportunità di scegliere il proprio stile di vita, tenendo conto che, per quanto riguarda l’attività fisica “poco è sempre meglio di nulla”.
A cura di Agatino Sanguedolce e Carmela Rinaldi
Bibliografia
Santos, A. C., Willumsen, J., Meheus, F., Ilbawi, A., & Bull, F. C. (2023). The cost of inaction on physical inactivity to public health-care systems: a population-attributable fraction analysis. The Lancet Global Health, 11(1), e32-e39.