Ferro e neurodegenerazione
Il ferro è un elemento chimico di fondamentale importanza per la vita.
Come è noto, è proprio il ferro che conferisce il caratteristico colore rosso vivo al sangue arterioso e permette all’emoglobina di legare l’ossigeno e di trasportarlo ai tessuti dove viene ceduto alle cellule. Tuttavia, questo minerale svolge un ruolo in molti altri processi fisiologici come la sintesi proteica e la respirazione cellulare, la sintesi di DNA, RNA e proteine, la regolazione della funzione immunitaria e la formazione della guaina mielinica del sistema nervoso.
Questo articolo intende però focalizzare l’attenzione su un altro particolare ruolo del ferro all’interno del sistema nervoso centrale.
Uno squilibrio, o disomeostasi, del ferro può infatti causare danni neuronali alle regioni cerebrali sensibili a questo minerale. La neurodegenerazione con accumulo di ferro nel cervello riflette un gruppo di disturbi causati dal sovraccarico di ferro nei gangli della base. Alti livelli di ferro e fattori scatenanti patogeni correlati al ferro sono stati anche implicati in molte malattie neurodegenerative tra cui il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, la sclerosi laterale amiotrofica e demenza frontotemporale.
Queste malattie neurodegenerative, e altre meno note, sono principalmente caratterizzate dalla deposizione di aggregati proteici insolubili che contengono ferro, suggerendo un legame comune che unisce queste malattie clinicamente e fisiopatologicamente distinte. Ciò solleva la questione se la disomeostasi del ferro rappresenti un fattore critico nell’avvio della neurodegenerazione, se contribuisca all’accelerazione della patologia diffusa a seguito della morte delle cellule nervose e del successivo rilascio di componenti intracellulari o se la neurodegenerazione e l’accumulo di ferro costituiscano due eventi completamente indipendenti che compaiono in parallelo.
Il ferro si accumula nel corso dell’invecchiamento del cervello e quindi i livelli di ferro labile, potenzialmente dannoso, aumentano. Il ferro che si accumula a livelli tossici all’interno dei neuroni, come osservato nella neurodegenerazione, può portare alla morte cellulare tramite apoptosi, autofagia, necrosi o ferroptosi, un meccanismo recentemente scoperto di morte cellulare mediata dal ferro, distinto dall’apoptosi. Nelle cellule gliali l’accumulo di ferro innesca il rilascio di citochine pro-infiammatorie, creando così un ambiente pro-infiammatorio che promuove la neurodegenerazione.
Le differenze specifiche correlate all’età nel metabolismo e nei livelli di ferro delle cellule nervose in varie aree cerebrali non sono stati ancora completamente chiariti, ma la caratteristica ricchezza di ferro dei gangli della base può spiegare la loro maggiore vulnerabilità alla neurodegenerazione. Nei neuroni della substantia nigra e del locus coeruleus, della corteccia premotoria, del putamen e del cervelletto, i livelli di neuromelanina sono aumentati per il sequestro del ferro, tuttavia la neuromelanina stessa può mostrare funzioni tossiche.
Sulla base della letteratura attualmente disponibile è certo che il ferro contribuisca in modo sostanziale alla neurodegenerazione, il che implicherebbe che il suo rilevamento in una fase precoce permetterebbe di adottare delle terapie in grado di ridurre lo stress ossidativo e la neuroinfiammazione indotte dal ferro.
Acido Ferulico
Pertanto, la ricerca scientifica sta lavorando su strategie terapeutiche per migliorare la capacità antiossidante e diminuire il contenuto di ferro nel sistema nervoso. Considerando gli effetti collaterali dei comuni chelanti del ferro, i ricercatori sono ora interessati ai composti naturali. Vari studi hanno dimostrato che alcuni composti naturali sono potenti agenti chelanti del ferro in vitro e hanno la capacità di ridurre gli effetti tossici del ferro nel cervello. Studi hanno dimostrato che gli estratti di alcuni funghi e piante hanno la capacità di chelazione del ferro anche in vivo.
Al giorno d’oggi si è posta attenzione su due composti naturali con capacità di chelazione del ferro. L’acido ferulico, che si trova in abbondanza nei cereali, nella frutta come mele, arance e banane e nelle verdure come patate, pomodori e cavoli. Gli studi hanno dimostrato che l’acido ferulico ha proprietà antiossidanti e protegge il DNA e i lipidi dalle sostanze ossidative con proprietà antidiabetiche, antinfiammatorie, antiage e antitumorali. Inoltre è stato dimostrato che l’acido ferulico puro inibisce la perossidazione lipidica nei ratti diabetici.
In altri studi, è stata studiata la capacità neuroprotettiva dell’acido caffeico. Questa sostanza può essere trovata non soltanto in tè e caffè, ma anche in una varietà di funghi.
Acido caffeico
I ricercatori hanno riportato molti altri effetti dell’acido caffeico, ad esempio antivirali, antiossidanti, antitumorali e antinfiammatori. Inoltre, vari studi dimostrano che l’acido caffeico puro ha attività antiossidante contro il danno da ischemia-riperfusione, capacità epatoprotettiva, attività di perossidazione anti-lipidica e attività cardioprotettiva.
La natura ci offre però altre sostanze attive con capacità neuroprotettive e chelanti del ferro. Ad esempio, le catechine del tè verde.
Gallato di epigallocatechina
I risultati degli studi hanno mostrato che questi composti naturali riducono gli effetti negativi del ferro e riducono il rischio di sviluppare malattie di Alzheimer e Parkinson. Inoltre, sono stati pubblicati vari rapporti secondo cui diversi composti naturali, come la curcumina (curcuma), la baicalina (radice di scutellaria) e la quercetina (moltissime varietà di frutta e verdura), hanno proprietà chelanti il ferro e protettive per il cervello.
Queste scoperte scientifiche ci permettono quindi di ipotizzare la possibilità di prevenire lo sviluppo di malattie correlate all’accumulo di ferro nel cervello mediante l’uso di chelanti naturali. Ciò sarà possibile specialmente quando i progressi tecnologici dell’imaging cerebrale, come la Risonanza Magnetica Nucleare, permetteranno un rilevamento più accurato e specifico del ferro cerebrale e renderanno possibile utilizzare il ferro come biomarcatore per gli stadi preclinici della neurodegenerazione.
A cura di Claudio Molinari
Bibliografia
AAlikhani M, et al. The natural iron chelators’ ferulic acid and caffeic acid rescue mice’s brains from side effects of iron overload. Front Neurol. 2022 Oct 14;13:951725.
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