Il vecchio al mare è il libro di Domenico Starnone dedicato all’ultima stagione della vita. Il racconto è fatto di incontri casuali su una spiaggia in un caldissimo autunno intriso di salsedine che corrode lentamente ogni cosa, dagli infissi delle case agli oggetti. Al centro della breve narrazione, la creativa nostalgia di un magistrato ottantaduenne in pensione, Nicola, in camicia, calzoncini e con matita e taccuino in mano.

Le parole di Nicola sono in bilico tra i ricordi sognanti della sua amata madre, Rosa – imprigionata in un asfissiante matrimonio scandito da miope gelosia – e l’attenzione voyeuristica verso una giovane donna, Lu, commessa in una boutique ed esperta di kayak. Proprio il sofisticato e scanzonato mood di dolce erotismo accompagna il lettore dalla prima all’ultima pagina, seguendo i lenti giorni di Nicola e le bozze nel suo taccuino di scrittore mancato. Con questa passione, Nicola prova a mettere ordine con le parole, restituendo un senso a ciò che mentre si vive “viene giù a vanvera”. Il risultato è un’apologia del tempo sospeso che muove molte domande e riflessioni: come scorre il tempo quando si diventa anziani? Come ci si dispone all’attesa di un futuro consapevolmente limitato, di un domani relativamente breve e costretto all’ascolto rumoroso delle esigenze di un corpo sempre più fragile, lento e dedito alla sopportazione?

Grazie alla dimensione sognante e creatrice nella quale è immerso il protagonista, intento ad accogliere quel poco o quel tanto di buono dagli incontri fugaci con i personaggi del luogo, assumiamo un punto di vista privilegiato da cui guardare Nicola e assisterlo nelle sue avventure. Ci sorprendiamo a esplorare le piccole aperture all’inaspettato che ogni giorno ha il potere di donare. Complice lo spessore culturale e umano del protagonista, il tempo “vecchio” è appagato dalla curiosità di Nicola nei riguardi degli altri – delle loro posture, inclinazioni, delle loro chiacchiere, delle debolezze, delle miserie -, e soprattutto dalla peculiare attrazione verso il corpo atletico di Lu, abilmente indotta da Nicola a fare, per lui solo, talvolta da modella o da insegnante di canottaggio.

L’attaccamento alla vita – sembra suggerirci Starnone – è declinato in forme diverse ma resta tenace lungo l’arco delle età. Che il tempo della vecchiaia viva consapevolmente sui bordi di una memoria strana, fatta di dolori prossimi ma silenti e di ricordi lontani ma vivissimi, impone una postura morale al richiamo assillante del corpo, che a un certo punto, in un giorno qualsiasi di esami di controllo, viene ad annunciare l’improcrastinabile appuntamento. Come reagisce Nicola alla diagnosi che gli viene fatta? Un finale tutto da scoprire, da cui imparare – crediamo – una lezione importante: il desiderio delle piccole cose è la fiamma della nostra dignità.


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