«La felicità è reale solo se condivisa»: lo diceva Tolstoj nel romanzo “La felicità familiare” (1859), lo ripeteva il personaggio di Christopher McCandless nel monologo finale del film “Into the wild” (2007) e lo sostengono oggi i ricercatori dell’Harvard Study of Adult Development: uno studio longitudinale avviato tra la fine degli anni ‘30 e l’inizio degli anni ‘40 con l’obiettivo di rintracciare i fattori che concorrono a generare soddisfazione per la propria vita. Più precisamente, lo studio si proponeva di identificare le variabili psicosociali e i processi biologici dei primi anni di vita e dell’età adulta in grado di predire la salute e il benessere in tarda età.

I ricercatori hanno seguito per circa 85 anni un campione formato da due gruppi unici di partecipanti (tutti maschi), per un totale di 724 uomini, analizzando il loro comportamento e quello di oltre 1300 discendenti, nel corso di tre generazioni. Il campione iniziale comprendeva uomini di diversa estrazione economica e sociale, dai quartieri più poveri di Boston agli studenti universitari di Harvard (tra i partecipanti del gruppo originale c’era persino il Presidente John F. Kennedy). Nel corso degli anni sono stati raccolti diversi tipi di informazioni sulla salute e sul benessere mentale ed emotivo, tramite analisi di cartelle cliniche, interviste e questionari riproposti ogni due anni.

Dai risultati dello studio è emerso che l’ingrediente principale della felicità e del benessere non è iI denaro, la carriera o la possibilità di prendersi cura della propria salute fisica, ma nella capacità di coltivare relazioni sociali di qualità. Rientrano in questa categoria le interazioni “piccole” e quotidiane, ad esempio con i colleghi di lavoro o con i vicini di casa, così come le connessioni più significative, che generalmente avvengono all’interno di rapporti di amicizia, relazioni sentimentali o legami familiari. Più forti, autentiche e positive sono le nostre relazioni, più è probabile che la nostra vita e la nostra vecchiaia siano non solo più appaganti, ma anche più sane dal punto di vista fisico e mentale. “Le persone che apparivano più soddisfatte nelle loro relazioni all’età di 50 anni erano le più sane all’età di 80 anni”, ha dichiarato Robert Waldinger, il principale autore dello studio insieme a Marc Schulz.

Le conclusioni sono state presentate dai due autori nel libro The Good Life: Lessons from the World’s Longest Study on Happiness, pubblicato a gennaio 2023. Le riflessioni proposte nel libro, emerse dalle storie personali dei partecipanti allo studio e integrate dai risultati di altre ricerche longitudinali, sottolineano il valore delle connessioni umane come fattore in grado di proteggere le persone dall’insoddisfazione, ritardare il declino mentale e fisico e concorrere a generare vite lunghe e felici, molto più di quanto riescano a fare la classe sociale, il quoziente intellettivo o la genetica.

Gli autori, infine, sottolineano con forza che non è mai troppo tardi per uscire dalla solitudine e intrecciare legami affettivi significativi:

È vero che i tuoi geni e le tue esperienze modellano il modo in cui vedi il mondo, il modo in cui interagisci con le altre persone e il modo in cui rispondi ai sentimenti negativi. Ed è certamente vero che le opportunità di avanzamento economico e dignità umana di base non sono ugualmente disponibili per tutti, e alcuni di noi nascono in posizioni di notevole svantaggio. Ma i tuoi modi di stare al mondo non sono scolpiti nella pietra. È più come se fossero ambientati nella sabbia. La tua infanzia non è il tuo destino. La tua disposizione naturale non è il tuo destino. Il quartiere in cui sei cresciuto non è il tuo destino. La ricerca lo dimostra chiaramente. Nulla di ciò che è accaduto nella tua vita ti preclude di connetterti con gli altri, di prosperare e di essere felice. Le persone spesso pensano che una volta raggiunta l’età adulta, è finita: la tua vita e il tuo modo di vivere sono impostati. Ma quello che troviamo esaminando l’intera ricerca sullo sviluppo degli adulti è che questo non è vero. È possibile un cambiamento significativo.

Fonti

 

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