Nascere, crescere, invecchiare. Tappe della vita. La seconda è l’obiettivo di tutti i bambini e ragazzi, perché significa autonomia, nuove opportunità, scoperta. La terza, invece, è lo spauracchio di molti, se non di tutti. È percepita come una fase di declino, di perdita di possibilità, di mancanza di energia. Eppure è una fase come le altre, comune a tutti gli esseri viventi che devono rispondere a precise leggi biologiche.
Lo scorrere degli anni è accompagnato da una progressiva riduzione delle capacità fisiche anche nelle persone che godono di buona salute generale. La scienza medica ha solo di recente definito questo fenomeno chiamandolo sarcopenia. Il termine indica una perdita di massa e di forza muscolare. In sostanza, il muscolo invecchia, si assottiglia, diviene poco efficiente e può infiltrarsi di grasso. Diversi studi hanno dimostrato come la sarcopenia si associ, e talvolta ne è la premessa, ad alterazioni metaboliche (diabete), cardiache, ossee, psicologiche e cognitive.
Si ritiene che questo fenomeno abbia un ruolo molto importante nella genesi della fragilità degli anziani e nella progressiva riduzione delle loro abilità funzionali ed è presente in circa il 10-20% dei soggetti fra i 60 e i 70 anni, mentre in quelli con più di 80 anni la percentuale sale al 30-45%.
La capacità del muscolo di generare forza raggiunge il suo picco tra la seconda e la terza decade di vita, e mostra successivamente un lento o quasi impercettibile declino sino ai 50 anni di età circa, con una riduzione di circa il 12-15% per ogni decade. Oltrepassati i 65 anni questa riduzione diventa progressivamente più rapida. Questo calo della forza muscolare differisce a seconda delle zone corporee. La muscolatura della coscia, per esempio, è maggiormente colpita rispetto agli arti superiori. Queste alterazioni finiscono per ostacolare alcune prestazioni specifiche, come il mantenimento dell’equilibrio e il passaggio dalla posizione seduta a quella in piedi.
Sarcopenia: processo fisiologico o patologico?
Come spesso avviene in campo medico, talvolta risulta difficile riconoscere se un fenomeno legato all’invecchiamento va considerato fisiologico o patologico. Soltanto nel 2010, lo European Working Group on Sarcopenia in Older People ha stabilito dei criteri diagnostici specifici basandosi sulla riduzione di tre componenti principali: massa muscolare, forza muscolare e performance fisica. La ridotta massa muscolare è il punto cardine della diagnosi che però deve essere abbinata ad una riduzione di almeno una delle altre due componenti. In seguito, l’International Working Group on Sarcopenia ha integrato la definizione focalizzandosi sull’impatto negativo del tessuto adiposo sulla massa e la funzione muscolare.
È possibile arrestare questo processo? No, diciamolo chiaramente, no. Tuttavia, diversi studi scientifici hanno messo a punto degli schemi di esercizio terapeutico capaci di rallentare la sarcopenia.
Esercizio terapeutico e attività fisica
Per “esercizio terapeutico” si intende un’attività fisica ben strutturata che richiede un’azione muscolare per generare una forza finalizzata allo spostamento di un peso (o al mantenimento di una posizione) che in riabilitazione è volta al miglioramento di diversi aspetti funzionali come: mobilità, forza muscolare, coordinazione e equilibrio, deambulazione, resistenza e inoltre benessere cardio-vascolare. Fondamentali per i soggetti sarcopenici sono gli esercizi per il miglioramento della performance muscolare, che possono essere di varie tipologie. Nell’esercizio di tipo isometrico il muscolo si contrae senza una visibile variazione di lunghezza; in quello isotonico si ha una contrazione contro una resistenza costante a velocità non controllata; nell’esercizio isocinetico ci si muove a velocità costante (consentita da una specifica apparecchiatura), mentre in quello isoelastico alla contrazione muscolare si oppone una resistenza variabile fornita da una banda elastica.
All’esercizio terapeutico si deve comunque associare la comune attività fisica, intesa come un qualsiasi movimento corporeo generico che comporta un incremento del consumo energetico, in quanto oltre ad essere un fattore protettivo fondamentale per rallentare la sarcopenia, l’attività fisica ha notevoli effetti positivi generalizzati nel paziente anziano, non ultimo quello di attivare specifiche aree cerebrali e del sistema neuroendocrino in grado di sovvertire i meccanismi alla base della perdita di tessuto muscolare andando inoltre a produrre sostanze che determinano un effetto di benessere psico-fisico diffuso.
L’attività fisica nell’anziano
Oggi lo sviluppo delle linee guida dedicate per l’attività fisica nell’anziano rappresenta un obiettivo strategico di importanti società scientifiche internazionali come l’American College of Sports Medicine e la American Heart Association. Insieme, l’esercizio terapeutico e l’attività fisica sono fondamentali per contrastare una condizione correlata all’età come la sarcopenia e questi due interventi andrebbero inseriti in programmi sanitari su vasta scala per il benessere del paziente anziano.
Quindi, possiamo dire che piuttosto che tentare di aggirare il tempo che passa, è invece meglio fare esercizio e magari coltivare le amicizie e curare l’alimentazione. Soltanto così senilità può fare rima con “serenità”.
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato sul settimanale diocesano L’Azione di Novara.
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